Leggende bergamasche: il diavolo e l’acqua santa

Disegno Lisa Giupponi Il diavolo e l'acqua santa

La notte era oscura e tormentata da un violento temporale: tuoni sinistri seguivano lampi abbaglianti, la pioggia mista a grandine scendeva a dirotto sommergendo ogni cosa, il vento impetuoso piegava gli alberi fino a terra in un frastuono incessante.

I poveri abitanti del piccolo villaggio della montagna bergamasca, chiusi nelle loro case, tremavano di terrore, consapevoli che quello che si era scatenato da parecchio tempo non era il solito temporale estivo, bensì il segnale della presenza della cassa da morto del diavolo, di cui si aspettavano di udire da un momento all’altro il temuto sibilo sinistro che ne accompagnava gli spostamenti.

Tutti in quel momento avvertivano la nefasta presenza di quell’oggetto infernale, tuttavia erano pochi quelli che avevano avuto la sventura di vederla. 

Quei pochi che avevano fatto questa macabra esperienza ne avevano riportato un tale spavento da essere invecchiati in un baleno: i loro capelli erano improvvisamente incanutiti, la pelle del viso si era riempita di una miriade di rughe e i denti erano caduti uno dopo l’altro. 

E da ultimo, per colmo di sventura, erano tutti morti in poco tempo.

La storia della cassa da morto del diavolo

Ma com’era questa cassa da morto?

Era fatta di legno di mogano, lucido e pesante ed era trasportata da una muta di cani di varie razze e dimensioni, che avevano in comune gli occhi ardenti e la lingua infuocata e inoltre guaivano e latravano senza sosta, facendo un baccano infernale che gli esseri umani non potevano sopportare.

Chi faceva quella tremenda esperienza era condannato a repentina morte. 

E i morti erano diventati tanto numerosi che il vescovo, constatata la gravità della situazione, decise di inviare sul posto uno di quei preti santi che di queste cose se ne intendono, un esorcista in piena regola, armato di rosario e acqua santa.

Don Fermo, questo era il nome dell’esorcista, si appostò in cima a un pendio, luogo solito di passaggio della cassa da morto del diavolo, e si raccolse in preghiera. 

Ma il prete attese invano per un giorno intero, senza che la famigerata orda si facesse viva. Lo stesso accadde nei giorni seguenti, al punto che i maligni del paese cominciarono a sussurrare che il diavolo era più furbo dell’acqua santa e che aveva imparato a farla in barba all’esorcista.

Finché, qualche giorno dopo, il temporale si scatenò con la solita violenza, corredato da lampi e tuoni a non finire. Ed ecco il solito pauroso sibilo risuonare in lontananza e poi farsi in fretta più vicino e assordante. 

Dopo la benedizione il male scompare in un grande boato

Il sacerdote infilò l’aspersorio nell’acquasantiere e alzò il braccio cominciando a impartire la sua benedizione. Un boato enorme accompagnò il gesto: una profonda voragine si spalancò sotto la cassa da morto del diavolo, che venne inghiottita assieme all’orda dei cani latranti, in un fragore indescrivibile, seguito da gemiti e lamenti infernali.

La confusione fu tale che per un attimo si temette fosse giunta la fine del mondo: la terra tremò a lungo e per alcune ore si continuarono ad avvertire sordi rumori provenienti dal sottosuolo, mentre il cielo era gravato da una nera cappa di nuvole.

Dietro i portoni delle case, chiusi da pesanti catenacci, gli anziani recitavano il rosario e le mamme accarezzavano i loro bambini, nel vano tentativo di rassicurarli di fronte al terrore dell’ignoto.

Finalmente, dopo un’attesa che sembrò un’eternità, cominciarono ad apparire i primi tenui chiarori dell’alba e poi il sole sfavillante spuntò nel cielo limpido e azzurro. 

La tremenda paura era finita, l’orrendo segno del diavolo era sparito per sempre e il sacerdote esorcista, sfinito dalla stanchezza, ma col volto trionfante per la vittoria sul maligno, celebrò una messa di ringraziamento nella chiesa del paese, di fronte a tutta la popolazione commossa.

Disegno di Lisa Giupponi

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