Il vescovo Francesco: “Ci vuole impegno per essere parte attiva nella costruzione della pace e nel sostegno alle società ferite”

«Siamo qui per tutte le città che hanno il diritto di vivere. Non dobbiamo cedere alla meccanica dei fatti e alla rassegnazione che è inutile lottare per la pace. È necessaria la capacità di aprirsi alla pace e costruirla con la stessa volontà di coloro che organizzano la guerra».

Sono le parole del vescovo Francesco Beschi, che venerdì 10 marzo, nella chiesa parrocchiale delle Grazie, ha presieduto una Messa per invocare il dono della pace nella guerra in corso fra Ucraina e Russia e per pregare per le tante vittime di questo conflitto.

Una Messa per queste intenzioni era stata decisa dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e fatta propria anche dalla Conferenza episcopale italiana. E il vescovo ha scelto di celebrarla nella chiesa parrocchiale delle Grazie nel giorno in cui si tiene l’incontro quaresimale delle Acli per i lavoratori.

Fra i presenti c’era padre Vasyl Marchuk, cappellano dei cattolici ucraini che vivono in terra bergamasca. All’omelia, il vescovo ha ripreso sia il brano della Genesi in cui i fratelli invidiosi vogliono uccidere Giuseppe, ma poi lo vendono a dei mercanti, sia l’episodio di Caino che uccide il fratello Abele.

«Il fratricidio è la rappresentazione della competitività drammatica che segna la storia, oscurata dalla violenza fratricida. La fraternità non è un automatismo nella famiglia, nei legami di sangue e nella discendenza, ma è una grande meta etica e spirituale, da accettare o rifiutare. La fraternità è crescita nella mutua responsabilità. In questo momento storico si vede l’importanza della fraternità».

Al riguardo, il vescovo ha citato un passaggio forte dell’enciclica «Fratelli tutti» di Papa Francesco in cui afferma: «La storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi». Impegnarsi a costruire la pace è una illusione? «Spesso le merci che si muovono sono le armi — ha aggiunto il vescovo —. È necessaria la capacità di aprirsi alla pace. E non dobbiamo aspettarci tutto da chi ci governa. Dobbiamo essere parte attiva nella costruzione della pace e nel sostegno delle società ferite, ascoltando il grido di aiuto delle popolazioni e dando lo sguardo sui tanti civili uccisi, sugli attacchi chimici, sui bambini privati dell’infanzia. Vogliamo rifuggire dal pensiero che non si può fare nulla. Dobbiamo organizzare la pace come coloro che organizzano la guerra».

Monsignor Beschi ha poi citato lo scritto «Tu non uccidere» di don Primo Mazzolari, il prete mantovano di cui è in corso il processo di beatificazione, in cui ribadiva che la vocazione del cristiano è essere costruttore di pace. «Preghiamo — ha concluso il vescovo — perché non c’è pace senza una volontà indomita per raggiungere la pace».

Prima della benedizione finale, don Cristiano Re, direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale e lavoro ha letto una preghiera invocando da Dio lo spirito di pace fra i popoli e la conversione dei cuori alla pace. Fra i concelebranti c’erano il vicario generale monsignor Davide Pelucchi, il parroco delle Grazie monsignor Valentino Ottolini e don Roberto Trussardi, direttore della Caritas diocesana.

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