Marco Damilano a Nembro: il cambiamento in politica nasce dalla ricostruzione di un tessuto comune e inclusivo

Poche dualità sono incisive e significative come quella tra vecchio e nuovo, e ancora meno creano un’antitesi così secca e netta. Ma in politica le cose cambiano in modo radicale, e la novità e la tradizione si fondono in un articolato sistema di promesse destinate a non realizzarsi e di clamorose meteore del progresso.

È quello che il festival delle rinascite ha provato a capire dialogando con Marco Damilano, giornalista politico ed ex-direttore dell’Espresso, creando assieme a lui una discussione che ha preso spunto, tra le altre cose, da uno dei suoi libri, Processo al Nuovo

Dopo una breve presentazione dello staff, seguita da un discorso iniziale del neo-eletto sindaco di Nembro Gianfranco Ravasio, il confronto è iniziato con una breve digressione storica sulle origini della nuova dialettica, nei primi anni ’80. L’idea che si nascondeva – e si nasconde – dietro questo concetto è molto semplice, e consiste nel presentare le proprie proposte come svolte riformatrici, relegando quelle avversarie alla volontà di lasciare la situazione come è.

Quando le novità sono solo apparenza

Secondo Damilano, il nuovo è stato un cavallo di battaglia della classe politica da quel periodo in avanti, fino ai giorni nostri. Attenzione, però: è un nuovo che non riunisce forma e sostanza, ma che dà una priorità assoluta all’apparenza, secondo uno schema che fa dell’aspetto esteriore una sua prerogativa, associandola però spesso ad una povertà di contenuti disarmante. Il risultato è che dietro al tanto decantato cambiamento si cela chi non ha veramente intenzione di cambiare, ma vuole soltanto mantenere la sua condizione. 

Questo però non toglie spazio al nuovo, ma fallimento dopo fallimento lo fortifica, anche solo per il fatto che il nostro paese necessita, nei fatti, di un cambiamento, anche se le attuali forze politiche non sembrano in grado di provvedervi. Il trucco sta nell’intercettare la domanda di cambiamento e di miglioramento, anche senza averne i mezzi. È per questo che “novità” è ancora una parola così forte e un immaginario così polarizzante all’interno della nostra classe politica, ed è il motivo a cui si possono imputare gli andirivieni dei leader da palazzo, prima da trionfatori e poi da delusi – e deludenti – sconfitti. 

La responsabilità di usare bene i nuovi media

Un grosso spazio si è ritagliato anche l’argomento comunicazione. Essa, soprattutto nella sua forma odierna, da un certo punto di vista aiuta questa politica allo sbaraglio ad affermarsi, ma questo non significa che non ci siano grosse responsabilità da parte degli interpreti.

I social sono disponibili in ogni parte del mondo, e altri paesi lo utilizzano per il solo scopo comunicativo invece che farli diventare una vetrina personale, pensando di poter sostituire così il rapporto tra elettore e politicante.

Non c’è bisogno, quindi, di incolpare il progresso, ma chi ne fa uso nel modo sbagliato. C’è chi negli anni si è identificato nella tv commerciale, e chi invece si è identificato in internet, e questo rispondeva soltanto all’esigenza di portare qualcosa di nuovo, pur senza avere contenuti realmente innovativi. 

Damilano ha speso qualche parola anche sulla situazione politica italiana attuale, che negli anni passati ha subito un clamoroso passaggio di consegne. In una situazione di difficoltà, la “nuova” legislatura delle ultime elezioni politiche ha lasciato il testimone a due personaggi che sono garanzie di affidabilità, di sicurezza e di aderenza alle istituzioni, Mario Draghi e Sergio Mattarella, quest’ultimo peraltro costretto a forza a restare dall’incapacità della classe dirigente di scegliere un nuovo Presidente della Repubblica. 

Come innescare un vero cambiamento positivo?

Due parole anche sul referendum e poi sul futuro: non è stato il referendum, che è un valido strumento democratico, a fallire, ma la proposta ad essere decisamente poco appetibile – come peraltro dimostra la scarsa pubblicità fattagli dai suoi stessi promotori. 

I modi di risolvere la situazione che si è venuta a creare parte principalmente da noi e dal nostro desiderio collettivo, di un vero cambiamento in positivo. È necessario evitare di rimanere da soli, cedendo alla disperazione, e mettersi insieme per costruire qualcosa. La precedenza deve essere data alla ricostituzione di un tessuto comune ed inclusivo che nel tempo si è perso, sia a livello partitico sia a livello meno politico e più lavorativo. Infine, è necessaria un’agenda di riforme istituzionali che restituisca credibilità e interesse alla politica. 

Prima di dedicarsi alle domande dal pubblico, Damilano ha risposto alla domanda finale del festival: si può essere migliori di così? La replica non si è fatta attendere: certo, ma dev’essere non esclusiva e basata su una casta di “migliori”, come era esistito il governo dei migliori, ma un processo che conduca al miglioramento proprio e dell’altro, in una spirale di benefici reciproci e salutari. E chissà che, in fondo, non sia questa la strada per il nuovo.

Sebastiano Foresti