Preti novelli verso l’ordinazione. Don Carlo Agazzi: “La vocazione è cresciuta pian piano”

Presentiamo da questa settimana una serie di breve interviste per conoscere meglio i preti novelli in vista dell’appuntamento dell’ordinazione. Incontriamo don Carlo Agazzi, originario di Grone.

Come è nata la sua vocazione?

Ho un fratello maggiore, Andrea, che è entrato in Seminario nel 2003. Venivo a prenderlo con i miei genitori per riportarlo a casa nei weekend ed è così che ho iniziato a conoscere meglio questo ambiente. Quando è arrivato il momento anche per me di decidere quale scuola media frequentare ho scelto anch’io di far parte della comunità del Seminario minore.

Aveva già deciso di diventare prete?

No, quando ho iniziato in prima media non volevo diventare prete. Avevo altre idee per la testa, lo stesso anche alle scuole superiori. In quinta poi mi hanno consigliato di provare per un anno la teologia. La scelta definitiva l’ho fatta due anni fa dopo un’esperienza di esercizi spirituali che è stata fondamentale.

Qual è stato l’elemento che l’ha convinta? L’esempio di qualche prete che ha incontrato?

Sono stati decisivi i superiori che ho incontrato in Seminario, uomini di preghiera, formatori e preti appassionati. I ragazzi che si presentano sono bravi, buoni, ma a volte fanno disperare, io ero tra quelli più vivaci, che hanno messo alla prova le loro capacità di educatori. Mi sono stati di esempio anche i parroci della mia comunità di Grone, l’attuale don Giacomo Cortesi mi sta accompagnando nel cammino di teologia e tanti amici preti e professori.

Quali esperienze pastorali ha svolto durante gli anni di formazione?

L’esperienza pastorale degli anni della teologia per me è stata fondamentale. Grone ha ottocento abitanti, è una realtà piccola e non esiste un’esperienza vera e propria di oratorio, che invece ho conosciuto in altri luoghi dove sono stato, come la parrocchia di Verdello, con la quale collaboro attualmente. Con i compagni di teologia sono stato il primo anno nell’unità pastorale di Foppolo e Branzi, in seconda a Torre Boldone con il mio compagno Marco: un’oratorio molto bello, vicino alla città, collaborando con Don Leone Lussana e don Angelo Scotti. L’oratorio mi sembrava una nave da crociera dove c’era tutto. In terza teologia facevo il prefetto e davo una mano a casa come tuttofare: catechista, sagrestano e perfino barista. Ora da tre anni sto collaborando con la parrocchia di Verdello, un’esperienza molto formativa.

Ha mantenuto un legame con le comunità che ha incontrato?

A Torre Boldone sono stato invitato per condurre una giornata del Seminario. I preti e la comunità mi sono stati vicini nel mio percorso. A Verdello e a Grone la gente mi chiede continuamente se sono pronto. Dico sempre di sì, mi sento molto contento, chiaramente avverto un po’ di adrenalina.

Che cosa rappresenta in questo percorso il giorno dell’ordinazione?

Una grande festa. Adesso sono molto tranquillo, come al momento del diaconato di cui però mi è rimasto solo qualche flash della celebrazione, a causa della grande emozione.