Le canzoni di Natale secondo Enzo Romeo: “Ognuna racconta una storia speciale”

“Se noi fossimo stati il Natale del mondo, il mondo si sarebbe salvato attraverso di noi”. Antoine de Saint-Exupéry dalla lettera a Nelly de Vogüé, in OEuvres complètes (Gallimard, Parigi 1994).

“Natale non è Natale senza regali” è l’incipit di “Piccole donne” di Louisa May Alcott. Ha ragione Jo March, Natale non è Natale senza una strenna, ma non è neanche Natale senza una canzone natalizia capace di scaldare anche il più arido cuore, tipo quello del dickensiano Mr Ebenezer Scrooge, protagonista di “Canto di Natale”. 

Enzo Romeo, caporedattore vaticanista del Tg2 e saggista, nel suo ultimo volume “Last Christmas (e le altre)” (Àncora Editrice 2022, Presentazione di Albano Carrisi, Prefazione di Juri Camisasca, pp. 160, 17,00 euro), raccoglie “Le storie delle più famose canzoni di Natale”, come recita il sottotitolo del testo. Il volume racconta, attraverso la voce in prima persona dei loro autori, la genesi di dieci delle più famose canzoni di Natale, trecento anni di composizioni, da Joy to the World di Isaac Watts, passando per Jingle Bells di James Pierpont, Adeste Fideles di John Wade per finire con Last Christmas di George Michael. 

Il lettore, assaporando il gusto del Natale che sta per arrivare, avrà modo di scoprire svariati dettagli storici e musicali e molti aneddoti su chi ha scritto le parole e le melodie, che contribuiscono a creare la magica e coinvolgente atmosfera natalizia che delizia i bambini e commuove gli adulti. Al termine di ogni capitolo si trova il testo originale della canzone con la traduzione italiana, e un codice QR con un link per ascoltare il brano musicale.

Abbiamo intervistato Enzo Romeo, nato a Siderno nel 1959, che collabora ai periodici “Credere” e “Jesus” e da inviato ha seguito le vicende internazionali degli ultimi decenni, oltre ai viaggi dei pontefici da Giovanni Paolo II a Papa Francesco. 

  • È vero che Joy to the World di Isaac Watts non è un canto natalizio?

«Vero ma è comunque un inno religioso, solo che Watts non lo riferisce alla nascita di Nostro Signore, ma alla parusìa, ovvero alla seconda definitiva venuta di Gesù alla fine dei tempi. Il fatto è che le canzoni hanno una vita propria, aldilà delle intenzioni dei loro autori. In questo caso credo che Watts sia stato contento che il suo brano abbia avuto un risvolto natalizio, e con esso un enorme successo planetario. Peccato che ne abbia potuto godere solo dall’altro mondo, perché il trionfo popolare di Joy to the world, che è il canto di Natale più pubblicato in Nord America, arrivò dopo la sua morte».

  • La notte di Natale tutti cantano Tu scendi dalle stelle ma pochi conoscono l’autore di questa celebre canzone. Chi era Alfonso Maria de’ Liguori? 

«Era un avvocato napoletano che scelse la vita religiosa dopo aver perso una causa per colpa dei brogli e della corruzione. Felice sconfitta! Grazie a quell’insuccesso la Chiesa guadagnò un santo. Alfonso fondò la congregazione dei Redentoristi e si diede a predicare tra i poveri del suo secolo, il Settecento. Per far capire a tutti le verità della fede usava anche le canzoni, ed è questo il motivo per cui compose Tu scendi dalle stelle. Un canto semplice e insieme profondo, che spiega il mistero del Natale e arriva al cuore di chi l’ascolta».

  • Qual è la genesi di Stille Nacht, uno dei più popolari canti natalizi, tradotto in più di trecento lingue e dialetti?

«La genesi è la nostalgia del Natale e di tutta la dolcezza che questa festa porta con sé. Una nostalgia che Joseph Mohr, l’autore, avvertiva particolarmente in quel gelido inverno dei primi dell’Ottocento a Mariapfarr, il paesino di montagna non lontano da Salisburgo dove era parroco. La gente soffriva la fame, l’Europa era scossa come oggi dalle guerre e sul futuro pesavano mille incertezze. Ma la notte silenziosa di Natale era come un balsamo sulle ferite di ognuno e ognuno poteva avvertire l’abbraccio tenero di Dio sull’umanità».

  • I’m dreaming of a white Christmas, Just like the ones I used to know. Where the tree tops glisten And children listen…”. Un compositore di origine ebrea compone una delle canzoni di Natale più famose di tutti i tempi. Ce ne vuole parlare?

«Ecco perché possiamo dire e ripetere che il Natale è per tutti, nessuno escluso. Irving Berlin, l’autore di White Christmas, si chiamava in realtà Izrail’Moiseevič, ed era un rifugiato sbarcato a New York dalla Bielorussia per sfuggire ai pogrom antiebraici. Berlin scrisse la canzone al caldo della California, ma col desiderio di essere tra la neve della East Cost insieme alla sua famiglia, davanti a un camino acceso. Era l’immagine natalizia della concordia e della pace, magari stereotipata, ma il cui messaggio arrivava a chiunque, aldilà anche del credo religioso. Specie in un momento come quello: la canzone, infatti, fu composta mentre gli Stati Uniti stavano entrando in guerra dopo lo shock dell’attacco giapponese a Pearl Harbour». 

  • John Lennon avrebbe mai composto Happy Xmas se non avesse incontrato Yoko Ono?

«Credo di no. Fa parte di un periodo ben preciso della vita di Lennon, quello in cui diede liberamente sfogo al suo ideale pacifista e universalista. Senza Yoko non sarebbe arrivato a quel livello. Nel dicembre del 1969, con il conflitto in Vietnam che mieteva vittime, John e Yoko fecero tappezzare le città di mezzo mondo di cartelloni con la scritta “LA GUERRA È FINITA! Se lo vuoi – Buon Natale da John&Yōko”. Pazzesco ma bellissimo».       

  • Perché le canzoni di Natale ci piacciono così tanto?

«Perché ci fanno credere per un attimo che il mondo può essere migliore, che la vita è meravigliosa anche se nasci in una stalla. Che possiamo sentirci fratelli e sorelle, che il Caino che abbiamo dentro può essere indocilito, che l’amore è più forte dell’odio… E potrei andare avanti così. Ma credo che basti».

  • Qual è la sua canzone di Natale preferita?

«Beh! Considerato il titolo del libro non posso che dire Last Christmas. In realtà è una canzoncina che narra di un amore effimero, di quelli “usa e getta” a cui sono abituati i ragazzi di oggi. Eppure George Michael, che la scrisse di getto in pochi minuti, è riuscito a trasferirle un ritmo magico che fa trasparire il desiderio nascosto che c’è in ognuno di noi dello spirito natalizio. “Mi tengo a distanza ma continui ad attrarmi”, dice il testo. La canzone finisce con queste parole: “Il prossimo anno darò il mio cuore a qualcuno speciale”. George Michael è morto il 25 dicembre 2016. Una vita tormentata finita proprio il giorno di Natale. Ma forse era solo l’inizio della vita vera, finalmente pacificata e che mai ha termine». 

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