Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. Una fine in maggiore

“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20)

Da alcuni anni insegno in un liceo paritario della nostra provincia e durante gli esami di maturità mi è capitato di assistere ad una performance piuttosto imprevista e singolare. Uno studente, appassionato di chitarra e deciso a proseguire gli studi proprio al conservatorio, nonostante abbia frequentato per cinque anni il liceo artistico, chiede preventivamente alla commissione di poter eseguire uno dei pezzi arrangiati da lui a nostra scelta per poter spiegare meglio l’esperienza di PCTO (percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, una sorta di prima esperienza lavorativa n.d.r.) svolta presso l’associazione musicale da lui fondata e da presentare nell’esame orale. Dopo aver già brillantemente svolto la prima parte del colloquio commentando il documento che riportava una citazione di Nietzsche, anche noi professori non vediamo l’ora di lasciarci trasportare da qualcosa di diverso che non siano guerre, totalitarismi o letterati e artisti in crisi d’identità. Il giovane imbraccia la chitarra e ci chiede di scegliere tra una personale rivisitazione di “Bella ciao” o ascoltare una sonata di Beethoven. Interviene il presidente di commissione optando per la prima e poco dopo le note cominciano a vibrare nell’aria.

Un ragazzo investito dal dolore, e la vita si fa battaglia

Facendomi cullare dalle corde che fanno riecheggiare la nota melodia, comincio a ripensare al percorso di questo ragazzo che conosco ormai da cinque anni: una mente brillante, assetata di conoscenza, uno stile da “brao scét” nella relazione con noi professori e una disposizione benevola nei confronti dei compagni.

Tanti interessi e passioni, uno sguardo colmo di desiderio per il futuro. E poi, tra l’estate della seconda e l’inizio della terza, l’evento che cambia la vita in un istante: la morte del padre. Da quel momento la vita si fa battaglia, quasi come la difesa della propria patria invocata dalla canzone, del proprio sé di fronte all’invasore travestito da dolore.

In molti dicevano: “è un ragazzo in gamba, ce la farà, la sta affrontando da uomo…” e invece ci sono momenti in cui anche se si è più maturi di tanti coetanei non si può chiedere a qualcuno di portare certi pesi senza manifestare dolore e rabbia, nonostante l’aiuto di tante persone non sia mancato.

Concludere “Bella Ciao” in maggiore: una prospettiva di bene

Mentre continuo a pensare a questi anni difficili, al nostro rapporto e alla stima che nutro per lui e comincio a chiedermi cosa ne sarà di lui dopo questi esami che segnano una frattura rispetto ad un ambiente che è stato comunque per lui come una seconda casa, la triste melodia cambia modo, da minore passa a maggiore, ed ecco che come una folgorazione mi sembra di intravedere una risposta al mio quesito: concludere “Bella Ciao” in maggiore mi dà l’impressione che doni una prospettiva di bene di fronte alla fine, al compimento.

Scorgo da parte sua una gratitudine verso il presente e nei confronti della vita che ancora c’è davanti. E in questo aspetto sento di essere io l’alunno che spesso si dimentica che la promessa che il Signore ci ha fatto e che il Vangelo di Matteo riporta non viene mai meno, nemmeno a fronte di eventi tragici e periodi faticosi e bui.

Come sarà la fine non ci è dato saperlo, ma che la fine sarà un canto in maggiore possiamo esserne certi.