L’anniversario del Concilio. Melloni: “Ha dato il via a una rivoluzione nella Chiesa”

«Cari figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero; qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera – osservatela in alto! – a guardare a questo spettacolo. Vi è che noi chiudiamo una grande giornata di pace; di pace: “Gloria a Dio, e pace agli uomini di buona volontà” ». 

La sera dell’11 ottobre 1962, Papa Giovanni XXIII (Sotto il Monte, 25 novembre 1881 – Città del Vaticano, 3 giugno 1963), che aveva aperto quella mattina i lavori del Concilio Vaticano II, con questo messaggio spontaneo si rivolge “urbis et orbis” a una piazza San Pietro piena di fedeli. 

Sono trascorsi sessant’anni dall’apertura del Concilio e lo storico delle religioni Alberto Melloni, nel volume “Persino la luna. 11 ottobre 1962: Come papa Giovanni XXIII aprì il Concilio” (Utet 2022, pp. 151, 15,00 euro), ricorda quello storico giorno nel quale Papa Roncalli pronuncia due discorsi, tanto diversi quanto epocali. 

Il primo la mattina in San Pietro all’episcopato di tutto il mondo e agli osservatori delle altre Chiese, dove Roncalli chiarisce le ragioni del concilio che aveva voluto. 

Il secondo la sera, nonostante non fosse preventivato, a una piazza affollata per una fiaccolata di saluto, che ha segnato la storia del papato. 

Per rievocare quei momenti, che sono rimasti nel cuore di chi li ha vissuti e li ha raccontati alle giovani generazioni, abbiamo intervistato Alberto Melloni, una delle voci più autorevoli della ricerca storica sul cristianesimo, nato a Reggio Emilia nel 1959, professore ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università di Modena e Reggio Emilia, titolare della cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace dell’Università di Bologna, che fa parte dell’Accademia dei Lincei, ed è il primo italiano tra i Chief Scientific Advisor della Commissione Europea. 

  • Prof Melloni, quali obiettivi intendeva conseguire Giovanni XXIII con il Concilio? 

«L’idea del Concilio matura tra il 28 di ottobre del 1958 e il 20 di gennaio del 1959, Roncalli fa la sua proposta al Segretario di Stato che l’accetta e questo lo conforta a dirlo il 25 di gennaio. Papa Giovanni descriverà lui stesso l’idea di convocare un Concilio come un’ispirazione, che non vuol dire una cosa di carattere mistico, ma vuol dire far funzionare in una dimensione più generale quella che era stata sempre la sua cifra da cristiano e da prete, cioè quella dell’obbedienza. Quindi far funzionare l’obbedienza con un’obbedienza al Vangelo, che è fatto perché parli a tutte le generazioni. Quindi quello che a Roncalli premeva era di rendere il Vangelo eloquente, facendo sì che la Chiesa potesse incontrare il volto di Cristo». 

  • Come si era preparato Roncalli durante l’estate pre Concilio sapendo tra l’altro di essere malato? 

«Roncalli sapeva di essere un uomo molto anziano, aveva 77 anni era come averne oggi 92, sapeva che il suo papato sarebbe stato di transizione e non lungo. Il Papa si prepara leggendo i discorsi degli altri pontefici, soprattutto incomincia a prepararsi facendo come delle prove di quello che sarà il suo discorso. Roncalli tiene a far sapere che quel discorso di apertura del Concilio è un discorso suo, “tutta farina del suo sacco”, come dice Mons Capovilla salendo nell’appartamento papale dopo l’apertura del Concilio. L’11 ottobre Roncalli si prende tutta la libertà di dire che per ripetere le cose già dette non serve indire un Concilio. Roncalli usa la difficile parola “Pastorale” che ancora oggi molta parte della Chiesa fa fatica a digerire. C’è tutta una tradizione delle scuole che immagina che le cose importanti siano dogmatiche e le cose piccole siano pastorali. Ancora oggi c’è una serie di anatroccoli petulanti, i quali, credendo di difendere Papa Francesco dicono: “Papa Francesco non tocca la dottrina, tocca soltanto la Pastorale”. Roncalli vede la cosa esattamente rovesciata. Per Giovanni XXIII Pastorale vuol dire il modo di dire la verità, che è coerente con la verità medesima. Quindi quel modo di dire la verità su Gesù è coerente con la vita di Gesù in cui la Misericordia non è la tattica del marketing, ma un modo per rendere l’annuncio autentico».  

  • “Gaudet Mater Ecclesia”. L’allocuzione papale di apertura del Concilio dura 37 minuti e 40 secondi. Nel 1996 Giovanni Paolo II spiegò a un gruppo di storici che al Concilio i vescovi erano “entrati con una testa e una mitria; e quando erano usciti era uguale solo la mitria”. Che cosa voleva dire il pontefice polacco? 

«È l’esperienza di tutti i vescovi del Concilio Vaticano II, cioè l’esperienza di aver cambiato idea su moltissime cose. Aver cambiato idea per una ragione evangelica, per aver capito di più il Vangelo. Quando sta morendo Papa Giovanni XXIII viene accusato dai giornali della destra cattolica di aver favorito con la “Pacem in Terris” il Partito Comunista Italiano alle elezioni regionali siciliane. Il Pontefice commenta ironicamente: “Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”. Questa è l’esperienza che fanno i vescovi del Concilio, esperienza ormai esaurita, nel senso che oggi più nessun vescovo ha fatto quella esperienza e neanche i teologi del Concilio, di questi teologi è ancora vivo Ratzinger. Quindi quello che si rischia di fare è un approccio dottrinario, meccanicistico al Concilio Vaticano II, che aveva fatto uno sforzo di rendere la Chiesa più fedele al Vangelo stesso».

  • L’enorme portata epocale di quel Concilio dipese anche dalla sua capacità di anticipare i tempi? 

«Sì, la Chiesa radunata a Concilio per forza anticipa i tempi. Il Concilio Vaticano II è stata la più grande assemblea ma anche l’unica assemblea di pari mai adunata sul Pianeta Terra. Non c’è nessun’altra istanza nella quale parti diverse del mondo si siano rappresentate con la stessa forza e lo stesso vigore. È una cosa che ha permesso al cattolicesimo romano di ritrovare il vigore che gli serviva per attraversare quella fase della seconda parte del Novecento, che è stata così complessa e così turbolenta da molti punti di vista e alla fine di tutte queste turbolenze ci riconsegna, come ha detto Papa Francesco, per la prima volta a una situazione, quale la svolta atomica, cioè quella III Guerra Mondiale non più a capitoli, ma in una volta sola, che potrebbe davvero segnare la fine dell’umanità così come la conosciamo». 

  • La famosa frase pronunciata da Giovanni XXIII la sera dell’11 ottobre 1962, al termine della giornata di apertura del Concilio Vaticano II, nel discorso noto come “alla luna”: “Tornando a casa, date una carezza ai vostri bambini e dite questa è la carezza del Papa”. I nostri nonni e i nostri genitori ancora non lo sapevano, ma era davvero l’inizio di una rivoluzione nella Chiesa? 

«Era l’inizio di un grande cambiamento, l’inizio di una cosa nella quale chi vedeva più lungo di tutti era un vecchio papa bergamasco. Tutti ricordano questa frase che ha citato, ma le frasi importanti di quel discorso sono altre due. La prima è: “La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato Padre per la volontà di Nostro Signore, ma tutt’insieme, paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto, tutto!”. La seconda è: “Forse non finiremo di discutere tutto entro Natale. Forse bisognerà incontrarsi ancora”. Roncalli aveva capito e percepito che il tempo di cui il Concilio Vaticano II aveva bisogno, era il tempo che serviva per voltare pagina alla storia della Chiesa».