Il vescovo a Olera: “Nelle piccole comunità la gente vive una prossimità quotidiana”

C’è una speciale bellezza nelle piccole parrocchie come Olera, circa trecento abitanti, un antico borgo incastonato in una piccola valle laterale che degrada dalle pendici del Canto Alto: “Le persone si aiutano – ha sottolineato il vescovo monsignor Francesco Beschi – si conoscono, c’è una prossimità quotidiana”. Tutti elementi in sintonia con l’immagine di una parrocchia “fraterna, ospitale e prossima” che fa da filo conduttore del pellegrinaggio pastorale di monsignor Beschi.

Il vescovo ha incontrato i volontari della comunità in una tappa del suo percorso nella fraternità 2 della Comunità ecclesiale territoriale (Cet) 3 della bassa Valle Seriana. Ha ricordato che nella nostra diocesi sono presenti oltre 150 parrocchie sotto i mille abitanti, “in cui sto riscontrando realtà che meritano di essere custodite e valorizzate”.

È stato accolto in un clima “di famiglia”, accompagnato dal parroco don Angelo Oldrati. Tra i collaboratori parrocchiali ci sono persone di generazioni diverse: dai bambini che in primavera riceveranno la prima comunione, ai giovani fino agli anziani. Anche la gestione amministrativa della parrocchia è affidata a un laico, un giovane commercialista che opera come volontario in collaborazione con il parroco e il Consiglio per gli affari economici.

“La metà dei nostri abitanti fa volontariato – hanno spiegato a monsignor Beschi -, è parte del nostro dna, un dono e una dote preziosa. Fino all’arrivo della pandemia organizzavamo tante manifestazioni, quest’anno ci siamo ripromessi di riprendere. C’è chi organizza cene, pranzi e piccole feste nel nostro oratorio e il ricavato va alle missioni, ai bisognosi o a esigenze parrocchiali del momento. Una ventina formano la corale intitolata al beato Tommaso. C’è un gruppo che si occupa della cura e pulizia della chiesa, ci sono i catechisti che seguono i ragazzi fino alla quinta della scuola primaria, mentre dalla prima media si spostano nel vicino oratorio di Nese. Siamo e ci sentiamo una famiglia, siamo diventati un gruppo di amici che lavorano con impegno”. Fra le tradizioni più sentite don Angelo ha ricordato la celebrazione del Triduo dei morti nella quarta domenica di quaresima.

Fra le righe c’è un po’ di timore di essere dimenticati, “perché nelle unità pastorali le piccole parrocchie rischiano di essere penalizzate, di perdere qualcosa nell’essere comunità”.

Il parroco ha evidenziato anche i mutamenti avvenuti negli ultimi anni anche a Olera: “Oggi è richiesto impegno per una testimonianza del Vangelo anche a chi non considera più la parrocchia come un punto di riferimento”.

Il vescovo ha offerto alcuni spunti di lavoro e di riflessione: “Nei piccoli paesi a volte mancano i servizi e il lavoro ma ci sono altri aspetti importanti: l’ambiente, la qualità della vita. L’evoluzione futura è tutto’altro che scontata, non ritengo che le comunità di dimensioni ridotte siano destinate all’estinzione”. Ha invitato a curare al meglio la celebrazione della Messa domenicale: “Nella vita della parrocchia resta il momento più importante. È fondamentale adoperarsi perché le persone – quando escono dalla chiesa – sentano di essere accompagnate dalla presenza di Dio nella vita quotidiana, per tutta la settimana”.

Ha sottolineato l’importanza di prendersi cura delle relazioni: “Tutti abbiamo bisogno di sentirci riconosciuti come persone, e nelle piccole comunità questo avviene più facilmente”.

L’assenza di un prete residente in paese può diventare un’opportunità per mettersi alla prova: “Il volontariato dà forma e vita a un piccolo paese, anima i diversi servizi e ministeri. La comunità vive nel momento in cui le persone non si concentrano solo su se stesse ma su un orizzonte più ampio, facendo qualcosa per gli altri. Il ruolo dei laici non è alternativo a quello del sacerdote ma un compito importante di partecipazione alla vita della Chiesa”. 

Fra gli aspetti che caratterizzano la parrocchia di Olera il vescovo ha evidenziato anche la cura dell’accoglienza: “C’è stata la pandemia ma le persone torneranno a visitare questo borgo, per la bellezza dei luoghi, dove si trovano tesori d’arte come il polittico di Cima da Conegliano e per la storia di spiritualità ricca e preziosa di fra’ Tommaso da Olera. È importante che questi aspetti siano accompagnati da una adeguata narrazione. Oggi la gente ha bisogno di grandi storie come quella del beato Tommaso”.

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