Il Buon Samaritano ispira l’azione di cura degli oratori nel Cre

Il prossimo sarà un Cre all’insegna della cura e del servizio. Un “TuXTutti” risuonerà in ogni oratorio, ma come possiamo essere davvero quel “TuXTutti”?

Ci sarà la possibilità di pensare, progettare e costruire insieme il Cre e di creare un’atmosfera caratterizzata dall’accoglienza e dall’amicizia che contraddistingue ogni Cre.

Una volta aperti i cancelli dell’oratorio al primo giorno di Cre, però, come potremo dare alle nostre azioni il sapore della cura e del servizio? In concreto, nella quotidianità del Cre, che cosa siamo chiamati ad essere e a fare?

Cura e servizio al centro del Cre: come vivere a pieno il tema?

Sono domande più che legittime. Ogni anno gli oratori studiano il tema, fanno progetti a riguardo e organizzano gite, attività, giochi e laboratori che possano trasmettere ai più piccoli dei messaggi chiari e significativi per la loro vita. La vera sfida inizia quando tutto ciò è da mettere in pratica realizzando sul campo. Qui il fattore dell’esperienza è centrale: non c’è miglior modo per far comprendere un messaggio se non facendolo vivere sulla propria pelle. L’esperienza è il cardine dell’educazione al Cre perché si vivono intere giornate a stretto contatto con i più piccoli in cui anche l’informalità gioca un ruolo cruciale.

Nell’immaginare come tutto ciò possa impregnarsi ancor più dei valori della cura e del servizio, sul manuale del Cre vengono proposte delle coordinate educative e spirituali per metterne in risalto ogni sfumatura. Tutto parte dalla parabola del Buon Samaritano tratta dal capitolo 10 del Vangelo di Luca e presa come riferimento per il sottotitolo del Cre. Ogni parabola evangelica ha due caratteristiche ricorrenti: lo spunto preso dalla quotidiana esperienza di vita di ogni essere umano e la necessaria e libera decisione di ciascuno perché il racconto possa prendere forma anche oggi.

La parabola del Buon Samaritano non fa eccezione e ci provoca ancora oggi a duemila anni di distanza. All’interno di questo brano di Vangelo, sono stati evidenziati alcuni passaggi per consegnare ad animatori, coordinatori e sacerdoti delle coordinate educative e spirituali su cui porre l’accento per far sì che il Cre riesca davvero a mettere al centro la cura e il servizio. Non si parla più dunque di obiettivi da raggiungere, ma di coordinate attraverso cui orientare il proprio agire.

La parabola del Buon Samaritano come esempio

Come il Buon Samaritano, chi sarà chiamato a prendersi cura dei più piccoli si disporrà con occhi aperti perché la cura – sia donata che ricevuta – è un’esperienza concreta ed è lo sguardo a fare differenza.

In diversi sono passati sulla strada di fianco al malcapitato, ma solo il Buon Samaritano “passandogli accanto, vide”: ha degli occhi aperti che interpellano la sua responsabilità. La postura del protagonista della parabola è caratterizzata anche delle braccia aperte.

“Ne ebbe compassione. Gli si fece vicino” accoglie la realtà così com’è, senza distorcerla o rileggerla a suo piacimento. Agisce facendosi muovere dalla compassione lì dov’è, con ciò che è e ciò che può fare.

Tutto ciò comporta anche della fatica. Occorre mettersi le gambe in spalla per portare a come compimento questo atto di cura. Il compito della cura e del servizio non è per supereroi solitari perché nel servizio caritativo è bandita ogni forma di protagonismo e onnipotenza.

Anzi, può rivelarsi un’occasione unica per scoprirci fragili. Quando accadrà, la vera forza starà nel sapersi alleare come il Buon Samaritano nel suo cammino verso la locanda in cui “portò in un albergo” il malcapitato alleandosi con l’albergatore. È da qui che emerge come la cura sia un’azione condivisa, di comunità.

Oltre ad essere un gesto da realizzare insieme, la cura è costituita da azioni concrete. Il Buon Samaritano “gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura” e noi siamo chiamati a fare lo stesso: mettere le mani in pasta per un’azione di cura efficace per tutti.

L’ultimo elemento della postura della cura è legato al nostro cuore. È proprio con cuore libero che il Buon Samaritano sceglie di soccorrere il malcapitato. E quella scelta cambierà tutto: salverà la vita dell’uomo attaccato dai briganti, chiamerà in causa l’albergatore nell’accettare di prendere parte al gesto di cura e implicherà al Buon Samaritano di fare “ritorno”.

La cura non sarà un “mestiere” da supereroi, ma lo è sicuramente per donne e uomini coraggiosi. Ci vuole coraggio per essere “TuXTutti” perché la cura cambia il mondo, è una rivoluzione.

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