Le interviste ai preti novelli. Don Mario Pezzotta: “Per un prete contano la preghiera, l’ascolto e le relazioni”

Presentiamo da questa settimana una serie di breve interviste per conoscere meglio i preti novelli in vista dell’appuntamento dell’ordinazione. Incontriamo don Mario Pezzotta, originario di Pedrengo.

Come è nata la sua vocazione?

Sono entrato in Seminario a 11 anni con don Carlo Agazzi. Ho fatto questa scelta perché ho avuto la fortuna di incontrare nella mia comunità di Pedrengo la figura di alcuni sacerdoti contenti di spendere la propria vita per gli altri. Ho incontrato anche una comunità capace di vivere bene insieme, di spendersi per gli altri. In particolare negli anni in cui io frequentavo le elementari c’è stato un forte impegno per la costruzione del nuovo oratorio, tutti erano in fermento e coinvolti. Questo mi ha segnato molto, vedere dei sacerdoti che condividono la vita di fede e quella di tutti i giorni. Quando don Alessandro Gipponi mi ha chiesto se volevo avvicinarmi alla vita del Seminario, partecipare agli incontri di orientamento, sono rimasto affascinato perché ho trovato un posto dove vivere queste esperienze comunitarie per tutto l’anno. Ho quindi pensato che avrei potuto entrarci anche se ero ancora piccolo e sperimentare questa strada. Mi sono accorto che la vita comunitaria davvero mi è piaciuta e mi ha permesso di crescere, dal punto di vista umano e come cristiano, nella fede, nella conoscenza e nella Chiesa. Questo mi ha portato poi alla scelta di diventare sacerdote e offrire la mia vita alla comunità.

Quando è entrato in Seminario era molto giovane. Il suo desiderio di diventare prete è rimasto sempre costante?

Avevo fin da piccolo l’idea di diventare prete, ma la consapevolezza è maturata con il tempo. Sono entrato con un’idea che col tempo si è modificata. Le motivazioni che mi hanno spinto a entrare in Seminario e a restarci con il tempo si sono evolute e pian piano mi hanno fatto capire che era davvero la scelta giusta per me.

Quali sono a suo parere le caratteristiche più importanti per un prete oggi?

Credo che a un prete non possa mancare oggi la preghiera. Anche nelle esperienze di servizio pastorale che sto svolgendo in questi anni a volte il tempo scarseggia un po’. Ma se non si parte e non si arriva alla preghiera nel ministero di un prete manca qualcosa. Un secondo aspetto è l’ascolto: bisogna essere capaci di fermarsi, di stare con le persone e ascoltarle. Lo sto sperimentando anche a Gorlago, la parrocchia dove svolgo servizio adesso, accanto ai giovani. L’ascolto è un dono per me e per loro. Il terzo aspetto è la relazione: non bisogna isolarsi ma stare con la gente e creare legami positivi.  

Quali scoperte ha fatto nelle attività pastorali svolte nel periodo di formazione?

Anche se ci troviamo in un clima generale che riteniamo un po’ grigio e negativo, le persone che abbiamo davanti hanno molto da dare. Ogni incontro ci insegna qualcosa. Ho scoperto che la vita del prete che si dona è quella che mi interessa di più e che spero di poter esercitare.

Come è cambiato il suo rapporto con la sua parrocchia d’origine?

Sono sempre stato legato al mio paese e ho cercato di mantenere i contatti. D’estate, al Cre, nei campi scuola ho cercato di essere presente, di condividere con i ragazzi tante esperienze. La comunità mi è stata vicina nella preghiera, mi ha sostenuto e accompagnato nelle mie scelte, anche nei momenti di difficoltà e di sconforto.

Che cosa rappresenta per lei il giorno dell’ordinazione?

Il giorno dell’ordinazione sarà una festa e una grazia. Sono consapevole però che quei giorni mi chiederanno più responsabilità, un nuovo inizio e un nuovo impegno che mi auguro di vivere con la gioia e l’entusiasmo che hanno caratterizzato il mio cammino fino ad ora.