“Di fronte all’orizzonte cupo della guerra facciamo come Enea: scommettiamo sulla vita”

Enea, l’eroe troiano protagonista del poema “Eneide” di Virgilio, letto e amato a scuola, che vaga nel mondo cercando un nuovo inizio con una grande capacità di resilienza, diventa uno strumento per interpretare la contemporaneità nel saggio “La scelta di Enea. Per una fenomenologia del presente” (Rizzoli 2022, pp. 192, 16,00 euro) di Don Luigi Maria Epicoco, filosofo e teologo, uno dei più apprezzati autori di spiritualità. 

“Alcuni passaggi decisivi della vita di Enea e della sua personalità mi sono parsi i più congeniali a illuminare il tempo attuale” scrive nella Premessa del volume l’autore, assistente ecclesiastico del Dicastero per la Comunicazione, che insegna filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR “Fides et Ratio” di L’Aquila, di cui è anche Preside.

“Ogni volta che avanzava il buio per Enea cominciava sempre una battaglia”. 

  • Don Epicoco, qual è la scelta fondamentale di Enea? 

«La scelta fondamentale di Enea è di reagire a una situazione negativa non rinunciando, ma scommettendo sulla vita. Quindi iniziare da qualcosa di nuovo a partire da qualcosa che finisce».

  • Il viaggio di Enea ha inizio da una città in fiamme, Troia e il pensiero va alla martoriata Ucraina, perché Enea è un profugo. Che cosa ne pensa? 

«La sovrapposizione della storia è giusta, ma non soltanto lì dove si consumano delle guerre. Qualunque tipo di tragedia o di trauma che incontriamo nella vita è sempre l’esperienza di ritrovarsi inaspettatamente senza un’appartenenza, una patria. Proprio questo ci spinge a iniziare un nuovo percorso, quindi ci rende antropologicamente dei profughi».

  • I giudizi di Papa Francesco verso la guerra e chi la fomenta sono durissimi. Mai come ora. Come riscoprire la fraternità? 

«Innanzi tutto desiderando la pace. Non si può parlare di fraternità se non si riscopre personalmente un forte desiderio di pace che è il contrario della sopraffazione, del voler imporsi sugli altri, del voler vincere a tutti i costi. C’è qualcosa che tutti dobbiamo difendere, che non sono le nostre ragioni ma le ragioni della pace, che sono sempre quelle che tengono insieme tutto». 

  • In questo Pianeta in crisi perenne ci si può sentire profughi anche dentro le nostre case? 

«Sì, anzi c’è una sorta di inquietudine che attraversa soprattutto il mondo occidentale, che è un mondo civilizzato, dove le cose dovrebbero funzionare in un certo modo. Nonostante il benessere, si respira una sorta di angoscia, quindi ci si sente sempre in cammino, desiderosi di scoprire qualcosa su cui fondare la propria vita. Non è un viaggio fuori di noi, un viaggio geografico, a volte la condizione di profugo è una condizione interiore». 

  • Enea è colui che viaggia su una nave senza nocchiero alla ricerca di un nuovo inizio, di una terra promessa in cui ricominciare. L’Eneide contiene una lezione attualissima e per questo parla a tutti? 

«Parla a tutti e soprattutto nelle storie ingiuste che racconta c’è sempre un filo di speranza. La storia finisce con la fondazione di una nuova patria, di un nuovo popolo. Ciò che inizia finendo, finisce iniziando».

  • L’immagine di Enea che prende sulle spalle il padre Anchise e porta per mano il figlio Ascanio rappresenta per l’eternità un gesto inclusivo, essenziale? 

«Sì, perché non possiamo fare a meno di un legame intergenerazionale, anzi, quello a cui stiamo assistendo è proprio la conseguenza di aver rotto questo legame. Gli adulti non sanno più dialogare con i più piccoli e i piccoli si distaccano dagli anziani. Condannati a ripetere gli stessi errori, condanniamo alla solitudine tante persone che non producono più». 

  • Quanto è importante in tempi bui e incerti come quelli che stiamo vivendo riprendere in mano testi sacri come la Bibbia, oppure la Divina commedia, le commedie di William Shakespeare, ma anche “Il Signore degli Anelli” di J. R. R. Tolkien e forse anche lo stesso Harry Potter di J. K. Rowling? 

«È molto utile e necessario, perché la maggior parte di queste storie forniscono un immaginario attraverso cui noi possiamo fare l’esperienza di un senso molto più grande della vita. Senza l’immaginario siamo semplicemente ripiegati sull’istante. È come se ci trovassimo su di una macchina accesa con il pieno di benzina e non avessimo nessun viaggio da fare. Sarebbe una condizione di frustrazione. L’immaginario invece ci ridona un orizzonte, una meta verso cui camminare e per cui svegliarsi la mattina per vivere la propria esistenza». 

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *