Gromo, tre chiese nella storia di una comunità. Percorsi d’arte e spiritualità

3936776 Saint Michael Archangel and Saint Roch, fresco in church of Saint Michael, Colarete, Lombardy, Italy, 15th century; (add.info.: Saint Michael the Archangel and Saint Roch, fresco in the church of Saint Michael, Colarete, Lombardy, Italy, 15th century. San Michele arcangelo e San Rocco, affresco nella chiesa di San Michele, Colarete, Lombardia, Italia, XV secolo.); © NPL - DeA Picture Library / V. Giannella. Please note: This photograph requires additional permission prior to use. If you wish to reproduce this image, please contact Bridgeman Images and we will manage the permission request on your behalf.

Tre giornate all’insegna dell’arte ma, soprattutto, della spiritualità. È il senso con il quale è stata pensata «Sguardi attenti: tre chiese nella storia di una comunità in otto secoli di devozione e di fede», l’iniziativa, organizzata dalla parrocchia di Gromo, per la Settimana della cultura («Nella città di tutti»).

«Abbiamo accolto ben volentieri la proposta della diocesi di Bergamo, progettando delle visite guidate a tre chiese del territorio – spiega Osvaldo Roncelli, studioso d’arte locale, in particolar modo di quella religiosa –. Esse sono, prima di tutto, testimonianze di fede, opere che parlano di amore e devozione. Aprirle al pubblico non significa solo esibire un percorso artistico, bensì fare catechismo, ovvero illustrare, attraverso la bellezza, grandi concetti religiosi ed evangelici».

Le tre chiese in questione sono quella di San Gregorio e di San Giacomo (visite: domenica 16 e sabato 22 aprile, ore 15, a Gromo) e di San Michele (visite: sabato 15 e domenica 16 aprile, ore 15, a Colarete).

L’antico oratorio intitolato a San Gregorio

«La prima chiesa, edificata all’inizio del XIII secolo, è, in realtà, un oratorio che sorge adiacente al castello del 1230, nella piazza principale del paese – afferma Roncelli –. Proprio per questo, probabilmente, l’oratorio, che è intitolato a San Gregorio, rivestiva una funzione devozionale, strettamente legata alla famiglia Ginami, proprietaria del maniero. L’oratorio di San Gregorio, nonostante si trovi al centro di Gromo, non è la parrocchiale ed è di proprietà del comune.

Al suo interno, si cela una pala d’altare ascrivibile a Enea Salmeggia. È una pala interessante e importante, anche perché è una versione di una pala conservata al Castello Sforzesco. Il Salmeggia la dipinge fra il 1610 e il 1615 e risulta essere un catechismo per immagini (in linea con le disposizioni del Concilio di Trento) inerenti la “grazia santificante”.

Alla base, l’opera presenta una veduta di Gromo, sormontata da una striscia di nuvole che proietta la quotidianità del borgo verso l’invisibile, ovvero il Paradiso. Poco più sopra, infatti, si può notare una Madonna (dal bellissimo viso raffaellesco) con bambino in braccio.

A fianco della madre di Dio, guardando a destra, si scorge Carlo Borromeo, che non ha ancora l’aureola (dato che viene canonizzato nel 1610) e che sembra implorare per Gromo. Il bimbo è rivolto invece a destra, con lo sguardo fisso su un San Gregorio inginocchiato, che indossa un meraviglioso piviale rosso.

Sia il santo che Gesù bambino sorreggono la Sacra Scrittura (un frammento di Isaia, molto probabilmente). Alle spalle di San Gregorio un putto, girato verso il pubblico, sorregge il triregno, mentre dietro alla Vergine, incorniciata da un volo d’angeli, si intravede un’esplosione di luce gialla, rappresentazione di Dio padre».

Strati gerarchici che, dalla materia visibile, si dirigono verso l’empireo: un movimento circolare che vede le preghiere degli abitanti del borgo venire accolte dai santi e da Maria e, una volta giunte in cielo, ritornare, sotto forma di speranza, ai fedeli presenti in chiesa.

«La pala di San Gregorio è un dipinto raffinato – dice Roncelli –, emblema di una committenza attenta e di una comunità ricca e colta». Dalla piazza di Gromo, proseguendo verso il fondovalle si arriva alla parrocchiale, dedicata a San Giacomo.

La chiesa di San Giacomo e le stanze delle confraternite

«La chiesa di San Giacomo, consacrata probabilmente nel 1575 ma con alle spalle già quattro secoli di storia, sorgeva in un posto isolato – spiega Roncelli –. Questo perché venne pensata come baricentro equidistante di tutte le frazioni del paese. Non si tratta, dunque, di un decentramento ma del suo opposto.

Particolare, inoltre, come attorno a questa chiesa sorga un agglomerato di volumi: sono le stanze delle molte confraternite che, in otto secoli, hanno attraversato Gromo. Confraternite che crescono con la crescita della comunità, con la sua vivacità e la sua devozione. Anche questa chiesa ha una serie di opere d’arte straordinarie: l’esterno è nudo sasso con un portale laterale in marmo bianco, che ricorda lo stile del Codussi.

La ricchezza degli stucchi non altera un interno piuttosto severo e sobrio. Ci sono poi quadri del primo Cinquecento, un altare maggiore (del primo Seicento) in legno dorato e un armadio a muri che consta di due ante di oricalco: al suo interno, tre reliquari che provengono dalle oreficerie medicee».

Colarete, la bellezza e la cura di una piccola comunità

La terza chiesa è posizionata nella frazione di Colarete. «Per arrivare all’ultima chiesa – afferma Roncelli –, bisogna tornare alla piazza del castello e intraprendere il sentiero che porta al Passo d’Aviasco. Si entra in una zona che, un tempo, era un bacino minerario molto pregiato, in cui si potevano avvistare forni per la lavorazione del ferro. Una volta attraversato il bosco, si giunge alla frazione di Colarete al cui centro sorge la chiesa di San Michele, attestata già nel XIII secolo.

La facciata presenta un antico affresco, raffigurante l’arcangelo che scaccia il demonio. Quel che è curioso di questo luogo è il suo voler riprendere, con le dovute proporzioni, alcuni elementi della parrocchiale, non certo per senso di competizione ma per una questione di fierezza e cura.

Troviamo quindi una pala d’altare attribuita a Grazio Cossali, un prezioso armadio a muro per le reliquie e una serie di importanti e antichi affreschi. L’attenzione con cui la piccola comunità di questa frazione ha dedicato a questo luogo di culto è qualcosa di estremamente commovente».

Un’attenzione che, per lo studioso, rivela un sentimento popolare e religioso che, a San Michele come a San Giacomo e a San Gregorio, trascende il valore storico e artistico del luogo e delle opere in esso contenute: «L’opera d’arte, attraverso la bellezza, riesce a veicolare temi complessi. La bellezza è infatti in grado di mediare fra l’invisibile e il visibile, facendosi ponte fra la devozione religiosa passata e quella presente. Essa è una calamita suggestiva, che deve condurre la mente, però, a riflessioni più profonde. Con queste tre giornate, quindi, non vogliamo trasformare un luogo di culto in un museo, bensì restituire alla sensibilità moderna il sentire degli antichi abitanti di Gromo e l’orgoglio di una comunità che ha affidato la rappresentazione della propria identità alle sue chiese».