Nando Pagnoncelli al Festival “Migliori di così” a Nembro. La politica appiattita sul presente

Quanto impatta la demografia nella nostra vita e quanto conti a livello sociale l’opinione è ormai assodato. Per approfondire questo aspetto il secondo appuntamento di Migliori , Festival delle Rinascite a Nembro, è stato un dialogo con Nando Pagnoncelli, presidente IPSOS, noto sondaggista e volto televisivo. 

L’incontro si è aperto con un’ampia considerazione sulla natura dei sondaggi. L’opinione pubblica, ha esordito Pagnoncelli, è un concetto complesso, che spesso viene associato alle idee di popolo e di massa, ma che in realtà rappresenta semplicemente ciò che la maggioranza dei cittadini pensa su un determinato argomento.

La sua nuova influenza è ben chiara, soprattutto a causa delle nuove politiche e nei pericoli che esse corrono dando priorità all’inseguimento del consenso dell’opinione invece che ad una precisa agenda di governo. Ne consegue la difficoltà di mantenere il potere per più di una legislatura. Questo è ciò che consegue dall’esagerazione e dall’estremizzazione del concetto di sondaggio. 

Opinione pubblica, altissima distanza tra percezione e realtà

In Italia, ha proseguito, il problema principale dell’opinione pubblica è la sua altissima distanza tra percezione e realtà, che causa evidenti squilibri nei sondaggi. Dati che preoccupano e mettono un serio punto di domanda proprio sulle politiche che puntano a sfruttare le emozioni negative a scopo di consenso. 

Dopo questa breve introduzione, la discussione si è spostata su temi più specifici, come l’invecchiamento della popolazione, dato non di per sé negativo, ma lo diventa se viene associato al clamoroso decremento del tasso di natalità, il quale ha raggiunto un numero sotto le quattrocentomila nascite nel 2021.

La questione del fertility gap – la differenza tra figli desiderati e figli realmente avuti – ha, secondo Pagnoncelli, delle ragioni profonde: ad esempio, la difficoltà dei giovani nel trovare lavori stabili, un futuro sempre più incerto e le rinunce obbligate delle donne, che non vogliono interrompere una carriera lavorativa a causa di un figlio.

Riguardo a quest’ultima situazione, è d’obbligo menzionare la differenza sostanziale tra l’Italia e il modello ideale dei paesi del nord Europa, in cui controintuitivamente le donne che lavorano hanno diversi figli grazie ad incentivi e norme lavorative soddisfacenti.

A proposito di crisi della natalità e di recessione, gli stranieri presenti in Italia attenuano sensibilmente la decrescita, e il loro apporto economico e pragmatico è nettamente a favore. Altri dati preoccupanti sono quelli riguardanti le famiglie: sono in aumento i nuclei famigliari singoli. Questo crea diverse problematiche di sostentamento per gli anziani. A Bologna, per esempio, il 25% degli ultracinquantenni non ha figli che possano prendersi cura di loro. 

Un Paese più anziano, maggiore peso sui servizi sanitari

Sul finale, il presidente dell’IPSOS si è soffermato sulle possibilità che ci riserveranno i prossimi anni. Le proiezioni sul futuro demografico dell’Italia dipingono un paese più anziano, in cui aumenteranno sensibilmente le percentuali di ultrasessantacinquenni e di ultraottantacinquenne. Le conseguenze saranno un sempre maggiore sollecito dei servizi sanitari, una maggiore tensione sul piano di previdenza sociale a causa del distacco netto tra le percentuali di lavoratori e quelle di pensionati, una possibile diminuzione del sistema scolastico con conseguenti tagli e molto altro ancora. 

La colpa è da far ricadere su una politica eccessivamente presentista, incapace o non desiderosa di avere uno sguardo lungimirante sul futuro. La verità è che i processi che portano ad un miglioramento in questo senso sono lenti e, pur essendo efficaci sul lungo termine, raramente portano il consenso che tanto piace alla classe dirigente di oggi. 

Una speranza viene dal programma dell’Unione Europea, Next Generation EU. Le iniezioni ci permetterebbero di guardare al futuro e smettere di vivere di presente, programmando riforme che cambierebbero radicalmente l’aspetto del paese. C’è bisogno di un patto sociale, di una ricerca di compromessi alti, un armistizio tra tensioni politiche e sociali nella prospettiva di un futuro migliore. Possibile? Sì, ma la parola chiave deve essere responsabilità individuale, e nessuno di noi la può ignorare. 

Sebastiano Foresti

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