Papa Francesco e quella “utopia” di eliminare le diseguaglianze. Suor Chiara: ognuno può fare la sua parte

Papa Francesco nei giorni scorsi ha partecipato all’incontro dei giovani di The economy of Francesco, che si impegnano per un’economia alternativa, e al Congresso Eucaristico di Matera. Parla sempre della necessità di ridurre le diseguaglianze. Ma suor Chiara io mi chiedo: non è in realtà un’utopia? Basta essere attenti ai poveri e compiere gesti di carità per realizzare questo proposito del Papa?
Maria Chiara

L’appello di papa Francesco non ammette più ritardi, cara Maria Chiara; anche convocando i giovani economisti nella città umbra, egli spera di sollecitare a cambiare il sistema enorme e complesso dell’economia mondiale, partendo da una visione nuova dell’ambiente e della terra. «Sono tante – egli dice a quei giovani- le persone, le imprese e le istituzioni che stanno operando una conversione ecologica.

Bisogna andare avanti su questa strada, e fare di più. Questo “di più” voi lo state facendo e lo state chiedendo a tutti. Non basta fare il maquillage, bisogna mettere in discussione il modello di sviluppo». Il vescovo di Roma, inoltre, afferma che la situazione è tale che non ammette ritardi poiché la terra brucia oggi, ed è oggi che dobbiamo cambiare, a tutti i livelli. 

L’invito a impegnarsi concretamente

Anche a Matera il pontefice invita ad impegnarsi concretamente, rifiutando la cultura dello scarto, del consumismo, del benessere di pochi: «Le ingiustizie, le disparità, le risorse della terra distribuite in modo iniquo, i soprusi dei potenti nei confronti dei deboli, l’indifferenza verso il grido dei poveri, l’abisso che ogni giorno scaviamo generando emarginazione, non possono lasciarci indifferenti». 

Osservando la complessità di tali problematiche nasce, quasi spontaneamente, l’interrogativo: “Non è, in realtà, un’utopia?”. La domanda è seria e merita attenzione.

Innanzitutto è indispensabile tenere presente che “l’ideale” è sempre più grande e più distante dalla realtà, per questo ha il potere di orientare le scelte concrete di ogni giorno. In altre parole, l’ideale, come il sogno, è capace di entusiasmare e di mettere in movimento.

Egli affascina il cuore, fa nascere il desiderio, muove la volontà aiutando a compiere i piccoli passi possibili. “Quando un giovane vede in un altro giovane la sua stessa chiamata, e poi questa esperienza si ripete con centinaia, migliaia di altri giovani, – ha detto il vescovo di Roma – allora diventano possibili cose grandi, persino sperare di cambiare un sistema enorme e complesso come l’economia mondiale. Voi giovani, con l’aiuto di Dio, lo sapete fare, lo potete fare; i giovani l’hanno fatto altre volte nel corso della storia”. 

Le idee devono tradursi in realtà

Sappiamo bene come tutto questo non sia affar di poco conto, né di un solo giorno; tuttavia desiderarlo può avviare processi di cambiamento. L’ideale lasciato a sé stesso, però, diviene una trappola pericolosa: «Le idee sono necessarie, ci attraggono molto soprattutto da giovani, ma possono trasformarsi in trappole se non diventano “carne”, cioè concretezza, impegno quotidiano. – ha detto ai giovani economisti – Le idee sole si ammalano. (…) La Chiesa ha sempre respinto la tentazione gnostica, che pensa di cambiare il mondo solo con una diversa conoscenza, senza la fatica della carne». 

L’invito di Francesco è a incarnare il sogno in scelte operative, nelle quali sporcare le proprie mani. In altre parole, egli evidenzia che gli ideali e i sogni devono tradursi in opere concrete e che insieme al cuore e alla testa è necessario usare anche le mani. Da dove cominciare, allora? I massimi sistemi sono chiamati ad individuare e pensare scelte alternative, ma insieme a loro anche noi possiamo fare qualcosa di significativo: “Se molta gente di poco conto, in molti luoghi di poco conto, facesse cose di poco conto, la faccia della terra potrebbe cambiare”, recita una massima di Roal Folleraul.

Allora, continuiamo a seminare a piene mani semi di carità, di bontà, di solidarietà e di inclusione, partendo proprio dalle piccole e banali scelte quotidiane, certe che il rinnovamento globale ha inizio proprio da noi stessi e dalla nostra disponibilità fattiva a compiere piccoli passi possibili.