Il dramma dei naufragi dei migranti. Suor Chiara: “Da credenti non possiamo restare indifferenti”

Buongiorno suor Chiara,
Quasi ogni giorno leggiamo sul giornale la notizia di un naufragio di migranti. Vedo però che questi articoli passano spesso nell’indifferenza generale, anzi mi capita di sentir dire che “è colpa loro, sarebbe stato meglio restare a casa”. So che il problema è molto più complesso di quel che sembra ma si può, da credenti, voltarsi dall’altra parte? Grazie per la vostra risposta e un caro saluto
Mirko

Il susseguirsi, nei nostri mari e sulle nostre coste, di frequenti naufragi con il loro carico di morti innocenti, dà molta tristezza, caro Mirko; le tragiche immagini che in queste ore entrano nelle nostre case in riferimento alla gravissima tragedia avvenuta al largo di Crotone ci addolorano molto: vorremmo porre fine a simili sciagure, ma finiamo per abituarci anche a questa cruda realtà, cadendo persino nell’indifferenza che ci fa voltare la faccia dall’altra parte.

Talvolta “il sangue ci ribolle nelle vene”, per le gravi ingiustizie globali, come in questi giorni: il dolore è così grande che non abbiamo il coraggio di porci di fronte a questo dramma con spirito critico e solidale, perciò preferiamo guardare da un’altra parte. 

Le grandi ferite del mondo contemporaneo

Il problema è molto complesso, lo sappiamo bene: situazioni globali che si trascinano da secoli, ferite inferte all’umanità con superficialità ed egoismo, politiche dalle linee dure, cambiamenti climatici, leggi di mercato per l’interesse di pochi.

Tale situazione ora ci porge un conto molto alto, doloroso, persino “salato”: chiede semplicemente accoglienza e integrazione. 

Accusare superficialmente questi nostri fratelli migranti di essere colpevoli dei molti naufragi nei quali essi stessi ne sono vittime, lascia trasparire poca conoscenza e scarsa solidarietà.

Non nego quanto l’integrazione di popoli e di culture sia difficile e destabilizzante, ma il passo dell’accoglienza è da compiersi al più presto per evitare che altre vittime vengano rigettate cadaveri sulle nostre spiagge e la situazione si cronicizzi.

Dici bene, caro Mirko: da credenti non possiamo più voltarci dall’altra parte! 

Ce lo chiede innanzitutto il nostro essere persone umane e il nostro essere credenti in Cristo, che è venuto ad abbattere ogni muro di divisione e di separazione per fare di noi un’unica famiglia in umanità e che ci ha lasciato, come testamento, il dono concreto della sua vita quale atto supremo di amore. 

L’appello dei poveri, dei deboli e dei fragili

Ce lo gridano i poveri, i deboli, i fragili, gli scartati dalle leggi di mercato, le donne vittime della tratta, i bambini soldato o vittime della pedofilia; ce lo invoca il sangue innocente sparso in Ucraina e nelle numerose guerre sparse per il mondo; ce lo implorano le centinaia di fratelli e sorelle che raggiungono le coste dei nostri mari in cerca di futuro e di vita, ma che non sempre ce la fanno; ce lo supplicano le 64 quattro bare disposte dignitosamente nel palasport cittadino.

Ce lo chiede, in definitiva, questo tempo travagliato e sofferto in cui simili notizie non “fanno più notizia” o rimangono solamente “notizie”, tanto siamo assuefatti a tragedie come queste.

Non possiamo più voltarci dall’altra parte per essere felici da soli!

Facciamo tesoro di questo tempo di quaresima, in cui la Chiesa ci invita alla conversione e al ritorno a Dio: chiediamo a Lui la grazia di innalzare al cielo il nostro sincero “Miserere” per l’indifferenza, per le omissioni di bene, per la testardaggine, per l’incapacità di “porci nei panni dei più deboli”, per l’egoismo che oscura la testimonianza dei credenti in Cristo; battiamoci il petto, vestiamoci di sacco e lasciamo che la cenere del pentimento scorra sul nostro capo.

E Dio, misericordioso e buono, ci perdonerà e ci donerà di rinascere creature nuove, disposte a dare una mano perché tutti, veramente tutti, a questo mondo, possano essere felici.

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