Leggende bergamasche. Storie di fantasmi in Valle Seriana

Fantasmi val seriana

Verso la fine del Settecento, in un imprecisato paese dell’alta Valle Seriana, si verificò un fatto che è sempre stato riferito come autentico. Lasciamo giudicare ai lettori.

Un sacerdote, inviato dal vescovo in quel paese per tenervi un ciclo di predicazioni in occasione della Quaresima, fu accolto con una certa freddezza dal parroco del luogo che non era stato nemmeno avvertito dell’arrivo del predicatore.

Costretto comunque a far buon viso, il parroco ospitò il confratello come si confaceva e la sera stessa lo presentò ai parrocchiani, radunati in chiesa per la sacre funzioni, ma dentro di sé mise in atto una ritorsione assai maligna e del tutto indegna di un uomo del Signore.

Per la notte assegnò all’ospite una camera situata in una casa poco distante dalla canonica, appartenente a certe persone che erano emigrate da tempo e lasciata in custodia alla parrocchia.

Strani rumori e una notte da incubo

Per il povero predicatore quella non fu proprio una notte tranquilla, perché era notorio che in quella casa “ci si sentiva!”. Infatti fu un continuo susseguirsi di urla, lamenti, corse, agitare di catene, sbattere di porte, tanto che al risveglio, se così si può dire, dal momento che non aveva chiuso occhio, il prete si trovò in un uno stato da far paura.

Ciononostante, non accennò minimamente al parroco di quello che gli era capitato e l’altro, per quanto assai curioso di sapere come era andata, non osò porre domande.

La giornata andò avanti secondo il programma prestabilito e ad ogni messa il predicatore rivolse dal pulpito ai fedeli parole ricche di significato religioso e morale, anche se di tanto in tanto se ne usciva in un largo sbadiglio.

Arrivò la sera e, suo malgrado, il sacerdote dovette affrontare un’altra notte da incubo. Questa volta, però, pensò bene di premunirsi con la preghiera. 

E puntuale, verso mezzanotte, ripresero i rumori e le scorribande su e giù per le scale. A un certo punto l’uscio della camera rimbombò di un potente colpo assestato dall’esterno, allora il predicatore, facendosi il segno della croce, chiese ad alta voce: “Chi è a quest’ora? Venga avanti, in nome di Dio”.

Una misteriosa richiesta d’aiuto

E la porta si aprì, lentamente, cigolando da far spavento, poi illuminato appena dalla fiammella della lucerna posta sul tavolino della camera, apparve il fantasma di un vecchio dalla lunga barba bianca e dagli occhi spenti. Quell’essere senza tempo si avvicinò al sacerdote e poi si voltò lentamente, come per accennare ad altri di farsi avanti. Ed ecco arrivare un altro fantasma, una vecchia orribile a vedersi, gobba e senza denti, con i radi capelli canuti abbandonati sulle spalle, e dietro di lei un giovane che sembrava in condizioni un po’ migliori degli altri due.

“Ecco – fece il vecchio rivolgendosi al sacerdote con una voce d’oltretomba – questa casa un tempo era della chiesa, ma io e mia moglie riuscimmo con l’imbroglio ad impossessarcene e a passarla poi in eredità a nostro figlio. Per questo siamo stati condannati a rimanere in Purgatorio fino a quando la casa non sarà restituita a pieno titolo alla parrocchia. Affidiamo a te questo compito”.

Il predicatore, promise, tutto tremante, che avrebbe fatto il possibile per aiutarli, allora i tre fantasmi svanirono e da quel momento la casa rimase in perfetto silenzio.

La mamma e il bambino nella baita di Valgoglio

Ai morti che ritornano è dedicata anche questa storia che si racconta a Valgoglio.

Una volta un cacciatore, sorpreso dalla notte sulle montagne della vallata, trovò riparo nella cascina di un alpeggio.

Mentre cercava di prendere sonno, sentì che la porta si apriva lentamente e poi vide entrare nella baita una donna con in braccio un bambino. Quasi impietrito dallo stupore per l’imprevista apparizione, l’uomo si avvide che la donna gli si avvicinava e faceva cenno di porgergli il bambino. Allora indietreggiò, ma lei insisteva, con occhi supplichevoli, a tendergli la creatura.

Il cacciatore indietreggiò ancora di più, finché arrivò vicino a una finestra, l’aprì, uscì dalla baita e scappò via correndo all’impazzata.

Arrivato in paese raccontò l’accaduto al parroco il quale ipotizzò che si trattasse di una donna scomparsa l’estate precedente mentre si trovava in montagna, assieme al suo bambino appena nato e non ancora battezzato.

Allora il sacerdote invitò il cacciatore a tornare in quella baita, raccomandandogli che se la donna si fosse ripresentata avrebbe dovuto battezzare il neonato. 

Il cacciatore, benché a malincuore, accettò di tornare in montagna, portando con sé alcuni oggetti che gli erano stati consegnati dal parroco: un crocifisso, un secchiello con l’acqua benedetta, due candele e… un gatto soriano, come estrema protezione di fronte all’eventuale presenza di uno spirito ostile.

Dopo la mezzanotte la donna tornò e, come la sera precedente, fece l’atto di offrire il suo bambino al cacciatore il quale, seguendo le indicazioni del parroco, lo prese tra le sue braccia e lo battezzò.

Poi restituì il piccolo alla mamma che emise un sospiro di sollievo e, prima di svanire nel buio della notte, esclamò: “Adesso finalmente potremo essere accolti tutti e due in Paradiso!”.

Disegno di  Arianna Palazzi