Comenduno, le famiglie ucraine accolte in oratorio. L’impegno quotidiano di essere “ospitali” a partire dalle relazioni

A Comenduno il vescovo di Bergamo Francesco Beschi in occasione del suo pellegrinaggio pastorale nella fraternità 1 della Comunità ecclesiale territoriale 3 della bassa valle Seriana ha incontrato la comunità in un’atmosfera festosa, con il calore di una “famiglia allargata”. E il segno distintivo di questa giornata è stato proprio l’accoglienza, a partire dallo striscione preparato con i disegni dei ragazzi della scuola secondaria di primo grado.

“L’accoglienza – ha sottolineato il vescovo – inizia da piccoli gesti: in famiglia, nella comunità cristiana, e poi si allarga a dimensioni più grandi, alle altre parrocchie, a persone lontane, ed è un atteggiamento che non si può mai dare per scontato.

E non si può portare avanti da soli, ma in un contesto di collaborazione tra diversi soggetti, territori e istituzioni, ampliando gli orizzonti”.

Il vescovo si è rivolto in particolare ai volontari che si occupano di accoglienza e carità.

Erano presenti anche alcune famiglie ucraine ospitate in questo momento con un nucleo familiare di origine marocchina nei due appartamenti all’interno dell’oratorio che in passato erano destinati al curato e al prevosto emerito

Una parrocchia “fraterna, ospitale e prossima”

Il parroco don Alfio Signorini e i volontari hanno mostrato così il volto di una comunità costantemente impegnata a realizzare concretamente l’invito di monsignor Beschi ad essere “fraterna, ospitale e prossima”.

La storia di questa attività di accoglienza nella frazione di Albino è iniziata alla fine degli anni Novanta: “Le prime tre famiglie accolte – hanno raccontato i volontari – facevano parte del flusso migratorio di bosniaci e albanesi, ora sono inserite in autonomia ad Albino. Abbiamo partecipato per dieci anni con la parrocchia di Nembro anche all’accoglienza estiva dei bambini provenienti dal Sarawi, regione del Marocco in costante tensione sociale”.

È nato in quegli anni inoltre il progetto educativo “C’è spazio per…” di aiuto-compiti e giochi, per alimentare il dialogo e il sostegno reciproco tra bambini di provenienze e culture diverse.

Dal 2016, come risposta all’appello di Papa Francesco e del vescovo di Bergamo, Comenduno ha iniziato ad accogliere i profughi richiedenti asilo, in collaborazione con Diakonia e Ruah: “La nostra comunità – hanno ricordato i volontari – ha stretto così amicizia con giovani africani provenienti da diversi paesi, si è affezionata a una bella famiglia in fuga da Kabul, ha tenuto a battesimo il piccolo Anthony, di famiglia nigeriana, e ha visto nascere una bimba afgana, Parneyan.

Una casa per gli sfollati dalla guerra ucraina

Ora siamo impegnati nell’accoglienza degli sfollati dalla guerra ucraina con la supervisione della Caritas diocesana”. Sempre con il calore di una “famiglia allargata”.

Il Gruppo accoglienza è formato attualmente da una decina di persone, impegnate nella relazione di ospitalità delle famiglie. La comunità si fa carico anche dei costi di mantenimento, mettendo in atto diverse iniziative di solidarietà per poterli sostenere. “L’esperienza – ha sottolineato don Alfio Signorini – ha arricchito di competenze e informazioni i volontari che si sono impegnati in questi anni”.

Nel frattempo sono nate affettuose amicizie che hanno tenuto vivi i legami con le persone accolte anche dopo la loro partenza per altre destinazioni. In sinergia con questo gruppo agisce la Caritas parrocchiale, attiva in diversi progetti di assistenza e fragilità familiare del territorio, in collaborazione con i servizi sociali del comune e con il sostegno del Banco alimentare e del Centro di ascolto, attuando anche attività di microcrediti e sostegni di emergenza.

Anche il Centro missionario collabora ad alimentare la sensibilità verso mondi lontani e progetti di solidarietà.

“Manifestare una fraternità accogliente”

Il vescovo ha espresso gratitudine per l’attività svolta, sottolineando che “l’esperienza di accoglienza dice molto della vita di una comunità cristiana, tanto è vero che il mio pellegrinaggio è caratterizzato dall’invito alle parrocchie a manifestare sempre di più il tratto di una fraternità accogliente, con la capacità di farsi vicini a persone lontane”. 

Monsignor Beschi ha rimarcato la necessità di creare reti sul territorio: “È importante stabilire rapporti di collaborazione tra diverse realtà che possano farsi carico insieme di un’azione complessa come l’accoglienza di persone che vengono da altri Paesi e il loro inserimento integrale nel nostro territorio dal punto di vista abitativo, lavorativo e scolastico. Possono nascere relazioni virtuose che moltiplicano le opportunità”. Ha concluso con un incoraggiamento: “Nelle fatiche che attraversate non solo siete fedeli al Vangelo ma rappresentate ciò che la nostra chiesa aspira ad essere e realizzare”.

Cosa fare quando finisce il progetto di prima accoglienza e le persone ospitate hanno bisogno di una sistemazione più stabile? I volontari di Comenduno si sono confrontati con il vescovo monsignor Francesco Beschi sulla possibilità di avviare progetti di “housing sociale” gestiti dalla parrocchia. “Di fronte alla difficoltà di trovare casa e lavoro sul nostro territorio – hanno spiegato – spesso ci sentiamo impotenti”. 

Sostenere le difficoltà anche dopo l’emergenza

Monsignor Beschi ha invitato ad affrontare questo tema ampliando lo sguardo: “Non possiamo restare da soli a svolgere un compito così impegnativo. Mettiamo a disposizione la nostra generosità, il nostro impegno, il nostro interessamento, e sicuramente non ci tiriamo indietro.

È necessario però avviare rapporti di collaborazione per costruire una visione d’insieme, un progetto condiviso”. Rispetto alla possibilità di individuare immobili da affittare a nuclei in difficoltà il vescovo ha invitato quindi a rafforzare la collaborazione con altre parrocchie: “Ci sono comunità che possiedono spazi che restano inutilizzati e che hanno comunque bisogno di cura e di manutenzione, perché costituiscono un patrimonio da salvaguardare. Sono case delle comunità e mettendosi tutti insieme, sollecitando la partecipazione di soggetti diversi come istituzioni, associazioni, amministrazioni locali, potrebbero trovare nuovi utilizzi”.

Un invito a infondere “creatività nella carità” che ha suscitato reazioni positive fra i volontari: “È fondamentale – hanno commentato – avviare percorsi che contribuiscano a diffondere la sensibilità all’accoglienza, fare in modo che il patrimonio di esperienza che abbiamo accumulato possa contaminare e contagiare altri, prendendoci il tempo necessario per portare avanti cammini condivisi”.

Il vescovo ha concluso sottolineando la necessità di tornare sempre al senso dell’accoglienza: “È la nostra ispirazione che ci chiama, non soltanto un bisogno”.

  1. Abbiamo ritrovato in giardino il messaggio di Sofia Malcontenti attaccato ad un palloncino il 6 febbraio,proveniente dalla Parrocchia di Cristo Re.Noi abitiamo a Belforte in provincia di Mantova ( piccola frazione di 1000 abitanti) e condividiamo il suo sogno.

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