Nostalgia per il passato e paura del futuro in “Retrotopia” di Zygmunt Bauman

Il consiglio di lettura della Biblioteca diocesana del Seminario Giovanni XXIII di Bergamo riguarda questa settimana il saggio di Zygmunt Bauman, Retrotopia, Laterza 2020.

La copertina del volume

Professore emerito di sociologia presso le Università di Leeds e Varsavia e uno dei più noti e influenti pensatori della seconda metà del XX secolo, Zygmunt Bauman, con questo libro, “Retrotopia” torna ad indossare i panni del neologista, trovando un altro concetto con cui definire e spiegare il mondo attuale, le sue angosce e le sue paure più profonde: con il termine retrotopia, infatti, l’autore stesso intende una

visione situata nel passato perduto/rubato/abbandonato ma non ancora morto e non legata al futuro non ancora nato, quindi inesistente.

Questa visione nostalgica e ricca di rimpianti, in contrasto con un presente difficile, che porta al terrore per un futuro insondabile e senza sicurezze, non permette alla società di oggi di immaginare il futuro, di avere sogni e speranze per costruire un mondo migliore.

In passato, i governanti offrirono una visione privatizzata e individualistica dell’idea di progresso, per apportare modifiche e migliorie all’esistenza; tale visione venne accolta dal mondo come una liberazione da quella sottomissione, da quella disciplina e da quel dominio che lo Stato esercitava nei confronti delle persone.

La paura per il futuro e il peggioramento delle condizioni di vita

Tuttavia, questa idea di autonomia tanto agognata ha portato, a sua volta, ad altri disagi della persona, a nuove paure e insicurezze, fra cui – quella di maggior rilievo – la paura per il futuro, visto come un momento di peggioramento delle condizioni di vita, come un momento di decadenza.

Non a caso, teorizza Svetlana Boym nel suo volume The future of nostalgia ampiamente utilizzato dal Bauman, un’epidemia di nostalgia spesso segue una rivoluzione, producendo un’immagine distorta, idealizzata e fantasiosa del passato che ha immediatamente preceduto il cambiamento, portando persino alla perdita della ricerca del passato in quanto tale, com’è stato davvero (quello che dovrebbe essere il compito dello storico).

Con queste premesse, Bauman svolge un viaggio nella storia del pensiero moderno, ripercorrendo i momenti più significativi dei cinque secoli di storia dell’utopia moderna dopo Tommaso Moro.

Dialogo, una parola da ripetere fino a stancarsi

Il monito finale, poi, viene affidato alle parole di papa Francesco pronunciate nel 2016, quando gli venne conferito il premio europeo “Carlo Magno”: Se c’è una parola che dobbiamo ripetere fino a stancarci è questa: dialogo. La promozione della cultura del dialogo, in un mondo multiculturale, multicentrico e multiconflittuale come quello odierno, può essere la soluzione per la ricostruzione del tessuto sociale, per riconoscere l’altro non in quanto “diverso da noi”, straniero, sconosciuto, non-noi, ma in quanto valido interlocutore e soggetto che merita di essere ascoltato, considerato e apprezzato, in una strategia di integrazione, e non di esclusione, che possa agire nella vita di tutti i giorni, nelle strade, negli uffici, nelle scuole, negli spazi pubblici.

Una responsabilità sulle spalle di tutti, un compito arduo e non immediato, che possa però tornare a regalare sogni e speranze per un futuro migliore.

Andrea Capelli