Borgo Santa Caterina, il vescovo: “Nessuno si senta abbandonato nella nostra città”

«Nessuno si senta orfano, solo o abbandonato nella nostra città. La Chiesa non esclude nessuno e alimenta nella nostra città i valori e la speranza».

È stato il messaggio lanciato dal vescovo Francesco Beschi al termine della tradizionale processione serale di giovedì 18 agosto, che ha concluso le celebrazioni del 420° anniversario dell’Apparizione nel santuario dell’Addolorata in Borgo Santa Caterina.

L’evento prodigioso accadde il 18 agosto 1602, quando i raggi di una stella apparsa in cielo a mezzogiorno reintegrarono un affresco deteriorato dell’Addolorata dipinto sul muro di una casa. È conservato sull’altare maggiore e da quel giorno non ha mai avuto bisogno di restauri.

Come non accadeva dalla fine degli anni Novanta, la festa dell’Apparizione di quest’anno è stata caratterizzata dall’alternarsi di pioggia e sereno. Nonostante ciò, l’afflusso dei fedeli è stato costante. Infatti, quella dell’Apparizione è una festa che è patrimonio religioso, culturale e civico dell’intera città.

Una festa antica che ha sempre qualcosa di nuovo, che ha un cuore popolare di fede, devozione e tradizioni che continua ad affascinare: l’enorme afflusso dì fedeli alle Messe, le preghiere e l’accensione di un cero per affidare all’Addolorata dolori e speranze, le benedizioni davanti al simulacro dell’Addolorata, il concerto, il tradizionale omaggio floreale dei vigili del fuoco alla colonna dell’Addolorata, le bancarelle, la cena serale sul sagrato, lo spettacolo pirotecnico al Gewiss stadio, l’Angelus recitato dal prevosto monsignor Pasquale Pezzoli davanti all’immagine mariana.

LA MESSA DEL VESCOVO

Nel tardo pomeriggio la Messa solenne presieduta dal vescovo Francesco Beschi, con l’omelia incentrata su una certezza per i cristiani: Maria Addolorata è accanto a ogni sofferenza. «Maria è stata presso la Croce e resta presso ogni dolore.

Come Maria, consegnataci come Madre dal Figlio, ogni madre che perde un figlio porta ferite che sembrano non rimarginarsi». Il vescovo si è detto molto vicino ai malati, ai sofferenti e alle tante persone che, durante l’intero anno, giungono a pregare nel santuario. «È un luogo che raccoglie le loro storie di dolori, fatiche e speranze, ma certi della confidenza di Maria».

IL MESSAGGIO ALLA CITTA’

La sera, dopo i Vespri solenni, ha preso il via la lunga processione con il bellissimo simulacro seicentesco dell’Addolorata. Presenti anche il sindaco Giorgio Gori, il vicepresidente della Provincia Matteo Macoli e il sindaco di Pedrengo Simona D’Alba, paese legato al santuario per un voto emesso nel 1600 durante una pestilenza.

Due le soste: una davanti alla chiesa parrocchiale, un’altra davanti all’Accademia Carrara. «Maria — ha detto il vescovo davanti alla pinacoteca — è prodigio di bellezza. A Maria affidiamo il mondo dell’arte della nostra città».

Infine il ritorno sul sagrato per il tradizionale messaggio alla città. «Ho visto tante persone giovani, adulti, anziani e anche bambini — ha esordito il vescovo nelle riflessioni, compiacendosi per la folta partecipazione dei fedeli —.

Credo sia importante raccontare ai bambini ciò che ci è più caro, come la storia di questo borgo che fa parte della città e del segno straordinario qui accaduto. Raccontare questa storia significa alimentare la speranza, soprattutto nei giovani che faticano a credere, ma hanno il cuore aperto. Abbiamo portato l’Addolorata per la strada, evocando qualcosa di intensamente umano e vero».

Monsignor Beschi ha quindi accennato agli ultimi due anni terribilmente segnati dal covid. «Penso al dolore di tante madri che non hanno potuto abbracciare i loro cari e così pure i figli con i loro genitori. Anche queste sono immagini di Maria Addolorata, una Madre che ci è stata affidata e che ispira la nostra vita e quella della nostra città». Infine un forte appello rivolto alla città e alla Chiesa cittadina.

«Maria ci è stata affidata come Madre di tutti. L’orfanezza non è soltanto rimanere orfani di padre e madre, ma è anche sentirsi abbandonati, nella solitudine o sentirsi nulla. Nessuno si senta orfano o abbandonato nella nostra città. E la Chiesa vuole accogliere tutti, senza escludere nessuno, alimentando con la sua presenza nella città questi valori insieme alla speranza».