Siamo capaci di ascoltare? Suor Chiara: “Sentirci ascoltati è la prima forma di guarigione”

Buongiorno suor Chiara,

da quando è iniziato il Sinodo in chiesa e fuori sento spesso parlare di “ascolto”. Nella pratica, però, mi accorgo spesso che nessuno ascolta davvero con attenzione, siamo spesso distratti e con la testa da un’altra parte, alle riunioni parrocchiali ma anche in famiglia. Non so da cosa dipenda, se dal ritmo un po’ frenetico della vita di oggi o dall’eccesso dell’uso dello smartphone. In ogni caso non mi sembra un bel segnale. Che cosa ne pensa? Secondo lei come si può fare per ricominciare ad ascoltare davvero, come chiede Papa Francesco?

Alessandra

Cara Alessandra, quanto dice è vero: siamo sempre connessi sui nostri smartphone, bombardati da molteplici messaggi e immagini, ma incapaci di comunicare perché inesperti nell’arte dell’ascolto.

Il desiderio profondo che ci abita, e che a volte non riconosciamo o non esprimiamo, è quello di essere ascoltati; quando lo sperimentiamo, ci sentiamo accolti, accettati per ciò che siamo, considerati nelle nostre esigenze più profonde.

L’ascolto è il fondamento della fede, della fiducia, delle nostre relazioni umane e della relazione con Dio, di ogni relazione e comunicazione. Ascoltare ci permette di esistere.

Quante volte parliamo con una persona che percepiamo essere distante da noi, e questo ci rattrista; invece, quando troviamo qualcuno che sa ascoltare con il cuore, proviamo gioia e consolazione, anche se i nostri problemi e le nostre preoccupazioni rimangono.

Ci capita anche di essere di fronte all’altro che parla aspettando solo che finisca per imporre il nostro punto di vista, senza aver compreso il suo. Sentirci ascoltati è la prima forma di guarigione, il segno di una nuova rinascita.

Così il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer ci ricorda che “il primo servizio che si deve agli altri nella comunione consiste nel prestare loro ascolto. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non sarà più capace di ascoltare nemmeno Dio”.

Eppure, nella nostra società vi è una carenza di ascolto. Ascoltare è un’arte che si apprende con tanta pazienza e volontà.

Esige “mettersi” da parte, per lasciar posto a chi ci sta accanto, porsi in un atteggiamento di empatia che sa entrare nel cuore di chi ci sta di fronte, senza alcuna precomprensione o pregiudizio. Per questo non è facile, perché richiede la capacità di fare silenzio.

È Ascoltare innanzitutto noi stessi, per riconoscere i pensieri che ci assillano, le emozioni che ci agitano, i turbamenti che ci scuotono, per crescere nella consapevolezza di ciò che abita la nostra interiorità, imparando a dare un nome per non lasciarci dominare da ciò che è negativo.

Quando si cerca una comunicazione vera occorre ascoltare sé, le proprie esigenze più vere, quelle inscritte nell’intimo di ogni persona. E non si può che ripartire ascoltando ciò che ci rende unici nel creato: il desiderio di essere in relazione con gli altri e con l’Altro.

Non siamo fatti per vivere come autonomi, ma insieme. Ascoltare inclinando l’orecchio del cuore, per accogliere, custodire, accompagnare, far fiorire l’altro e, con lui, far fiorire anche noi, dentro relazioni arricchenti. Saper investire personalmente e comunitariamente nell’ascolto è divenire generativi, custodi della vita dei fratelli e costruttori di comunità fraterne.

In questo tempo in cui la Chiesa è impegnata nel cammino sinodale, porsi in ascolto di ogni suo membro, è porsi in ascolto di ciò che lo Spirito suggerisce oggi alla Chiesa che guida il cammino e rende testimoni del suo amore che continua a salvare. Ricordiamo che la professione di fede scritta nella Bibbia che anche oggi il pio ebreo recita tre volte al giorno, é: “Ascolta Israele”, quale presupposto di un’autentica relazione con Dio, con sé stessi e con i fratelli.

Iniziamo il tempo forte della quaresima, tempo propizio per imparare ad ascoltare Dio che ci parla e i fratelli che condividono con noi il cammino della vita: sia tempo per una rinascita personale e comunitaria in cui divenire esperti uditori e comunicatori, costruttori di una vera fraternità.

  1. Fu condotto dallo Spirito nel deserto…

    Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo.
    E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Matteo 4,1-2

    ” Il mio deserto è stato l’ospedale psichiatrico:
    ci sono stato fino a 11 anni,
    ne avevo sette quando ci andai per la prima volta.
    Mi avevano messo perché ero un tipo chiuso,
    non parlavo, a scuola ero considerato uno scemo
    perché non sapevo scrivere.
    Non è che fossi scemo,
    non sarei qui oggi a fare la terza media:
    ma ogni volta che prendevo in mano la matita
    per tracciare una riga,
    mi veniva in mente mio padre, quando ubriaco,
    picchiava la mamma e non riuscivo ad andare avanti.
    Non ci fosse stata quella signorina
    sarei ancora adesso al manicomio:
    lei ha capito veramente quale era il mio problema.
    Gli altri non lo potevano capire,
    perché non mi volevano bene “.
    ( Aldo, anni 16 )
    1974

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