Byung-Chul Han racconta “La scomparsa dei riti”: mattoni per la casa dell’anima

Il consiglio di lettura della Biblioteca diocesana del Seminario riguarda il saggio La scomparsa dei riti, del filosofo Byung-Chul Han, Nottetempo.

I riti sono azioni simboliche. Tramandano e rappresentano quei valori e quegli ordinamenti che sorreggono una comunità. Creano una comunità senza comunicazione, mentre oggi domina una comunicazione senza comunità.

Con la concisione tipica del suo pensiero si apre il saggio La scomparsa dei riti del filosofo Byung-Chul Han, docente alla Universität der Künste a Berlino: un’attenta e disincantata ma convincente topologia del nostro presente atomizzato, dominato dalla coercizione a produrre indotta dal consumismo sfrenato di oggetti ed emozioni, dal narcisismo esclusivo ed escludente, dall’ossessione della prestazione.

I riti, sottolinea Han a più riprese, sono invece una forma di ripetizione (non di routine) del già noto che ha un valore intensivo e positivo e permettono un rapporto solidale con il mondo e con gli altri; il loro tratto essenziale è l’accasamento, una figura presente nelle prime e intense pagine che Han prende in prestito da Hegel, ma che poi spiega attraverso una citazione di Antoine de Saint-Exupéry: I riti sono nel tempo quello che la casa è nello spazio. Perché è bene che il tempo che passa non dia apparentemente l’impressione di logorarci e disperderci come una manciata di sabbia, ma di perfezionarci. È bene che il tempo sia una costruzione. In tal modo posso procedere d’onomastico in onomastico, di compleanno in compleanno, di vendemmia in vendemmia […].

La ricerca continua di nuovi stimoli, originalità e stranezze, nuovi miti dell’oggi, costituiscono in realtà una coercizione permanente a consumare e produrre, sostituendo l’intensità con l’estensità, le relazioni con le connessioni, in un vortice in cui l’individuo si incapsula ruotando continuamente su se stesso accompagnato spesso da un tormentoso senso di vuoto e di fragilità.

La copertina del volume

Questa sua analisi dei limiti della società contemporanea neoliberista, svolta prendendo spesso a prestito citazioni di celebri filosofi e pensatori, si estende anche al senso della storia individuale e collettiva che ha rimosso le soglie, i rituali di inizio e di chiusura, sostituendoli con transiti rapidi, link continui e clic senza fine; al tempo del lavoro e della produzione che ha inglobato il tempo sacro della festa e del riposo; al narcisismo dell’emozione e alla continua esaltazione di un’autenticità e di un’interiorità individuali di cui non si vede mai il fondo; all’arte che rinuncia alla forma per farsi discorso informativo; alla guerra tecnologica; alla crisi del gioco come base del sapere e della conoscenza, rimpiazzato dalla velocità di calcolo dei big data; alla fine della seduzione a favore di un immediato appagamento del piacere.

Liquidando l’esteriorità dei riti in nome dell’interiorità dell’individuo, sostiene Han, finiamo per perdere anche qualcosa di prezioso: il rapporto con un orizzonte, sacro o comunitario che sia, più vasto dell’Io. Necessario è quindi tornare a un reincanto del mondo.

Silvia Piazzalunga