“Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così”
Italo Calvino, “Il barone rampante”
È nell’incontro, nella relazione con l’altro che riscopro me stesso, che riesco a comprendere chi sono. La tentazione di fronte alle incertezze, i dubbi, le difficoltà, che talvolta sfociano in vere e proprie crisi, è quella di fermarsi, di stoppare qualsiasi tipo di interazione e chiudersi in se stessi.
Si arriva a pensare che prima bisogna sistemare ciò che non va cercando di fare chiarezza in se stessi, rimanendo soli, evitando di incontrare gli altri.
Ma la chiarezza dentro di sé e di fronte a sé non potrà mai esserci senza il confronto e lo sguardo amorevole di un’altra persona. È l’altro che mi ridona tramite il suo sguardo, ovviamente non di giudizio, ma abitato dall’amore, chi sono veramente io.
Ciò accade in ogni relazione, a partire dalle relazioni familiari, passando dalle amicizie che nel corso degli anni intessiamo, fino ad arrivare alla relazione ancora più intima di coppia.
Anche la preghiera è un incontro
Un altro sguardo amorevole che ci dischiude a noi stessi abbiamo la fortuna di ritrovarlo nella Parola che possiamo vivere nella preghiera come vera e propria relazione, incontro a partire dal quale riscoprire quotidianamente la bellezza e la ricchezza di vivere a pieno le relazioni che ci sono donate, perché nella misura in cui ci doniamo in esse saremo noi stessi e permetteremo agli altri di riconoscere loro stessi in un circolo che non può che definirsi virtuoso.
Ogni relazione così caratterizzata può addirittura farci cogliere aspetti, qualità, potenzialità di noi stessi che neanche avremmo immaginato o che mai ci erano state evidenziate e che non erano mai state messe in gioco.
Perché nelle relazioni in cui dimora l’amore la novità creativa è conseguenza spontanea al punto tale da poter affermare “perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così”.