Leggende bergamasche: il prete della valle di Poscante

Ai viandanti che di notte, e soli, risalivano la buia valle di Poscante per far ritorno alle loro case, capitava talvolta di imbattersi in misteriose presenze, alla cui vista erano assaliti da brividi di paura, per non dire di panico, specie se sulla loro coscienza gravavano le inquietudini di qualche conto da rendere alla giustizia umana o, ancora peggio, a quella divina.

Allora la strada comunale che da Zogno portava a Poscante era solo una mulattiera che si snodava all’interno di un fitto bosco e lungo il suo percorso si incontravano tre tribuline, luogo consueto per una sosta e una breve preghiera da parte dei viandanti stanchi per la salita, affrontata spesso con pesanti carichi sulle spalle.

Lungo questa strada saliva, una tarda sera d’autunno, un anziano poscantese; malgrado l’età, ogni volta che affrontava questo percorso al buio non poteva fare a meno di essere pervaso da una sottile inquietudine che gli dava un certo affanno e lo invogliava ad allungare il passo per raggiungere in fretta il paese.

Un prete assorto in una preghiera silenziosa

Anche quella sera, malgrado facesse appello alla sua ragionevolezza, il buon uomo non riusciva a scacciare quel senso di ansia che lo aveva assalito non appena era entrato nell’oscurità del bosco; il suo disagio era anzi accresciuto da una leggera foschia che improvvisamente aveva avvolto la valle e che lo indusse a stringersi ancor di più nel nero e consunto tabarro che gli copriva le spalle.

Giunto all’altezza della prima tribulina, intravide, non senza stupore, una nera figura inginocchiata davanti all’immagine sacra: gli parve un prete che pregava a bassa voce, ma non lo riconobbe, poiché gli volgeva le spalle.

Gli si avvicinò, gli rivolse il saluto, ma non ottenne risposta.

Il vecchio riprese il cammino, più inquieto che mai e, percorso un altro tratto di strada, raggiunse la seconda tribulina. Qui si ripeté la scena: il prete di prima era in ginocchio, assorto in preghiera, e anche questa volta non rispose al saluto del viandante.

Quella misteriosa lettera per il parroco di Poscante

Costui riprese allora la sua strada, ma allorché fu in vista della terza tribulina venne avvolto da una nebbia così fitta che gli fu impossibile proseguire. Una raffica di vento pungente gli slacciò il tabarro e lo stormire delle fronde gli fece correre un brivido freddo lungo la schiena.

Il prete era di nuovo lì, immobile, avvolto nella sua nera tonaca, intento a recitare lamentose litanie.

Il nostro uomo si fermò. Il cuore gli batteva forte e dalla fronte gli scendevano fredde gocce di sudore.

Si fece coraggio e si avvicinò alla forma spettrale che finalmente si voltò, allora non poté trattenere un grido di terrore nel trovarsi di fronte ad uno scheletro.

Lentamente la macabra figura si alzò, consegnò al vecchio una lettera sgualcita e poi svanì nella nebbia, senza una parola.

Il vecchio vide che la lettera era indirizzata al parroco di Poscante e corse trafelato a portargliela.

Il parroco aprì la busta e vide all’interno un foglio bianco su cui improvvisamente apparvero delle parole; dopo che il sacerdote le ebbe lette, il foglio ritornò subito bianco.

Il vecchio era ancora tutto spaventato, ma il parroco lo tranquillizzò, spiegandogli che lo scheletro da lui visto lungo la strada era quello di un sacerdote che aveva bisogno di preghiere e di opere buone, per se stesso e per tutti i morti del paese.

Disegno di Chiara Donadoni