Avvento in tempo di guerra. Una storia di speranza dall’Etiopia: “Sentirci amati ci dà coraggio”

Il lupo dimorerà insieme con l’agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.

Ascoltando queste parole del profeta Isaia, che ad ogni Avvento la Chiesa ci ripropone nella liturgia, ho ancora negli occhi le immagini di morte e distruzione trasmesse dal TG della sera prima, che ormai da mesi, documentano la guerra in Ucraina… Lo scenario di armonia annunciato è assai in contrasto con quanto sentiamo in questi giorni… e ormai da troppo tempo.

Altre immagini di una guerra meno nota, perché forse un po’ dimenticata dai media, sono quelle inviate sul cellulare dalle nostre consorelle di Ethiopia, che con grande desolazione mostrano ciò che è rimasto di una nostra casa di missione, occupata e distrutta nel conflitto che ormai dura da due anni.

Quando la profezia di Isaia si avvererà? Come possiamo ancora sperare nella pace davanti a questi scenari di morte?

È vero che, il 2 novembre, a Pretoria in Sudafrica, è stato siglato un cessate il fuoco tra le parti, con l’intenzione di mettere fine ad un conflitto che ha provocato più di 2 milioni di sfollati e un numero imprecisato di morti, ma la strada per la pace rimane lunga e difficile. Le nostre suore lo stanno vivendo sulla propria pelle…

«Il lupo dimorerà insieme con l’agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto…».

Mentre fatico a lasciarmi invadere dalla luce che promana dalla Parola di Dio e invita alla speranza, un’altra immagine mi ritorna alla mente e nel cuore. È quella di una donna del popolo etiopico che, con un gesto semplice ed eloquente mi ricorda la forza della gratitudine che sopravvive anche dentro contesti non facili ed è in grado di far rinascere la speranza.

Si tratta di una donna povera incontrata a Tullo, da suor Tsehay Arega Tessema, Consigliera generale che, raccontandomi della sua recente visita alle comunità di Ethiopia, dopo aver narrato e pianto per aver visto le conseguenze della guerra, mi mostra la foto di questa signora che accende una candela e mi spiega il motivo della sua preghiera. 

Premetto che suor Tsehay, accogliendo il compito di Consigliera Generale, è in Italia dal 2012. La nuova chiamata a servizio deIl’Istituto, le ha chiesto di lasciare la comunità in cui viveva, la missione di Tullo, dove insegnava religione ai bambini della scuola elementare, collaborava con la Parrocchia secondo i bisogni e aiutava la gente del villaggio. In estate organizzava anche attività sportive per ragazzi e ragazze, come si può vedere nella foto.

Negli anni della sua permanenza a Tullo, aveva conosciuto Bohare, una donna molto povera, con tanti figli. Con le suore della comunità, faceva di tutto per aiutarla e lei contraccambiava offrendo il suo aiuto, in casa e nella scuola, come poteva.

Durante la pandemia, le notizie preoccupanti che giungevano dall’Italia, e in particolare da Bergamo, dove la “sua suora” si trovava, avevano spinto questa donna a pregare intensamente per suor Tsehay, fino a rivolgersi a Dio con un voto: Signore, se suor Tsehay si salverà da questo virus che sta uccidendo molte persone, il giorno in cui mi concederai di rivederla qui nella nostra terra, accenderò un lume e canterò inni di gloria a Te, Signore che tutto puoi.

Questo, il contenuto della sua preghiera, che suor Tsehay mi traduce, mostrandomi anche un video che documenta la gioia della donna nel rivederla.
Si commuove ancora nel raccontarmi l’incontro avvenuto e i suoi occhi si fanno lucidi…

Mi immedesimo in lei che, attraverso questo incontro, ha sentito quanto questa donna le sia stata vicina, quanto l’abbia pensata: è il sentirci amati che ci da’ la forza di andare avanti, nonostante le difficoltà. 

Anche io mi sorprendo a sognare la pace che verrà, un giorno, e sarà il frutto di tante persone umili che non smettono di credere all’amore e non si lasciano “rubare la speranza”. Sì, finché ci sarà qualcuno capace di amare così, è ancora possibile sperare e credere nella pace…

Ora le parole di Isaia cominciano a trovare spazio in me e possono ancora ispirare il mio vivere quotidiano, nell’attenzione alle piccole cose e nell’impegno di essere, come dice Papa Francesco, artigiani di pace.

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