Come donare al lavoro la dignità perduta? Suor Chiara: “I cristiani chiamati a schierarsi con chi non ha voce”

Buongiorno suor Chiara,
negli ultimi mesi abbiamo sentito tante storie di incidenti sul lavoro. Il primo maggio anche il nostro vescovo con tutti i vescovi della Cei ha invitato a pregare per la sicurezza dei lavoratori. Eppure, se guardo quello che succede ai miei figli e ai miei nipoti mi sembra che si faccia sempre più caso al profitto e meno alle persone. Non mi sembra che si possa parlare sul serio oggi di dignità del lavoro, che per noi sindacalisti una volta era un pilastro. Per che cosa possiamo davvero impegnarci e pregare, da cattolici? Un saluto fraterno e una preghiera. Nonno Luigi

È innegabile che, in ambito occupazionale e produttivo, le leggi di mercato superino decisamente l’attenzione alle persone, caro nonno Luigi! Lo dimostrano i contratti di lavoro precari con stipendi, spesso, incongrui; la scarsa tutela delle donne in gravidanza e quelle che hanno figli piccoli; l’organizzazione dell’orario e dei turni, molte volte, difficili da sostenere; i numerosi incidenti spesso mortali, in cantieri o aziende; la perdita del riposo festivo; ecc. 

Oggi, però, avere un’occupazione è una grazia da non perdere a qualunque costo, anche quando non corrisponde ai propri desideri e non soddisfa le proprie necessità.

La grande sfida contemporanea è, allora, quella di integrare gli interessi di mercato con il rispetto della dignità dei lavoratori! Spesso, infatti, in nome del profitto di pochi, si mortificano i desideri e i sogni dei giovani, le esigenze delle famiglie, in particolare delle donne.

Sappiamo bene che il lavoro è una dimensione importante nella vita della persona poiché, oltre ad assicurare il proprio sostentamento e quello della famiglia, permette di realizzare la propria vita, di trafficare i propri talenti per il bene comune, di dare il proprio contributo alla crescita della società e dell’intera umanità, di partecipare all’opera creatrice di Dio. Ma come è possibile realizzare tutto questo in un contesto in cui il profitto è spesso l’unico obiettivo da raggiungere? Come ridonare al lavoro la dignità “perduta”? È possibile che torni ad essere a servizio dell’uomo e non signore dell’uomo?

Il cristiano, proprio perché tale, è chiamato a dare il proprio contributo affinché anche l’area imprenditoriale, occupazionale e produttiva sia evangelizzata. Tale impegno è inderogabile. Papa Francesco ha sottolineato che “il mondo del lavoro è una priorità umana” e pertanto “è una priorità cristiana”: dove c’è un lavoratore, “lì c’è l’interesse e lo sguardo d’amore del Signore e della Chiesa”. Là dove un uomo vive, lì la Chiesa è chiamata a portare Cristo, la sua giustizia, la pace, la solidarietà e il servizio agli ultimi. 

È la fede nel Signore Gesù incarnato, morto e risorto, a suscitare nella Chiesa e nei singoli credenti il desiderio impellente e la ferma volontà di impegnarsi a servizio del bene comune, contrastando il lavoro precario, sottopagato, in nero, che alimenta la povertà, le diseguaglianze, le ingiustizie, le guerre, l’inquinamento, ecc.

Con la sua preghiera e il suo impegno per il bene della nostra casa comune, il cristiano diventa pietra d’inciampo, che disarma il male e diffonde l’onestà, la rettitudine, il coraggio di prendere posizione e di difendere coloro che non hanno voce. Significative sono le parole di papa Francesco nel Regina Coeli dello scorso primo maggio, memoria liturgica di san Giuseppe lavoratore: «Oggi è la festa del lavoro. Che sia stimolo a rinnovare l’impegno perché dovunque e per tutti il lavoro sia dignitoso. E che dal mondo del lavoro venga la volontà di far crescere un’economia di pace. E vorrei ricordare gli operai morti nel lavoro: una tragedia molto diffusa, forse troppo». 

È questo l’obiettivo verso il quale ogni uomo di buona volontà tende per il bene di tutta la famiglia umana, in modo particolare per i giovani; è questo l’ideale per il quale continuare a lottare. San Giuseppe interceda per tutti i lavoratori, per gli imprenditori, per coloro che non hanno un’occupazione stabile, per i disoccupati, per coloro che sono sfruttati, per i responsabili del mercato globale. Al santo falegname di Nazareth chiediamo che il lavoro sia, per tutti, luogo di crescita integrale della persona.