La tirannia del tempo e l’importanza di vivere il presente “qui ed ora”

“Vi mando la locandina con la presentazione del cammino di Quaresima, così ne parliamo alla riunione settimana prossima. Intanto sento i genitori volontari per la colazione e la preghiera del mattino e ..”.

Metà gennaio, Natale è stato celebrato appena venti giorni prima e io, incontrando alcuni catechisti dopo la Messa, esordisco con queste parole. “Don, abbiamo appena finito con il Natale! Sei già a Pasqua? Che angoscia!”.

Hanno ragione: hanno esplicitato quello che, me ne rendo sempre più conto, è uno degli aspetti più difficili della vita di noi preti e, di riflesso, dei nostri collaboratori. È la lotta contro quella che chiamo “la tirannia del tempo”, che ti fa percepire come fossi sempre in ritardo su tutti i fronti.

Un impegno tira l’altro, da Natale al Cre

A venti giorni dal Natale programmi la Quaresima. A fine gennaio inizi a preparare i CRE estivi nei due oratori (e che dramma se ancora non hai trovato i coordinatori! Quando poi senti che qualche confratello ha iniziato a fine novembre a parlare di CRE… ) e a febbraio il campo estivo adolescenti di inizio agosto; durante i CRE, a luglio, devi cercare i catechisti, perché non puoi aspettare settembre e a settembre devi preparare l’Avvento ricordando anche agli educatori adolescenti che, oltre alla Veglia della Messa di mezzanotte, ci sarà anche da preparare il campo invernale in montagna in programma per i quattro giorni dopo Natale.

In pratica, come qualcuno mi fa notare, si lavora quando ci sono zero gradi per preparare quello che si farà a trentacinque e si inizia a pensare a trentacinque gradi a quello che si farà quando le temperature scenderanno sotto zero.

In realtà, ormai sono abituato a queste scansioni temporali e a questo stile di lavoro: sono curato in oratorio da tredici anni e da otto sono impegnato in due oratori. Senza un ritmo di lavoro come questo, arrivare pronti alle diverse scadenze sarebbe impossibile. Certo, tutto ciò fa pensare.

Proiettati verso il futuro, ma bisogna vivere il presente

Come un giovane mi ha ricordato recentemente, rischiamo di non stare mai nel “qui ed ora”: la mente è sempre proiettata verso i mesi e le attività future e, in effetti, il rischio di non vivere bene nulla, di non godere a pieno della bellezza delle relazioni e di ciò che si è preparato, perché già con la mente rivolti a quello che ci sarà da fare, è alto.

Cosa ci salva da questo rischio? A livello spirituale, certamente la liturgia e la preghiera personale. Celebrare la Messa gustando il tempo liturgico che si sta vivendo, pregare bene il breviario con i salmi e le letture del giorno, preparare con cura l’omelia domenicale, aiuta molto a non correre troppo con la mente e a prendersi il tempo per vivere il presente.

Le stesse relazioni aiutano molto: è importante ricordare che, anche se è gennaio e ci si riunisce a parlare di CRE, mancano molti mesi e c’è tanto da vivere prima del CRE. Questo permette, pur lavorando su eventi ancora lontani nel tempo, di vivere bene il presente senza perdere di vista la preparazione di ciò che sarà.

Le relazioni informali sono decisive

Credo soprattutto le relazioni informali siano decisive su questo: uscire a cena con amici, con una famiglia con la quale hai costruito un bel rapporto negli anni, andare a trovare persone care, permette, come scrive il nostro Vescovo, di “servire la vita dove la vita accade”, senza fughe in avanti (o indietro, nella nostalgia di ciò che non è più) che rischiano di far vivere una pastorale del calendario e della progettazione che rimane disincarnata.

Ci vuole molto equilibrio, ci vogliono amici e amiche che ci aiutino in questo e ci vuole la preghiera, che ci fa dono non solo di non perdere la relazione con Gesù Cristo, ma anche la relazione con la realtà e con l’oggi della vita degli uomini.

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