Missione non è “assistenzialismo”. Suor Chiara: “Un’opera eroica e coraggiosa, indica lo stile del Vangelo”

Buongiorno suor Chiara, si è appena aperto l’ottobre missionario e quest’anno il tema mi sembra molto bello, parla infatti di “vite che parlano”. Tutte le volte che mi è capitato di incontrare e ascoltare dei missionari sono rimasto colpito dalla forza della loro fede e della loro testimonianza. Mi sembra importante anche l’invito ad andare oltre l’assistenzialismo nella missione, per parlare di promozione umana, un dibattito che ogni tanto si riaccende, anche nella nostra diocesi di Bergamo, che ricorda quest’anno i 60 anni dalla prima partenza missionaria. Che cosa ne pensa?
Sergio

Caro Sergio, il rischio di cadere nell’assistenzialismo è reale anche per la missione, chiamata spesso ad affrontare situazioni di limite e di emergenza; qui, tuttavia, più che assistenzialismo, si dovrebbe parlare di “assistenza”, spesso urgente, necessaria per promuovere lo sviluppo integrale di ciascuna persona e di ogni popolo. 

Proprio due giorni fa, papa Francesco, citando il numero 128 dell’Enciclica “Laudato si’”, ha ricordato che: “Aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte alle emergenze”, e poi ha aggiunto: «La povertà non si combatte con l’assistenzialismo, no, così la si ‘anestetizza’, ma non la si combatte». 

Guardando le realtà attuali, nelle quali i missionari spendono la propria vita, donandosi senza riserve, intravvedo, ben delineati, percorsi di promozione e di sviluppo, che suscitano ammirazione. 

Ripenso allora ai suoi pionieri…. Ciò che oggi suscita apprezzamento è il frutto di tantissimi piccoli passi compiuti dai primi missionari che, in risposta ai bisogni, forse immediati e concreti, di quei nostri fratelli d’oltre oceano, hanno semplicemente reso visibile l’Amore del Signore, dando da mangiare a chi aveva fame, un tetto per dormire a chi non l’aveva, un vestito a coloro che ne erano privi. L’attenzione al “qui e ora” e lo spirito di iniziativa li ha spinti, infatti, a compiere, nel nome di Cristo, piccoli passi eroici che hanno contribuito ad aprire sentieri e orizzonti nuovi ad intere popolazioni. “Le vite di questi missionari parlano, e continuano a raccontare oggi, nei missionari dei nostri giorni, Cristo risorto, vivo, speranza per gli uomini del mondo” (cfr. Don G. Pizzoli).

La missione è, infatti, finalizzata ad annunciare a tutti l’amore del Padre, divenuto storia in Gesù di Nazareth, morto e risorto, che guarda con predilezione ogni uomo, soprattutto i poveri e gli esclusi ai quali offre cammini di liberazione. Per questo l’annuncio del Vangelo è sempre accompagnato dal servizio umile e coraggioso per coloro che, a causa dell’egoismo umano, non possono vivere in modo dignitoso. A loro, lontani o vicini, i missionari testimoniano, con la Parola e le scelte, non di raro anche con il martirio, che Cristo li ama, si prende cura di ciascuna persona, nella sua integrità e chiama tutti, soprattutto i popoli che vivono nell’opulenza, alla condivisione equa delle ricchezze e dei beni. E la Chiesa appunto, tenta di continuare la stessa missione di Gesù. 

A questo proposito voglio proporti una sorta di “credo missionario”, un testo schietto, coraggioso che tutti dovremmo fare nostro e ripetere in questo mese missionario, elaborato dal movimento “Giovani e missione” (Gim): 

«Crediamo nella missione di Gesù. Crediamo nella missione della Chiesa. Crediamo nella missione che annuncia Gesù e il suo Vangelo e non propone l’esperienza di fede occidentale come l’unica possibile. Crediamo nella missione che raggiunge tutto l’uomo e si fa carico delle speranze sociali, economiche, politiche dei popoli. Crediamo nella missione che sta dalla parte dei poveri e non ha paura di denunciare gli abusi dei potenti sulla terra. Crediamo nella missione che è attenta e informa sulle reali cause che generano la povertà nel sud del mondo. 

Crediamo nella missione che non mostra immagini di bambini logori e affamati allo scopo di riempire la cassetta delle offerte, ma è attenta a non calpestare la dignità delle persone. Crediamo nella missione che è solidarietà e scambio, e non può essere mai vissuta “a senso unico”. Crediamo nella missione che rifiuta il paternalismo e l’assistenzialismo, per costruire con le persone. Crediamo nella missione che dura dodici mesi l’anno, e non si compiace di essere “caritatevole” solo nel mese di ottobre.

Crediamo nella missione che coinvolge tutta la nostra esperienza umana e cristiana, e non diventa una gara per stabilire “quale parrocchia ha raccolto di più”. Crediamo nella missione che annuncia la vita, propone la speranza, lotta con i deboli, conforta gli emarginati. Crediamo nella missione di Gesù».

Che sia veramente così!