Il tabù del “Fine Vita”, tra paura e speranza: “Ci sarà qualcuno a tenermi la mano?”

Generalmente il venerdì sera è la serata d’evasione per eccellenza.

Dopo una settimana di lavoro, ecco il momento per divertirsi, per lasciarsi andare, per non pensare a null’altro che non sia divertimento.

Quello che è avvenuto venerdì 11 novembre al teatro Gavazzeni (organizzato dalla CET 10) ha il sapore dello straordinario.

Una sala colma di persone per un tema non facile e poco accattivante, ma estremamente attuale: L’eutanasia e il fine vita.

Ospiti Luca Lorini (responsabile del dipartimento Emergenza urgenza e area critica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo) e don Maurizio Chiodi (professore del seminario di Bergamo e della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale).

Moderati da Alberto Ceresoli (direttore de “L’Eco di Bergamo”) i due relatori hanno condotto il pubblico a districarsi fra mille aspetti che il tema “Fine vita” tocca, sia dal punto di vista della fede che della scienza.

In primis il cambiamento dell’approccio verso il morire e la morte. 

Don Chiodi ha ricordato come ”in passato si accompagnava alla morte e nessuno voleva perdere il passaggio dalla vita alla morte dei propri familiari, ora invece si demonizza, non si vuole parlarne e si nasconde la morte come fosse una cosa oscena … un tabù”.

Ma cosa è la morte si è chiesto Don Maurizio: ”È l’esperienza anticipata di essere sottratti a noi stessi”

Un’ esperienza che ciascuno di noi ha la certezza di vivere, anche se viviamo come se non ci fosse.

Una consapevolezza che “dovrebbe aiutarci a vivere meglio la nostra vita”

Questo approccio diverso alla morte è avvenuto anche nel campo medico, ha ricordato Il Prof. Lorini: “All’inizio della mio lavoro di medico rianimatore mi chiedevo quanti ricoverati in terapia intensiva riuscivo a salvare; ora mi chiedo quali cure sono appropriate perché una vita recuperata sia una vita degna di essere vissuta?” poi continuando “per questo la società scientifica italiana di anestesia ha emesso un documento che stabilisce una sorta di decalogo per affrontare alcune situazioni”

Per gestire il passaggio cruciale dalla vita alla morte è necessario rifarsi ad alcuni punti essenziali: “comunicare la morte o l’approssimarsi ad essa favorendo l’ascolto, il colloquio con i familiari … dei due è più importante l’ascolto”.

Non abbandonare mai il paziente a sé stesso. Sempre Lorini ha ricordato i momenti brutti della recente pandemia e il morire da soli.

Fra le domande che i parenti sovente pongono in questi casi, una compare con maggior frequenza: ”il paziente soffre?  fate di tutto perché non soffra”. 

Il paziente infatti, sempre secondo questo documento degli anestesisti italiani “non deve soffrire e per questo è utile la terapia del dolore”.

Queste pagine, continua il Dr. Lorini “ricordano che il paziente è una persona “e bisogna quindi coinvolgere i familiari nelle scelte a volte difficili ma doverose.

Da una domanda del Direttore Ceresoli, Don Maurizio introduce il concetto di eutanasia e accanimento terapeutico.  “Entrambi i concetti sono simili, uno vuole decidere di ridurre la vita, mentre l’altro di allungarla.”  In questi casi è importante introdurre il criterio della “proporzionalità delle cure”.

Secondo Don Chiodi bisogna chiedersi: ”se i trattamenti che sto facendo sono la cura o solo la forma della cura”

“La proporzionalità della cura si capisce tenendo presente alcuni criteri: maggior tempo di vita non solo quantitativo ma qualitativo, benefici superiori agli effetti collaterali, equa distribuzione dele risorse che non sono infinite”

La serata è trascorsa fra molti quesiti e poche certezze, perché il tema del fine vita porta con sé una complessità che non si può ridurre a facili slogan.

Questo dialogo fra scienza e fede ha portato a concludere che la vita non è sacra solo per un laico, ma la stessa presenza dell’altro è sacra.

Riconoscere nell’altro un fratello, un mio simile contiene già un elemento di dignità, di sacralità che accomuna fede e scienza.

La serata si è conclusa con le parole del Parroco di Seriate, Don Mario Carminati, che citando il Card. Martini, ha detto: ”vorrei che alla fine negli ultimi attimi della mia vita ci fosse qualcuno a tenermi la mano.”

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *