Leggende Bergamasche. La maga che rapiva i bambini nella valle di Poscante

C’era una volta una maga che abitava in una grotta nelle forre della valle di Poscante.

Era sempre vestita di nero, calzava un paio di vecchi stivali, tutti deformi e in capo portava un cappellaccio nero a larghe falde che finiva con una punta di color argento.

Se ne andava in giro durante le notti stellate tra i casolari sparsi lungo i pendii della valle, tenendo sulla spalla destra un grande sacco, lo strumento del suo lavoro.

Sì, proprio così: la maga vagava di notte alla ricerca di bambini piccoli, che metteva nel sacco per portarseli via.

Un bambino nascosto dentro il sacco

Questa fu infatti la scoperta che fece un contadino del posto, una sera più stellata del solito: egli vide la maga aggirarsi attorno alle case con il sacco sulle spalle e dentro il sacco c’era un bambino che scalpitava con veemenza e piangeva a dirotto, invocando l’aiuto della mamma e del papà.

Appostatosi dietro ad un muretto, il nostro uomo vide la maga inoltrarsi nel bosco e pensò bene di seguirla fino al suo nascondiglio, la grotta buia e tetra situata in fondo alle forre della valle.

Al riparo di un cespuglio, il contadino poté a fatica osservare l’interno della grotta, rischiarata da una fioca lanterna, e notò che la maga non era sola, ma con lei c’era un grosso e brutto mago e, nell’angolo più oscuro, una gabbia destinata di certo ad accogliere i piccoli bambini rapiti.

Appena la maga fu entrata nella grotta, il suo compagno l’accolse con un risolino di gioia e un commento agghiacciante: “Sete udùr de carne de cristianì, o che ghe n’è, o che ghe n’è sta, o che ghe n’sarà!”.

E di rimando la maga: “Sé che ghe n’è, e ndomà ma la farà rösté ‘n del padelì!”.

I bambini tenuti nelle gabbie come polli da ingrassare

Il contadino, spaventato da questa terribile prospettiva, si agitò un po’ dietro la siepe e ciò tradì la sua presenza. Così il mago e la maga, con quattro poderosi salti, lo acchiapparono, lo legarono di tutto punto e lo scaraventarono in fondo alla grotta.

Nei giorni seguenti la maga continuò a fare le sue tristi spedizioni, tornando sempre con il sacco pieno.

E così, giorno dopo giorno, notte dopo notte, la grotta divenne sempre più piena di bambinelli strappati ai loro genitori, che non smettevano di piangere e invocare il ritorno alle loro case.

I bambini venivano tenuti nelle gabbie, come polli da ingrassare, e sulle spalle avevano una strana copertina alle cui frange erano attaccati dei campanellini, che avevano l’evidente scopo di avvisare i carcerieri di eventuali tentativi di fuga delle piccole vittime predestinate.

Il contadino inventa uno stratagemma per liberarli

Un bel giorno, quando ormai sembrava vicino il momento in cui il primo bimbetto sarebbe stato divorato, il contadino con grossi sforzi, riuscì a liberarsi dai lacci che lo tenevano stretto e, mentre i due maghi dormivano, mise in atto un rischioso tentativo di far scappare i piccoli prigionieri.

Si tolse la camicia e la ridusse in sottili striscioline, che infilò nei campanellini perché non dessero più alcun suono, poi con infinita pazienza, per non far rumore, tagliò le sbarre della gabbia, consentendo ai bambini di mettersi in salvo.

Aiutati dal contadino raggiunsero la valle e poi il paese, così poterono riabbracciare, felici, i loro genitori. 

Poi venne organizzata una caccia al mago e alla maga, ma quando gli uomini del paese, armati di fucili, raggiunsero la grotta in fondo alla valle, la trovarono del tutto disabitata: i due furfanti se n’erano scappati da un’altra parte, alla ricerca di un altro paese da trasformare in terreno di caccia per i loro insani appetiti…

Disegno di Giada Bettoni