Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana: essere uomini e donne di valore oggi

Il giorno dopo Mosè sedette a render giustizia al popolo e il popolo si trattenne presso Mosè dalla mattina fino alla sera. Allora Ietro, visto quanto faceva per il popolo, gli disse: «Che cos’è questo che fai per il popolo? Perché siedi tu solo, mentre il popolo sta presso di te dalla mattina alla sera?». Mosè rispose al suocero: «Perché il popolo viene da me per consultare Dio. Quando hanno qualche questione, vengono da me e io giudico le vertenze tra l’uno e l’altro e faccio conoscere i decreti di Dio e le sue leggi». Il suocero di Mosè gli disse: «Non va bene quello che fai! Finirai per soccombere, tu e il popolo che è con te, perché il compito è troppo pesante per te; tu non puoi attendervi da solo. Ora ascoltami: ti voglio dare un consiglio e Dio sia con te! Tu sta’ davanti a Dio in nome del popolo e presenta le questioni a Dio. A loro spiegherai i decreti e le leggi; indicherai loro la via per la quale devono camminare e le opere che devono compiere. Invece sceglierai tra tutto il popolo uomini integri che temono Dio, uomini retti che odiano la venalità e li costituirai sopra di loro come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di decine. Essi dovranno giudicare il popolo in ogni circostanza; quando vi sarà una questione importante, la sottoporranno a te, mentre essi giudicheranno ogni affare minore. Così ti alleggerirai il peso ed essi lo porteranno con te. Se tu fai questa cosa e se Dio te la comanda, potrai resistere e anche questo popolo arriverà in pace alla sua mèta»”. (Es. 18, 13 – 23).

Con questo brano di Vangelo, lunedì scorso don Luca ha concluso il primo pomeriggio di formazione animatori per i ragazzi di prima, seconda e terza superiore. Un brano che, come sottolineava lui, “si sente poco”, ma che forse c’è bisogno di far risuonare ancora, ancora e ancora, soprattutto nei nostri cuori. Io stesso, lì per lì, mi sono chiesto se mai qualcuno mi avesse detto che sono un ragazzo, un uomo, di valore: un riconoscimento immenso ma, purtroppo, rarissimo ai nostri giorni. Tale riconoscimento è qualcosa che da un lato non dipende da noi, non possiamo auto-riconoscerci come uomini e donne di valore, abbiamo bisogno che qualcun altro lo faccia per noi, e che dall’altro ci appartiene e dipende profondamente da noi, perché solo noi possiamo riconoscere altri come persone valide, che possono dare e stanno dando una mano a “guidare il popolo”: chi migliaia, chi centinaia e chi decine. Uomini e donne chiamati a guidare le comunità civili e religiose di ogni ordine e grado, che spendo il loro tempo e guidano gruppi di persone per il bene di altri (si pensi all’associazionismo), che “mettono su” famiglia e la coltivano quotidianamente tra gioie ed incertezze e ragazzi e ragazze che mettono tutti loro stessi per creare qualcosa di bello per la comunità e per i più piccini. Nessuna di queste persone va data per scontata, nessuno nella nostra vita va dato per scontato, anche se spesso ci capita di farlo, vuoi per la frenesia, vuoi per la nostra cultura che, a volte, limita il nostro sguardo. Dobbiamo, invece, imparare, sempre di più, a consegnare all’altro il fatto di essere un valore aggiunto alla nostra vita, un qualcosa che le dà significato e la rende tridimensionale e consistente. Oltre ciò, oggi, capita a tutti di commettere l’errore di Mosè: carichiamo tutto quanto sulle nostre spalle e lo portiamo da soli. E lo facciamo con un certo orgoglio e, a volte, anche con una certa presunzione, permettendoci di criticare chi “non fa bene come noi”, o, addirittura, “fa meglio di noi!” (sia mai!), senza però accorgerci che, come rimprovera Ietro, rischiamo di soccombere a tutto il peso che spesso pretendiamo di portare da soli, mettendo a repentaglio la sicurezza e il benessere nostri e di coloro che ci sono affidati. Un rimprovero che fortunatamente non è sterile perché lo stesso Ietro consegna a Mosè, e anche a noi (soprattutto a noi), un suggerimento importantissimo, un cambio di prospettiva senza eguali: prova ad accorgerti del valore di chi ti sta accanto e di chi ti è affidato e affidati a tua volta a loro, così che possano alleggerire il carico che tu porti. Bello, dunque, comprendere che l’affidarsi agli altri, riconoscendo il loro valore, non ci fa perdere la nostra dignità, ma ci permettere di riconoscere la dignità dell’altro e di consegnargliela: “Tu sei una persona di valore e proprio in questo momento io ho bisogno di te, della tua presenza, del tuo supporto, del tuo consiglio, delle tue qualità…”. Lasciamo, quindi, che gli altri ci scoprano come uomini e donne, ragazzi e ragazze di valore e, a nostra volta, impegniamoci a scoprire negli altri uomini e donne, ragazzi e ragazze di valore, capaci di dare una mano a “guidare il popolo”.

Eligio Cattaneo