Il report dei Gesuiti sui migranti desaparecidos: nel 2021 un aumento del 291%

Foto Ansa Sir

Prima di tutto persone, non numeri, anche se questi sono impressionanti. Persone che nel difficile itinerario di migrazione verso gli Stati Uniti finiscono inghiottite nel nulla. “Desaparecidos”, per usare la parola spagnola con la quale vengono chiamate le persone scomparse.

A volte finiscono tra i tentacoli dei gruppi criminali, altre volte nei centri di detenzione, o in carcere. Sono sempre di più, perché sempre maggiore è il numero di coloro che tentano di attraversare il Messico(è di questi giorni la notizia dell’ultima “carovana” di 15 mila persone che si è messa in cammino dall’Honduras), nonostante le politiche ogni giorno più repressive.

Anzi, proprio queste ultime spingono le persone che migrano a cercare rotte più pericolose. I familiari cercano notizie e, di fronte a una generalizzata latitanza, riescono a trovare ascolto solo nel Servizio gesuita ai migranti (Sjm) del Messico.

Un progetto unico nel suo genere, quello dell’organizzazione legata alla Compagnia di Gesù, intitolato “Programma di ricerca di persone migranti scomparse”. Ed è in quest’ambito che è stato da alcune settimane pubblicato dal Sjm Messico il primo “Rapporto sulla scomparsa di persone migranti in Messico”.

Come si accennava, la preoccupazione fondamentale non è quella di inanellare numeri, che peraltro sul tema sono assai difficili da individuare, ma di raccontare il contesto nel quale avviene la sparizione di migliaia di migranti, e quello che è possibile fare per mettersi alla loro ricerca.

“L’obiettivo principale di questo documento consiste nel presentare le caratteristiche e i risultati del Programma di ricerca di persone migranti scomparse del Sjm-Messico, e al tempo stesso presentare una serie di questioni in sospeso e raccomandazioni che potrebbero migliorare l’accompagnamento fornito a coloro che sono vittime di questa situazione”.

Nel 2021 un aumento del 291%. In ogni caso, i numeri esistenti fotografano una situazione drammatica, considerato che qui, contrariamente agli arrivi dall’Africa all’Europa, non c’è un mare da attraversare, bensì un enorme Paese, pieno però di insidie e pericoli.

Come documenta il report, i desaparecidos ufficialmente registrati dalla federazione messicana degli Organismi pubblici dei diritti umani sono circa duemila.

Ma il fenomeno è sicuramente più vasto.Secondo il Progetto per i migranti scomparsi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), circa 6.150 persone sono morte o sono sparite dall’inizio del 2014 al marzo del 2022. Vale anche la pena di sottolineare che i migranti scomparsi entrano a far parte di una categoria, quella dei desaparecidos, che vedono il Messico detenere un tristissimo primato mondiale di oltre 100 mila persone, secondo i dati ufficiali.

Nel registro del Programma del Sjm, avviato nel 2007, si arriva a un totale di 1.280 casi trattati, con un’impennata dopo il 2018, e in particolare nel 2021, quando sono stati affrontati il 27% dei casi totali, con un aumento del 291%. Per quanto riguarda il luogo da cui arrivano le richieste, nel 28% dei casi sono state effettuate da familiari o conoscenti che vivono negli Stati Uniti, nel 24% dal Messico, nel 13% da Nicaragua e Honduras, nell’11% dal Guatemala nel 5% dall’El Salvador e per il restante 6% da altri Paesi. Queste percentuali sono fondamentali perché suggeriscono che i migranti scomparsi sono ricercati non solo dai parenti nei rispettivi luoghi di origine, ma anche da parenti che si trovano nei luoghi di destinazione, forse perché dispongono di maggiori risorse economiche e tecnologiche. In ogni caso, le persone scomparse provengono dall’Honduras nel 29% dei casi, dallo stesso Messico nel 22%, nel 18% dal Guatemala. Una persona su quattro, tra quelle scomparse, è di sesso femminile. Nel 14% di tratta di minori.

Una solida esperienza e un’attenzione integrale. Racconta al Sir l’avvocata Xamara Elizabeth Navarrete Cisneros, una delle curatrici del rapporto e referente legale del Programma di ricerca del Sjm: “Nel report ci sono i quindici anni della nostra esperienza nella ricerca di migranti desaparecidos. Offriamo assistenza e accompagnamento ai familiari che li cercano, cerchiamo di fare rete tra le istituzioni”.

“La ricerca spesso ha buon esito, il 75% dei migranti è in qualche stazione migratoria, o centro di detenzione, o in qualche istituto. Ma c’è anche chi finisce vittima del crimine organizzato”. Una volta segnalato il caso, il Servizio gesuita ai migranti si mette in contatto con carceri, centri di detenzione, case del migrante, obitori. Una rete solida, costruita nel tempo. L’operatrice del Sjm conferma l’aumento degli ultimi anni: “E’ dovuto soprattutto alla politica migratoria più restrittiva che viene attuata in Messico e in altri Paesi del Centroamerica. A causa di questa politica, non viene rispettato chi ha diritto alla protezione, allo status di rifugiato. Così, i migranti si riversano su rotte meno sicure e protette, spesso sono oggetto di estorsioni e violenze. In ogni caso, più una persona rimane in questa situazione di limbo, maggiori sono le possibilità di cadere tra i tentacoli del crimine organizzato”.

I familiari, solitamente, non avendo notizie dei loro cari, si mettono alla ricerca, ma poche volte ottengono risposte dalle autorità pubbliche messicane:“Le Commissioni che hanno lo scopo di ricercare le persone scomparse sono solitamente carenti di personale. I familiari rischiano di aspettare per mesi una risposta, spesso non esauriente. In ogni caso, attraverso il nostro lavoro noi teniamo il dialogo con tutte le realtà interessate”. Contemporaneamente, si sviluppa l’assistenza legale e psicologica ai familiari dei desaparecidos: “È necessario orientarli, far loro presenti i propri diritti, e sostenerle nel momento difficile”.

Conclude l’avvocata Navarrete: “Ci accorgiamo che il nostro servizio è sempre più richiesto, soprattutto nei nostri uffici in zona frontaliera, per esempio a Ciudad Juárez”. E il report chiede con forza un maggiore sforzo delle istituzioni e la creazione di un “registro unificato”.

(*) giornalista de “La vita del popolo”