L’invito del Papa a leggere il Vangelo “senza fretta”. Suor Chiara: “Ascoltare davvero per lasciarsi cambiare il cuore”

Buongiorno suor Chiara,
Papa Francesco ha suggerito di approfittare dell’estate per leggere il Vangelo “senza fretta”. Ha sottolineato che a volte è meglio ascoltare piuttosto che “fare”. In effetti a volte mi sembra che nelle nostre comunità siamo più occupati a organizzare iniziative che ad ascoltare davvero, e forse anche noi “laici impegnati” non siamo così attenti ai veri bisogni delle persone. Quello che il Papa suggerisce di fare sembra semplicissimo, quasi banale, in realtà non lo è, credo che pochi, pure cristiani e praticanti, seguano davvero questa indicazione. Che ne pensa?
Lucia.

Ascoltare è un’arte, cara Lucia, che non si impara mai abbastanza; considerata semplice e banale, necessita, al contrario, di metodo ed esercizio. Essa è importante tanto quanto il respiro, ma mentre quest’ultimo è un meccanismo automatico, la prima non lo è per nessun motivo: possiamo, infatti, “sentire”, ma non “ascoltare”. Per sentire sono sufficienti le orecchie, per ascoltare sono necessari il cuore e la presenza di tutto noi stessi.

L’ascolto ha la sua radice nel verbo obbedire – “ob-audire” – e chiede, anzitutto, di non avere fretta! Banale? Impegnativo! Molto impegnativo! Nella nostra vertiginosa quotidianità, prenderci del tempo per ascoltare il Vangelo con calma, è, oserei dire, eroico. Così, capita che lo leggiamo di corsa, oppure che non lo leggiamo affatto, o lo ascoltiamo distratti quando andiamo alla Messa, così come facciamo con i nostri fratelli. 

L’estate è un’ottima stagione per allenarci in questo tipo di esercizio.

Mettere noi stessi e le nostre attese in secondo piano

Ascoltare la Parola di Dio e la vita è impegnativo soprattutto perché ci chiede di mettere noi stessi, le nostre attese, le nostre precomprensioni, certezze, convinzioni, ecc. in secondo e terzo piano, e aprire il cuore e la mente alla novità di Dio, del fratello, della sorella, dell’evento che ci stanno parlando, nella disponibilità a lasciarci mettere in discussione e a rivedere le nostre posizioni nei riguardi di Dio e del prossimo. In altre parole ascoltare esige – il termine è molto forte – la disponibilità a lasciarci cambiare il cuore: esso è l’inizio di ogni conversione e di ogni cammino di crescita. 

Insomma, a volte lo sentiamo così complesso, impegnativo e coinvolgente, che preferiamo considerarlo un optional, scegliendo di “fare” il più possibile, possibilmente da “battitori liberi”. Ciò si ripercuote in maniera negativa anche sulle nostre comunità: non mancano, ad esempio, gruppi che, pur svolgendo un’ottima attività ecclesiale e sociale, non dialogano tra di loro, perché poco disponibili all’ascolto e al confronto reciproco!

Comprendiamo, perciò, la premura di papa Francesco nell’esortarci, proprio a partire dalla lettura personale e senza fretta del Vangelo, a coltivare questa dimensione necessaria della nostra esistenza, quale antidoto per superare l’autoreferenzialità, per crescere in profondità e per tessere legami di comunione.

Udire e comprendere il grido dell’umanità

Ma, l’ascolto, libero dalla fretta, è condizione fondamentale anche per udire e comprendere il grido dell’umanità che chiede giustizia, uguaglianza, cura e attenzione; per aprire gli occhi su coloro che, magari proprio accanto a noi, piangono nella disperazione e nella solitudine; per cogliere le urla della creazione “stremata” più che mai dall’uomo predatore; per interpretare i segni dei tempi che esigono scelte profetiche e radicali per testimoniare il Vangelo e l’amore di Dio.

Ma esso ha, anche, una dimensione comunitaria: è insieme che ci si pone, personalmente, in ascolto del Vangelo, dei fratelli, della storia, dei poveri, della creazione, delle odierne sfide. 

Insieme! Sarebbe un’utopia pensare che i governanti, i politici, gli economisti di turno, potessero, insieme, porsi in ascolto dell’umanità, condividendo vicendevolmente ciò che in maniera misteriosa, ma reale, lo Spirito santo sussurra anche ai loro orecchi interiori e, dopo attento discernimento, provvedere a scelte per il bene di tutti? Sarebbe un’utopia vederli impegnati a rinunciare a qualcosa per il bene di tutti, a favore della famiglia umana?  

Commuove vedere come la nostra “vecchia” madre Chiesa ci sia di esempio nel continuare a tenere alzate le antenne interiori, nell’attento e diligente ascolto dei segni dei tempi e di ciò che lo Spirito dice alle Chiese. E il cammino sinodale intrapreso proprio a partire “dal basso”, ad esempio, ne è un eloquente segno.