Il presepe? Lo inventò San Francesco 800 anni fa. Padre Enzo Fortunato: “Un segno che suscita stupore e invita all’inclusione”

una gioia mai provata

“Una gioia nuova, mai provata prima” è una frase del francescano Tommaso da Celano, che ha composto due Vitae di san Francesco d’Assisi, nell’esergo del volume “Una gioia mai provata. San Francesco e l’invenzione del presepe” (Edizioni San Paolo 2022, Prefazione di Mons. Domenico Pompili, pp. 160, 14,00 euro) scritto da Padre Enzo Fortunato, frate minore conventuale, per celebrare gli ottocento anni della “provocatoria intuizione” del Poverello d’Assisi.

Partendo dall’Incipit dell’“Admirabile signum”, Lettera Apostolica di Papa Francesco sul significato e il valore del Presepe, redatta dal Santo Padre nel dicembre 2019 in occasione della sua visita a Greccio, in provincia di Rieti, Padre Enzo Fortunato ci ricorda la bellezza del “mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, che suscita sempre stupore e meraviglia”.

«La parola “presepe” deriva dal latino praesepium, che significa mangiatoia. Le prime fonti per ripercorrere la storia del presepe sono i Vangeli di Luca e di Matteo», spiega Padre Enzo Fortunato, giornalista, da noi intervistato, che è stato direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, ha collaborato con L’Osservatore Romano, scrive per Avvenire, Corriere della Sera, Huffington Post e Sole24Ore ed è volto di Rai1 con la rubrica Tg1 Dialogo, e voce di Rai Radio1 con In viaggio con Francesco. 

  • Padre Fortunato, ricorda quando da bambino preparava il presepe? 

«Certo, è proprio con questa immagine che apro il libro, in occasione degli ottocento anni dell’invenzione del presepe di San Francesco. Credo che ricordare gli episodi legati ai Natali dell’infanzia significa entrare in quell’affermazione che gli astanti accanto a San Francesco hanno fatto propria e cioè: “Davvero una gioia mai provata”. Un sentimento profondo che ci accompagna per tutta la vita». 

  • Nel presepe che cosa rappresentano i Re Magi e la cometa?

«Il grande messaggio della inclusività. Sia i Re Magi sia gli altri pastori indicano che il Signore tiene sempre aperta la porta del cuore. La coda cangiante della cometa, solca cieli ed epoche, attraversa le generazioni e segna le arti, influenzando non solo i ricordi familiari legati soprattutto alla nostra infanzia, ma anche la storia dell’arte di ogni epoca e la cultura musicale di ciascun continente. Quella notte che ci riempie di ineffabile gioia, non sarebbe tale se non fosse stata accompagnata dalla dolcezza di canti antichi, arrivati quasi intatti fino a noi». 

  • Quindi per San Francesco il presepe è anche un gesto di inclusione? 

«Anzi è soprattutto un grande messaggio di inclusione, di capacità di dialogo. Ricordiamo che accanto al Bambino, Francesco non mette i pastori ma due animali, un bue e un asinello, i quali nella tradizione più genuina rappresentano gli ebrei e i musulmani, perseguitati nel 1200 dalla società e dalla Chiesa, con il vessillo della croce».

  • Qual era l’intenzione di San Francesco quando allestì il primo presepe a Greccio la notte del Natale 1223?

«L’intenzione di San Francesco era quella di riproporre la tenerezza del messaggio evangelico, era quella di riproporre l’Eucarestia, centro del cammino cristiano. Era anche quella di riproporre la centralità di una festa che il Poverello d’Assisi chiamava “La Festa delle Feste”». 

  • Quale significato assunse il messaggio francescano di Greccio in un’epoca nella quale la Chiesa era ricca, corrotta e malata? 

«Il messaggio di Greccio indica semplicità, essenzialità, limpidezza, capacità di stare insieme, capacità di farsi prossimo. Tante virtù che disinquinano il cuore dell’uomo dall’iniquità e dalla corruzione». 

  • Dunque per l’epoca il gesto di Francesco fu rivoluzionario? 

«Certo e acquista la sua forza attuale, perché ancora oggi si innalza la croce come vessillo per combattere il proprio fratello. Si benedicono le guerre, il contrario di quello che Francesco ha denunciato con la sua silenziosa protesta».

  • Il libro è anche un invito a riscoprire la bellezza della scena semplice di Greccio riprodotta da Giotto negli affreschi nella Basilica Superiore di Assisi?

«Sì, il libro è anche un invito a ripercorrere un itinerario con un triplice messaggio: (ri)andare a Betlemme per far nascere Gesù nel cuore, (ri)andare a Greccio per capire che il Natale è un messaggio di fraternità e (ri)andare a Scala per capire che il Natale è gioia indelebile. Sono queste le tre grotte, quella di Betlemme, quella di Greccio e quella di Scala, a donarci un simbolico itinerario di crescita e di intensità spirituale».  

  • Accoglienza e attenzione agli altri possano essere strade natalizie, gli auguri più belli che possiamo scambiarci durante le feste che stanno per arrivare?

«Non solo possono, sono. Sono gesti che ci riportano al cuore del Vangelo». 

  • “Il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca di vera pace”. Questa frase del Papa Emerito Benedetto XVI appare attuale considerato che questo sarà un Natale di guerra per il popolo ucraino e di riflesso per l’intera Europa? 

«Certo, il Natale è la più grande provocazione verso coloro che vogliono un mondo in guerra e insanguinato. Il Natale ci dice che l’annuncio cristiano per eccellenza è la Pace nel cuore, la Pace con gli altri, la Pace nel Creato. La bussola del credente è un orizzonte di pace».