La bellezza in oratorio: un tesoro da custodire

La pubblicazione n. 113 de “La Rivista di Bergamo” riporta in copertina una splendida immagine dello scalone dell’Oratorio di Telgate e il titolo riportato, “Federico Ferrario. Affreschi inediti di Palazzo Agosti Ferrari a Telgate” annuncia la presenza, all’interno del volume, dello studio della dottoressa Amalia Pacia, storica dell’arte, già Soprintendente per i beni storico-artistici di Milano che curò il restauro delle superfici pittoriche nel 2011.

Ero giunto da pochi mesi a Telgate e una delle prime questioni che affrontammo con l’allora arciprete don Tarcisio Cornolti, uomo di grande cultura e spiccata sensibilità artistica, fu il recupero della segreteria, dello studio e della saletta al piano terra, dell’appartamento del curato e.. dello “scalone” (a Telgate tutti lo chiamano così)! 

Ricordo bene i mesi di lavoro, le chiacchierate con i restauratori mentre ammiravo la perizia con bisturi, pennellini e siringhe con le resine (per “incollare” gli affreschi allo strato sottostante, per evitare distacchi) che restituivano all’opera l’antico splendore.

Rivista di Bergamo-scalone Oratorio Telgate

Rimasi a bocca aperta in un paio di occasioni. Infatti, i due putti che sorreggono una cornucopia, al centro dello scalone in marmo di Zandobbio, erano stati nei decenni precedenti oggetto di danneggiamenti.

Con ogni probabilità, quando ancora non c’era particolare sensibilità artistica e gli ambienti erano di libero accesso per i ragazzi, ci fu chi si divertì a colorare i putti marmorei di rosso con le tempere e a disegnare dei vistosi baffi neri su un personaggio affrescato sul muro. Ricordo il mio stupore quando vidi che, grazie a sostanze chimiche particolari che originarono una reazione, i baffetti sul volto del personaggio affrescato scomparvero e, ancor di più, rimasi impressionato dal laser; un macchinario di dimensioni importanti, rumoroso, che, una volta collegato, permise allo scalone, reso scuro dal tempo e dalla sporcizia, di tornare allo splendore del marmo originario.

Era impressionante vedere come gli strati di materiale e sporcizia accumulatisi nei decenni “saltavano” al passaggio di quella luce rossa e il forte contrasto che si originava tra quel grigio scuro precedente e il bianco del marmo che pian piano emergeva. 

Oggi, in oratorio, la bellezza dello scalone e delle opere pittoriche, raffiguranti storie del nobile casato degli Agosti, costituisce un patrimonio importante non solo per Telgate, ma per Bergamo e per tutta la storia dell’arte del Settecento.

La dottoressa Pacia, nel suo articolo specialistico, ha sottolineato l’importanza delle opere figurative, eseguite dal pittore milanese Federico Ferrario (1714-1802), che si avvalse della collaborazione del quadraturista e specialista di prospettiva Bernardo Pietro Brignoli (1735-1793), che ha lasciato la sua firma e la data del 1777 su un fregio ben visibile a chi sale lo scalone. 

Quasi quotidianamente salgo lo scalone e posso garantire che ammirarlo non diventa un’abitudine, ma un piacere continuo. Mi piace fermarmi a rivedere i dettagli, a rileggere quell’iscrizione sopra la porta che oggi conduce alle aule di catechesi, Quod Honestum et Utile, tratto dal testo Dei doveri di Cicerone. 

Credo una delle missioni degli oratori, oggi, sia quello di educare i bambini e i ragazzi alla bellezza, che consiste nell’insegnare ai bambini a osservare, a stupirsi, a rispettare il bello e a custodirlo con cura.

L’arte è dono di Dio e davvero Dio può essere contemplato anche nelle opere di chi ha avuto il dono di produrre manufatti di straordinaria bellezza. Spero che i telgatesi e i sacerdoti che verranno abbiano sempre cura di questo patrimonio collocato al centro del paese, avendo a cuore di farlo conoscere e rispettare. Inoltre, mi auguro che chi non lo conosce possa decidere di recarsi a Telgate, presso l’oratorio, dove si prova a custodire la bellezza di chi cresce, di chi educa e delle meraviglie del passato. 

  1. Mi auguro solo che i ragazzi che frequentano questo Oratorio siano coscienti di non permettersi di rovinare ancora una così bella opera d’arte ….

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