La storia della beata Armida Barelli, “una donna che ha cambiato un’epoca”. La sua fu una radicale scelta di fede

È la storia di “una donna che ha cambiato un’epoca” quella di Armida Barelli, beatificata sabato 30 aprile nel Duomo di Milano. Educatrice, Milano, 1º dicembre 1882 – Marzio 15 agosto 1952, figura cruciale del cattolicesimo italiano contemporaneo, cofondatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dirigente dell’Azione Cattolica Italiana, cofondatrice delle Missionarie della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo e cofondatrice dell’Opera della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo.

A presiedere il rito di beatificazione il Cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Francesco. Nella stessa celebrazione è stato beatificato anche il venerabile don Mario Ciceri, sacerdote della diocesi ambrosiana. 

Quella di Armida Barelli fu “una radicale scelta di fede vissuta dentro la modernità del Novecento, insieme a un profondo rapporto con la Chiesa fatto di corresponsabilità e di obbedienza”. Lo scrive Papa Francesco nella Prefazione del volume “La zingara del buon Dio. Armida Barelli” (San Paolo 2022, pp. 528, euro 25,00), di Ernesto Preziosi nel quale l’autore ripercorre la “La storia di una donna che ha cambiato un’epoca”, come recita il sottotitolo del testo. 

Con Ernesto Preziosi, attivo nell’associazionismo cattolico, direttore del Centro di ricerca e studi storici e sociali, presidente dell’Opera della Regalità, ripercorriamo i momenti salienti dell’esistenza di Armida Barelli, la quale “con la sua opera ha contribuito in maniera decisiva alla promozione delle giovani donne cristiane nella prima metà del Novecento, al processo di integrazione tra Nord e Sud, estendendo la sua azione anche in campo internazionale”. 

  • Quale fu il contesto familiare e quali furono gli studi in collegio, le prime esperienze culturali e sociali nella Milano di inizio Novecento di Armida Barelli? 

«Il contesto familiare di Armida Barelli fu quello di una famiglia della buona borghesia milanese, che viveva di commercio e di stampe d’arte e presentava un vissuto di stampo cattolico – liberale estraneo al movimento cattolico intransigente. In Armida la dimensione religiosa si manifestò nel collegio svizzero a Menzingen, diretto dalle Suore della Santa Croce. Al suo rientro in Italia si trovò nella Milano del primo Novecento, città in fase di trasformazione, di grande crescita culturale ed economica. Era la Milano che guardava oltre i confini nazionali, verso la vicina Francia. Questa provenienza familiare la rese attenta ai cambiamenti sociali e alla lettura della Storia di quegli anni, che la giovane approfondì maggiormente dopo l’incontro, nel 1910, con Padre Agostino Gemelli».

  • In un tempo in cui per le donne l’opzione era tra matrimonio e vita religiosa, la giovane Armida maturò una scelta nuova: l’apostolato laicale in forma associata. Una scelta rivoluzionaria per quegli anni? 

«Sì. La Gioventù femminile cattolica italiana (GFCI) venne fondata a Milano da Armida Barelli per incarico del card Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di Milano, nel marzo del 1918, come associazione diocesana. L’anno seguente Benedetto XV diede mandato alla stessa Barelli di estendere l’organizzazione a tutta la nazione. La GFCI donò un elemento di modernità nel movimento cattolico di allora, le donne che durante la Grande Guerra avevano sostituito nel lavoro nelle fabbriche o nei campi gli uomini chiamati al fronte, vivono una fase nuova di protagonismo che favorisce l’emancipazione. La Gioventù femminile cattolica italiana si inserisce in questo contesto, organizzando le giovani donne dando loro una formazione che è prima di tutto spirituale,  superando le forme devozionali e culturali. La Barelli tiene particolarmente al fatto che le donne studino e si formino nel solco della nuova cultura che emerge. Accanto alla formazione spirituale e culturale vi è poi la formazione sociale, affidata, fin dal 1919 a delle “settimane sociali” che la Barelli propose in tutte le diocesi. Si tratta di scuole formative, dove si trattano temi quali la missione della donna in famiglia e nella società, il confronto tra marxismo e liberalismo, i nuovi partiti politici e il voto. La Barelli fin dal 1922 si schiera a favore del voto alle donne. Questa formazione sociale ebbe un effetto di emancipazione, rinforzando anche le figure professionali delle donne, rendendole capaci di un’azione in prima persona nella Chiesa e nella società del tempo superando pregiudizi e stereotipi diffusi anche tra il clero. È una emancipazione di fatto che non risponde a una elaborazione teorica o rivendicativa, ma che passa per quella formazione religiosa che rende la donna consapevole del ruolo che ha in virtù del battesimo ricevuto nella Chiesa e nella società». 

  • La figura di San Francesco ebbe una centralità decisiva nell’esperienza di apostolato di Armida Barelli? 

«Sì. Padre Agostino Gemelli nel 1910 convinse Armida a entrare nel Terz’ordine Francescano. La donna scelse Padre Arcangelo Mazzotti, un francescano, come proprio direttore spirituale, Armida approfondì il francescanesimo leggendo alcuni testi, tra i quali i “Fioretti” nell’edizione critica del danese Jørgensen. Inoltre Armida scelse il nome di Elisabetta come nome francescano ed elesse San Francesco come suo patrono. Del francescanesimo la Barelli mutua soprattutto la dimensione attiva, azione che è figlia di una intensa preghiera e comunione con il Signore. Negli amati luoghi francescani Armida costruì delle Oasi per gli Esercizi spirituali. La testimonianza evangelica di San Francesco accompagnò la fondazione di tutte le Opere in cui la Barelli fu coinvolta e ne costituisce l’anima, e ciò è vero anche per un’Opera intellettuale come l’Università Cattolica».

  • Centrale fu anche la figura di padre Agostino Gemelli, ce ne vuole parlare?

«Francescano, medico, psicologo e accademico, Agostino Gemelli era un convertito che allora andava per la maggiore, frate e scienziato per aver compiuto gli studi di medicina a Pavia con maestri che seguivano un indirizzo positivista. Pioniere nel campo degli studi di psicologia. L’incontro con Armida Barelli stabilì un’amicizia che sarebbe durata tutta la vita. Gemelli nel suo testamento scrisse: “Molti mi ritengono fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e di altre opere, ma nulla sarebbe stato possibile senza la fede forte di Armida Barelli” ». 

  • Armida Barelli è stata fondamentale nel proporre una nuova visione della donna, nella Chiesa e nella società, perché sempre impegnata per l’affermazione dei diritti delle donne e per lo sviluppo di politiche per il lavoro e la formazione

«Con il crescere della Gioventù femminile cattolica italiana che coinvolse centinaia di migliaia di donne, saranno oltre un milione nel secondo dopoguerra, attraverso un’organizzazione geniale e una formazione organica e personalizzata, tante donne acquisirono consapevolezza del proprio ruolo in famiglia, nella Chiesa e nella società. Non è un caso che alla fine della II Guerra Mondiale, con il ritorno della democrazia, la Barelli e la Gioventù femminile cattolica italiana diventano protagoniste della rinascita del Paese. Armida inviterà tutte le donne a partecipare al voto, alla vita amministrativa e sindacale sostenendo che in Italia “Siamo una forza e rappresentiamo il 53% dei votanti”. Tra le poche donne che entrarono in Parlamento alcune provenivano dalla Gioventù femminile cattolica italiana, mentre molte altre sarebbero state presenti nelle amministrazioni locali». 

  • Per quale motivo Armida Barelli si definiva “la zingara del buon Dio”? 

«Armida Barelli viaggiava molto per l’Italia e nel viaggiare il suo abbigliamento si rovinava, sporcava e stropicciava. Quando tornava a casa e affidava gli indumenti alla sua governante, quest’ultima le diceva: “Signorina, ma come si è ridotta i vestiti!”. Armida replicava: “Ormai sono una zingara, la zingara del buon Dio”. Ecco come una signorina di buona famiglia per portare avanti la sua missione di evangelizzazione, rinunciava a quella eleganza inculcata dalla sua famiglia, alla quale non teneva più».

  • Il prossimo 30 aprile a Milano ci sarà la beatificazione e canonizzazione di Armida Barelli. Qual è il miracolo che la rende beata? 

«Prima di tutto ricordo che Armida Barelli il 1° giugno 2007 è stata dichiarata Venerabile e nel febbraio 2021, con il riconoscimento del miracolo, si è aperta la strada della beatificazione. Il miracolo è avvenuto a Prato. Una signora di 65 anni, nel maggio 1989 aveva subito in un incidente stradale una forte commozione cerebrale con gravi conseguenze di tipo neurologico. La famiglia che si era rivolta all’Intercessione della serva di Dio Armida Barelli, ha ottenuto la guarigione, in modo scientificamente inspiegabile».