Verso il voto, suor Chiara: “Giovani, siete chiamati a una formazione politica seria e alla partecipazione attiva”

Buongiorno suor Chiara. Alla fine di settembre dovremo andare a votare. Ascoltando le persone che conosco parlare di politica, ho l’impressione che molti non riescano ad andare al di là di slogan molto superficiali. Ho 19 anni e voterò per la prima volta, ma sono incerto se andarci o no, perché non riesco a trovare nessuno che incarni il mio desiderio di valori e di un mondo più giusto. Ne abbiamo parlato anche all’oratorio con il don, e sono nate tante domande e poche risposte. Come affrontare la politica da cattolici? Come esprimere un atteggiamento fedele al Vangelo anche in quest’ambito? Mi scuso per la domanda difficile, ma mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensa.
Alessandro

Caro Alessandro, certamente siamo in un momento storico difficile per il nostro paese, e non solo per il nostro, nel quale gli eventi minano la fiducia nelle persone che ci governano e nei programmi dei partiti.

In questo tempo nel quale era necessario lavorare tutti uniti per ricostruire la stabilità del paese, ritrovarsi di nuovo alle elezioni genera smarrimento, delusione e sfiducia nella nostra classe politica. Votare è un diritto e anche un dovere, un segno di responsabilità per esprimere le proprie convinzioni e il proprio contributo nella costruzione del paese. Come credenti forse siamo stati un po’ mancanti nel mondo politico, o meglio forse poco incisivi.

Percepire la politica come un’alta forma di carità

Mi chiedo quanti giovani credenti percepiscono la politica come un’alta forma di carità, come la definì papa paolo VI, e come si impegnino in una formazione politica seria e in una partecipazione attiva sul territorio? Forse come credenti dovremmo porci delle domande sulle nostre presenze e sulle nostre responsabilità nei luoghi decisionali, là dove si pensa e si decide il vivere civile, la costruzione della città degli uomini!

Non mi sembra il tempo di un’appartenenza a un partito politico che si rifaccia esplicitamente ai valori evangelici, ma di essere lievito nella pasta del mondo, donne e uomini credenti, credibili e affidabili appassionati della vita del paese. È necessario testimoniare i valori cristiani non semplicemente utilizzando simboli religiosi o un linguaggio che ha parvenza di fede, ma una vita e un pensiero che si rifanno veramente al Vangelo.

La Chiesa è la più grande rete sociale nel paese

Come affermava Andrea Riccardi: “La Chiesa è la più grande rete sociale nel paese. Lo si è visto durante il Covid e nei momenti di faticosa coesione sociale. C’è in Italia una Chiesa del fare, del credere, del pregare, dell’intreccio di legami sociali, che è ancora una risorsa civile di valore. Tuttavia questa realtà ha bisogno di trovare parole e linguaggio per incrociare un discorso pubblico, dare voce a esperienze e sentimenti che vivono al suo interno.

Non si tratta di tornare agli «anni dell’onnipotenza», come li definiva un protagonista del movimento cattolico, quanto di esprimere le dimensioni della propria realtà e responsabilità. Infatti vive ancora oggi, nel mondo dei cristiani italiani, un approccio concreto serio, impegnativo, che ha molto da dire alla volatilità del linguaggio della politica, acuito in campagna elettorale e che ha stancato tanti italiani, come purtroppo ha mostrato l’astensionismo”.

Forse è venuto il tempo di una presenza seria e testimoniale che paga di persona negli ambienti in cui il potere e il prestigio di singoli e gruppi determinano le scelte a scapito del bene comune e delle categorie delle fasce sociali più deboli e fragili. Occorre mettersi in gioco e riscoprire la vocazione in questo servizio prezioso. Caro Alessandro, tu che sei giovane, prova a interrogarti e a chiederti se non potresti formarti per metterti a disposizione in questo servizio importante per la comunità e il paese? Nel tuo oratorio quali dei tuoi amici e amiche potrebbero accogliere con te questa sfida? Noi vi ricordiamo e accompagniamo nella preghiera.