Il villaggio operaio di Crespi d’Adda nel romanzo di Alessandra Selmi. “Un sogno realizzato”

Crespi d’Adda, frazione del comune italiano di Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo, contiene in sé un gioiello prezioso, il villaggio operaio meglio conservato d’Europa, su una superficie di oltre 85 ettari, fondato nel 1877 da Cristoforo Benigno Crespi (Busto Arsizio, 18 ottobre 1833 – Milano, 5 gennaio 1920) accanto alla sua industria tessile all’avanguardia, nata nel pieno della rivoluzione industriale e dal 1995 iscritto nella lista UNESCO dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità. 

Alessandra Selmi nel romanzo “Al di qua del fiume. Il sogno della famiglia Crespi” (Editrice Nord 2022, pp. 496, 19,00 euro), racconta, in un emozionante affresco storico, come la visione di un uomo sia diventata realtà.

Ancora oggi tutte le case del Villaggio sono abitate da una comunità composta in maggioranza dai discendenti dei lavoratori originari della storica fabbrica tessile. 

Per prenotare una visita guidata: www.crespidadda.it 

Per rievocare la storia e il sogno di un uomo illuminato e profetico, abbiamo intervistato Alessandra Selmi, titolare dell’agenzia letteraria Lorem Ipsum, dove si occupa di scouting e editing, e insegna Scrittura editoriale nell’ambito dei master dell’Università̀ Cattolica di Milano.

“Da quanto coltiva questo sogno?”.

«Da tutta la vita, come si confà a ogni grande sogno».

“Dateci i soldi e lasciateci giocare”. Per quale motivo come esergo del volume ha scelto una frase di Peter Medawar, Premio Nobel per la Medicina 1960?

«Perché è, credo, una buona sintesi di come pensano i sognatori. Da un lato, c’è sempre la necessità di dover fare i conti con le possibilità economiche: senza i soldi, ahinoi, non si possono svolgere ricerche scientifiche, non si può costruire un villaggio operaio, non si può pubblicare un libro. Dall’altro, però, quello che interessa ai sognatori è giocare: il lavoro, del resto, è il gioco degli adulti. E l’unico modo per farlo bene è divertendosi».

Quali erano le origini del “sciur” Crespi?

«Cristoforo Benigno Crespi era figlio di Antonio Crespi, detto Toni; il padre di questi, Benigno, ai primi dell’Ottocento fonda la ditta che ne porta il nome. Da generazioni, dunque, la famiglia del nostro sciur Crespi, originaria di Busto Arsizio, in provincia di Varese, si guadagnava da vivere tingendo pezze e rivendendole per le piazze del settentrione. Per questo i Crespi di Busto Arsizio erano detti “Tengitt”, cioè tintori. Erano benestanti, ma non ricchi».

Quel terreno selvaggio e circondato da tre confini naturali: il corpo sinuoso del fiume Adda, il Brembo e il Fosso Bergamasco, per Cristoforo Crespi appare il luogo perfetto per fondare il villaggio operaio di Crespi d’Adda. Una città ideale finora mai costruita in Italia, che si trasforma in realtà per l’imprenditore tessile dallo sguardo lungo? 

«Non eravamo con Cristoforo quando, per la prima volta, adocchiò questo terreno e dunque possiamo fare solo delle supposizioni sulla base delle informazioni in nostro possesso. Sappiamo per certo che questo triangolo di terra, suddiviso tra diversi proprietari, era considerato di scarso valore; Cristoforo deve aver intuito che acquistarlo doveva essere economicamente vantaggioso. Poi c’era acqua in abbondanza, un elemento indispensabile nell’Ottocento per avviare una fabbrica: la forza del fiume avrebbe fatto ruotare delle turbine, che avrebbero mosso le macchine. E Cristoforo, che aveva esperienza in fatto di cotonifici, deve aver capito subito l’importanza strategica di questo posto. Era un uomo molto astuto: non dimentichiamo che le prime ricchezze le accumula speculando sul prezzo del cotone, sfruttando le oscillazioni dei prezzi dovute alla Guerra di Secessione americana».

Il romanzo è dedicato “Alle mie radici dolorose e al rigoglioso giardino che hanno generato”. Ce ne vuole parlare?

«In ognuno di noi c’è un giardino nascosto le cui radici attingono a esperienze personali, intime, talvolta anche dolorose: ricordi, legami, riti di passaggio, desideri, affetti, emozioni… È in questo terreno ricchissimo che, quando scriviamo – coscientemente o meno – intingiamo la penna. Sfogliando le pagine di un romanzo, il lettore schiude il cancelletto che porta a questo giardino e ne assaggia i frutti».

Per la stesura della trama è stato importante anche il supporto dell’Associazione culturale Crespi d’Adda?

«Importantissimo. L’Associazione lavora in modo egregio per tenere viva la memoria di questo luogo e per valorizzarne la storia, avviando anche progetti di ampio respiro internazionale. Le persone che vi collaborano, spinte da senso civico e amore per il proprio territorio, vi si dedicano con spirito di sacrificio e professionalità. Oltre a materiale documentale e fotografico di impareggiabile valore, hanno messo a mia disposizione le loro cose più preziose: tempo, passione ed esperienza. Senza di loro il romanzo non avrebbe potuto vedere la luce».

  1. Lo scorso settembre ho visitato Crespi d’Adda e Trezzo sull’Adda con un viaggio organizzato. E’ stato veramente interessante e sorprendente.
    Ho poi saputo che era appena uscito un libro che parlava appunto di questo importante sito , del ‘sogno’ di Cristoforo Benigno Crespi, industriale illuminato e all’avanguardia.
    Leggendo il libro rivedevo i luoghi da poco visitati e mi pareva di risentire le spiegazioni della brava guida che ci ha accompagnato.
    Complimenti all’autrice del libro.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *