Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. I Cre sono una scintilla per le comunità

Per costruire una barca non bisogna non bisogna radunare uomini per tagliare la legna, dividere i compiti e impartire gli ordini, ma è necessario insegnare loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”



I nostri oratori stanno tornando, dopo molto tempo, a vivere con serenità e ottimismo la propria pars construens. Si profila dinanzi agli occhi un’estate da organizzare con uno sguardo di ampio respiro, con un coinvolgimento a larghi orizzonti.


Ciò che più mi ha colpito di questo tempo è l’entusiasmo che si respira tra i più giovani. Anche solo la parola Cre ha risvegliato in molti un’attesa in cui le emozioni nascono dall’intreccio tra ricordi e attese. È un tempo fecondo, in cui la voglia di fare e la disponibilità a spendersi sono generate dalla gratitudine.

Credo sia bastato poco per raccogliere le energie di molti. C’è stata una scintilla che ha convertito la nostalgia in desiderio. Dal dolore alle stelle.

Un moto che ci portiamo dentro, che dice da dove veniamo, di che pasta siamo fatti e dove vogliamo andare. E l’esperienza prodigiosa dei Cre ci fa riscoprire quella sostanza buona che abita nel cuore di ognuno: dedicarsi gratuitamente agli altri.
Come diceva Aristotele, siamo uomini politici, siamo fatti per la comunità. L’autosufficienza non appartiene all’essenza dell’uomo.


Da qui l’uomo si scopre anche homo faber, portato a costruire, prima ancora ad escogitare e progettare.
I nostro adolescenti, con la loro schiettezza e genuinità, ci rivelano il volto vero dell’uomo, nella bellezza del sapersi donare e dell’intelligenza del costruire.
Ecco perché il tesoro del Cre è un dono prezioso per un’intera comunità (sociale prima ancora che religiosa).