Papa Francesco in Congo e Sud Sudan. Davide Maggiore: “Un percorso di pace, in un Paese dove la Chiesa è molto vitale”

Foto Avsi in Repubblica Democratica del Congo

Nella sua 40esima visita apostolica dal 31 gennaio al 5 febbraio prossimi, Papa Francesco visiterà la Repubblica Democratica del Congo, recandosi nella città di Kinshasa, e poi il Sud Sudan con tappa a Giuba. Così Bergoglio realizzerà quel desiderio espresso da anni di raggiungere queste terre segnate da povertà, violenze e attentati terroristici, per le quali il Santo Padre celebrò una veglia di preghiera nella Basilica di San Pietro il 23 novembre  2017, chiedendo alla comunità internazionale di aiutare donne e bambini.   

Abbiamo intervistato Davide Maggiore, nato a Roma nel 1983, giornalista della redazione  Esteri – Vaticano del Giornale Radio Rai.  

  • Due nazioni, due città, otto discorsi, tre omelie, svariati incontri sia con autorità civili ed ecclesiali, sia con giovani, sfollati, vittime di violenza. Quali saranno le tappe più significative del “Pellegrinaggio Ecumenico di Pace” di Papa Francesco in terra africana? 

«Tutti gli appuntamenti di questo pellegrinaggio papale sono importanti, ma alcuni mi sembrano emblematici, pensiamo per esempio al numero enorme di fedeli atteso per la Messa che Papa Francesco celebrerà a Kinshasa, si parla di un milione e mezzo di persone. Ciò ci fa capire qualcosa sulla Chiesa locale che è una Chiesa estremamente vitale. L’Africa anche in questo campo è il Continente del futuro, anzi, direi già del presente. Importante anche l’incontro del Papa nella Repubblica Democratica del Congo con le vittime della violenza nell’Est del Paese, che permetterà di accendere un riflettore su un conflitto che va avanti da decenni e per molti versi è stato ignorato dall’opinione pubblica mondiale. Quindi appare fondamentale che sia una figura come Papa Francesco a parlarne. Un altro momento molto importante sarà l’intero viaggio in Sud Sudan, perché tutti gli incontri sono le tappe conclusive di un percorso in cui il Papa si è impegnato in prima persona per la pacificazione del Paese. Ricordiamo il gesto straordinario che Bergoglio fece nell’aprile del 2019 quando ricevette in Vaticano i leader politici sudanesi protagonisti del conflitto civile e baciò loro i piedi perché «il fuoco della guerra si spenga una volta per sempre» nel Paese africano.. In entrambi i Paesi il Papa incontrerà i giovani, come avviene sempre nei suoi viaggi apostolici. È importante che lo faccia in terra africana, perché questi sono Paesi dall’età media bassissima, quindi incontrare i giovani vuol dire rivolgersi a un segmento fondamentale per il futuro di queste società».

  • Qual è la situazione politica nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan?

«È molto complessa in entrambi i Paesi. La Repubblica Democratica del Congo è un Paese dalle ricchezze minerarie enormi, che si sono trasformate in una maledizione. Nell’Est del Paese, dove abbondano molte di queste ricchezze, da trent’anni dura la guerra, che ha visto altri Paesi del Continente africano intervenire direttamente sul territorio congolese. Le conseguenze di questo conflitto e gli effetti sulla popolazione, che è letteralmente terrorizzata da una serie infinita di milizie, proseguono ancora oggi. Il Sud Sudan è indipendente dal 2011 dopo una guerra civile e un referendum, che ha portato alla secessione in due di quello che allora era il Sudan unito. Alla fine del conflitto il Paese era da ricostruire sia in termini di servizi sia di strutture, ma nel 2013 è riesplosa una guerra per il potere e anche per il controllo delle risorse petrolifere, tra il presidente Salva Kiir Mayardit e il suo vice Riek Machar. Ora questi due uomini politici sono entrambi al potere ma la transizione e la pacificazione del Paese non si sono ancora concluse. Tutti sperano che il viaggio papale sia una tappa fondamentale in questo processo». 

  • “Il Signore Risorto abbatta i muri dell’inimicizia che oggi dividono i fratelli”, disse il Papa durante la veglia nel 2017, pregando soprattutto per “le donne vittime di violenza nelle zone di guerra” e per i bambini “che soffrono a causa di conflitti a cui sono estranei, ma che rubano loro l’infanzia e a volte anche la vita”. Il Papa sollecitò la comunità internazionale a compiere sforzi adeguati a portare la pace in queste zone del mondo. La situazione è migliorata? 

«In Repubblica Democratica del Congo la violenza nell’Est del Paese non si è mai veramente fermata, anzi negli ultimi mesi si è aggravato il livello dello scontro e anche le tensioni con il confinante Rwanda, che le autorità congolesi accusano di sostenere attivamente una di quelle milizie nell’Est, il Movimento armato M23. Tanto è vero che per il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, Bergoglio non potrà fare tappa nell’Est del Paese come originariamente aveva preventivato. In Sud Sudan invece la situazione è migliorata, il solo fatto che Papa Francesco possa andare tra pochi giorni in Sud Sudan è un segno di ciò. D’altra parte, in alcune zone del Paese ci sono dei focolai di violenza e non sappiamo quanto precario sia l’equilibrio che è stato raggiunto tra le fazioni in lotta. Bisogna però tenere conto che ci sono delle speranze di pace, secondo me bisogna puntare sulla società civile di entrambi i Paesi, che è molto attiva e di cui le Chiese sono una parte importante».

  • Possiamo dire che mai lo sguardo del Papa si è distolto dal continente africano e dalle sue ferite?

«Sì, e non solo le ferite. Ricordiamo nel novembre 2015 il gesto emblematico di Bergoglio nella cattedrale di Bangui, Repubblica Centrafricana, l’apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia. In quel momento la Repubblica Centrafricana diventò il centro del mondo. Recentemente Papa Francesco, intervistato dalla rivista comboniana spagnola “Mundo Negro”, ha dichiarato che l’Africa è un “Continente da valorizzare, non da saccheggiare”. Per Francesco l’Africa non è solo ferite».

  • Per tutti quei missionari/e che da anni lavorano per la pace in Congo e in Sud Sudan, terre di povertà e di conflitti, la visita del Pontefice rappresenta un sogno che si realizza? 

«Sì, perché le Chiese in questi anni in entrambi i Paesi hanno svolto un lavoro importante di testimonianza, di richiamo dei leader politici e della comunità internazionale alle loro responsabilità e, in momenti particolarmente critici, di mediazione. Ci sono religiosi e religiose che hanno pagato con la vita questo impegno a fianco della popolazione. Sì, è un sogno che si realizza la visita del Santo Padre, c’è chi sta raggiungendo le capitali dei due Stati da centinaia di chilometri di distanza. La visita di Bergoglio nel 2015 nella Repubblica Centrafricana ha rinnovato lo slancio di figure della chiesa locale, come il Vescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, che oggi è Cardinale ed è stato sempre in prima linea per la pace». 

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