Era solo un uomo. La morte di Alika e i post sui social. Combattere il morbo dell’indifferenza

elemosina

“Che mondo è diventato quello in cui un giovane ammazza di botte un mendicante con la sua stessa stampella nel corso principale di una nota e affollata località balneare, e nessuno interviene? In compenso in molti hanno estratto il loro smartphone per “immortalare” la scena”. Così si interroga Il giornalista Enrico Mentana. 

Così ci dovremmo interrogare tutti noi, laici, cattolici e agnostici, sull’inerzia e sull’ignavia dei molti presenti alla scena del pestaggio di Alika, un nigeriano disabile che chiedeva elemosina in una via  centrale di Civitanova Marche. 

Quello che dovrebbe essere un gesto umano, naturale, di dividere e far desistere due che litigano e si prendono a cazzotti, è divenuto ormai un’eccezione, mentre è più interessante filmare, assistere, non sporcarsi le mani, in quanto potremmo esserne coinvolti a nostra volta. 

Certo così non rischiamo nulla e magari otteniamo un sacco di like per il nostro video in real time. 

Ma così va in soffitta la nostra umanità, va in soffitta la dignità umana, il senso di fratellanza che ci dovrebbe distinguere dalle bestie. Così non si contribuisce a salvare una vita umana, da una violenza ingiustificata. 

Anche Davide Calabria, nuovo capitano del Milan, prende posizione con un lungo post su Instagram  e si scaglia contro , l’indifferenza. 

“Per quanto  la scena possa spaventarci, lasciarci attoniti e non preparati è ingiustificabile  il fregarsene o il riprendere semplicemente con un telefonino la scena, senza cercar di attirare l’attenzione o intervenire”.

Non vogliamo credere che siamo arrivati al punto di lasciarci scivolare addosso questo “non intervengo perché non mi riguarda” o “devono intervenire altri, ad esempio le forze dell’ordine” . 

Non cerchiamo giustificazioni, siamo tutti un po’ colpevoli per una società sempre più incentrata al risentimento e all’indifferenza.

Unico antidoto è imparare e insegnare nel quotidiano ad amarci e ritrovarci in uno scambio vicendevole di conoscenze e aiuti, perché nessuno rimanga indietro e quando qualcuno dei nostri simili cade ci sia solo una mano pronta a rialzarlo. 

Certo è difficile, ma possiamo e dobbiamo cambiare una situazione che ormai è ripetitiva in tanti fatti sparsi qua e là in Italia e soprattutto per evitare che ci si renda conto solo quando il peggio è avvenuto del male che abbiamo provocato. 

Anche noi cattolici dovremmo riflettere di più sui risultati della nostra iniziazione cristiana, sull’indifferenza come morbo che ha colpito anche le nostre comunità. 

“Fratelli tutti” continua a ripetere Papa Francesco, non solo nelle celebrazioni e fra di noi, ma soprattutto là dove la vita accade, dove rischiano di guastarsi le relazioni, dove le famiglie fanno più fatica.