Jacopo Veneziani inaugura il progetto “Le vie del sacro”: «Rendete giustizia agli artisti del passato»

Quaranta giovani bergamaschi intraprendenti, che hanno cuore e passione per l’arte, si metteranno in gioco per raccontare con competenza e inediti sguardi i tesori dell’arte religiosa. Questo è «Le vie del Sacro», il progetto presentato nella serata di venerdì 30 settembre in Basilica Santa Maria Maggiore, a Bergamo, intitolata «Il mare in un bicchiere».

«Nella Bergamasca, per noi non esiste un luogo senza una chiesa; questa sera brulica di tante persone ed è in questo momento che ci sembra di cogliere tutta l’esperienza umana, in una “casa” dove è raccontata una storia di fede lunga duemila anni», dice don Fabrizio Rigamonti, Direttore Ufficio Beni Culturali della Curia di Bergamo.

«Partendo da pensieri e sentimenti quotidiani la Diocesi di Bergamo ha provato a costruire questo progetto – prosegue don Rigamonti – che inauguriamo questa sera e ringrazio il dottor Fabio Bombardieri, della Misericordia Maggiore MIA, per l’ospitalità. Con Fondazione Adriano Bernareggi abbiamo sviluppato l’idea di poter generare, con alcuni giovani della nostra terra, un’accoglienza nelle nostre chiese, in occasione di quell’anno speciale che sarà, per noi, la Capitale Italiana della Cultura 2023 che ci unisce alla città e alla Diocesi di Brescia; vorremmo che fosse per questi ragazzi un percorso professionale e umano, di crescita di competenze, con un riconoscimento anche economico perché l’impegno sarà consistente lungo i mesi del prossimo anno».

don Fabrizio Rigamonti, Direttore Ufficio Beni Culturali della Curia di Bergamo

«Sono felice questa sera perché è il primo appuntamento su un progetto della Capitale della Cultura 2023 e il fatto che questo primo progetto veda la presenza di giovani ha un significato bellissimo e ci incoraggia a credere in voi», afferma Nadia Ghisalberti, Assessora alla Cultura del Comune di Bergamo. «Per noi è un grande valore – continua l’assessora Ghisalberti – che stiate partecipando come protagonisti, nell’idea di crescere insieme nell’unità e nella collaborazione, di queste due città, Bergamo e Brescia, con un progetto che lascerà in eredità giovani formati, con competenze e capacità professionali e usciranno arricchiti con maggiori strumenti per affrontare questa contemporaneità».

Nadia Ghisalberti, Assessora alla Cultura del Comune di Bergamo

Entusiasta anche Giovanni Berera, Coordinatore dei Dipartimenti Educativi di Fondazione Adriano Bernareggi e del progetto «Le vie del Sacro»: «È una grande gioia vedere questa grande basilica così piena di persone che hanno a cuore e hanno passione per l’arte. I due fuochi de Le vie del sacro sono il patrimonio artistico, quello custodito e diffuso in ogni angolo della nostra diocesi, nelle chiese, nei monasteri, nei musei e i giovani ai quali chiederemo sguardi nuovi, visioni nuove, parole nuove per raccontare un tesoro antico».

In quest’occasione, è stato ospitato, in qualità di primo testimonial nella divulgazione storico artistica, Jacopo Veneziani, classe 1994, dottorando di ricerca in Storia dell’Arte Moderna alla Sorbona di Parigi, docente allo IULM di Milano e volto e autore della rubrica nel programma Le parole della settimana di Massimiliano Gramellini su Rai Tre.

Jacopo Veneziani, giovane storico dell’arte e divulgatore

«Quando mi ha contattato la Fondazione Bernareggi, stavo rileggendo alcuni testi di Italo Calvino e ho pensato di “rubare” l’espressione Il mare in un bicchiere da una sua intervista, perché parlare di arte è un po’ la stessa cosa: si prende una determinata materia prima, l’arte, la si scolpisce, la si modella per farla entrare in uno spazio limitato, che può essere un libro,  un programma televisivo, una visita guidata», introduce Jacopo Veneziani.

Di fatto, la divulgazione deve essere un lavoro di confezionamento che, al tempo stesso, «deve saper affamare, stimolare l’appetito e non deve essere esaustiva; come fa il nostro caro Alberto Angela che riesce sempre a muovere i flussi turistici verso i luoghi in cui va perché non ci svela tutto ma ci dà alcune informazioni, stimolando la nostra curiosità», spiega Jacopo Veneziani.

Durante la serata, il giovane divulgatore e storico dell’arte ha portato alcuni esempi di opere d’arte famose per fornire una serie di suggerimenti e consigli rivolti sia ai partecipanti del progetto «Le vie del Sacro» sia ai futuri visitatori.

«Mi sono appassionato alla storia dell’arte, grazie a un’intera ora di lezione che la mia professoressa del liceo aveva dedicato al dipinto Gli Ambasciatori di Hans Holbein Il Giovane e lo condivido con voi (1533, olio su tavola e conservato al National Gallery di Londra)», dice Jacopo Veneziani.

Gli Ambasciatori di Hans Holbein Il Giovane (1533, olio su tavola e conservato al National Gallery di Londra) .

«Questo dipinto, che sembra regolare e tradizionale, è un vero proprio parco giochi per lo sguardo perché, più i minuti passavano, più le parole della mia professoressa parlavano di decine di storie e di dettagli: a cominciare dall’identità dei due ambasciatori, ovvero Jean de Dinteville (a sinistra) e Georges de Selve (a destra), la cui età è rispettivamente di 29 e 25 anni e dagli oggetti raffigurati che richiamano la musica, la geografia, la matematica, la religione e l’osservazione del sole», precisa Jacopo Veneziani.
Un aspetto è il contesto storico in cui si incontrano i due ambasciatori ritratti: «Ci troviamo negli anni ’30 del Cinquecento, quando l’Europa stava affrontando lo scisma anglicano e l’imminente minaccia dell’esercito ottomano – prosegue Jacopo Veneziani – ; i due amici ambasciatori hanno uno sguardo inquieto perché si trovano appunto ad affrontare un tempo agitato, di forti tensioni politiche e religiose e lo intuiamo grazie a un mappamondo rovesciato che richiama un mondo sottosopra e una nota spezzata che simboleggia la disarmonia». Mentre, «nella parte bassa del dipinto c’è un’apparente macchia bianca ma che se si volge lo sguardo sbieco, verso destra, rappresenta un teschio perché – sottolinea Jacopo Veneziani – il pittore Holbein vuole dire ai due ambasciatori che, prima o poi, lasceranno questo mondo complicato da esseri mortali e, dall’altra parte, invita, per questo, a cambiare prospettiva e a rivolgersi a Dio grazie al crocifisso d’argento, presente in alto a sinistra, dietro al tendaggio broccato verde».

«Quindi, la prima missione dei divulgatori è di lanciarsi con le storie che sono racchiuse nei dettagli dell’opera d’arte perché con essi è possibile viaggiare nel tempo e conoscere quando l’opera è stata realizzata e le scelte estetiche dell’artista», afferma Jacopo Veneziani rivolgendosi ai partecipanti de «Le vie del Sacro». E per i visitatori, Jacopo Veneziani elenca alcuni suggerimenti tratti dal libro Slow Looking di Shari Tishman: «Mettiti comodo e trova un posto che ti dia una buona visione dell’opera; sentiti libero di stare in piedi o di muoverti intorno all’opera d’arte; sii paziente; presta attenzione alle tue prime impressioni; torna a osservare la stessa opera in un giorno diverso».

Un altro suggerimento che Jacopo Veneziani dà agli aspiranti divulgatori è: «evitare di essere didascalico nella descrizione dell’opera ma di portare il visitatore oltre il visibile». Per spiegare questa tecnica è stato preso in esame il dipinto di Van Eyck Ritratto dei coniugi Arnolfini del 1434. Questo dipinto rappresenta due figure, in piedi, nella loro camera matrimoniale e sono vestiti con abiti pesanti: il mercante di Lucca Giovanni Arnolfini che tiene per mano la donna amata. In questo dipinto i dettagli diventano delle contraddizioni: il primo si intravede all’esterno della finestra ovvero è un ciliegio che non cresce in una stagione invernale e il secondo è una sola candela accesa sul lampadario al centro della stanza. «L’albero di ciliegio è una licenza poetica e la candela accesa sta a significare che la donna, che tiene per mano il mercante, è il fantasma della moglie defunta», svela Jacopo Veneziani.

Ritratto dei coniugi Arnolfini del 1434 di Van Eyck

Successivamente, il giovane storico e divulgatore dell’arte illustra due concetti tratti dal libro La camera chiara di Roland Barthes: lo studium e il punctum. Lo studium è il contenuto della foto, ovvero gli elementi che la compongono, mentre il punctum è ciò che coinvolge o interpella sul piano personale il visitatore. Per ampliare il termine punctum, Jacopo mostra tre dipinti: Morte di san Francesco di Giotto, Deposizione della Croce di Rosso Fiorentino e Ritratto del Cardinale Filippo Archinto di Tiziano Vecellio. In questi tre dipinti Jacopo svela alcuni elementi: «nell’assunzione di San Francesco, la storica dell’arte Chiara Frugoni ha divulgato la presenza nella nuvola grigia del diavolo; per quanto riguarda la Deposizione della Croce di Rosso Fiorentino, secondo lo storico dell’arte Antionio Natali, il personaggio ritratto martoriato vuole incarnare il male atroce che lo stesso pittore ha subito»; invece, ne Il ritratto del cardinale Filippo Archinto, il volto e il corpo del cardinale sono celati da una tenda per via degli intralci politici che sopravvennero a oscurare la carriera dell’arcivescovo fino a portarlo all’allontanamento da Milano e all’esilio da Bergamo.

Nella seconda parte della serata, Jacopo Veneziani mostra alcuni dipinti di Lorenzo Lotto e si focalizza sulla Pala di Santo Spirito. Il quadro presenta al centro la Vergine con il Bambino con attorno quattro figure di santi. In posizione preminente Santa Caterina; accanto Sant’Agostino, a cui è dedicato l’altare che ospita la pala e la stessa chiesa retta dai canonici agostiniani; San Sebastiano che, delicatissimo, si toglie le frecce offrendole alla Madonna, riferimento diretto all’ospedale di San Sebastiano, adiacente al monastero di Santo Spirito; Sant’Antonio Abate che richiama l’omonima contrada dove si trova la chiesa. «Ecco, vedete come Lorenzo Lotto utilizza i santi per geolocalizzare dei luoghi ed è quello che dico a voi: far emergere il legame tra il patrimonio artistico con il luogo che lo conserva», precisa Jacopo Veneziani.

Pala di Santo Spirito di Lorenzo Lotto

Un altro stratagemma che lo storico dell’arte e divulgatore dà nel raccontare l’arte è usare la tematizzazione: «Creare accostamenti tra opere d’arte che apparentemente, non hanno nulla a che fare tra di loro ma ci dicono la stessa cosa e ci permettono di sbloccare nuove prospettive». A questo proposito, Jacopo Veneziani mette a confronto i quadri Trinità di Masaccio e Un taglio rosso di Lucio Fontana aggiungendo: «Entrambi squarciano la superficie sulla quale proiettano la propria creatività: Masaccio lo fa con la prospettiva e Fontana con la tela».

La serata si è conclusa con una moltitudine di applausi e le parole incoraggianti di Jacopo Veneziani: «ogni grande opera d’arte ha due facce, una è il passato e il presente dell’artista che cerca di comunicarsi agli uomini e l’altra è il futuro e voi comunicatori dell’arte avrete il compito di rendere giustizia agli artisti del passato per poterli comunicare al meglio al pubblico».