Sarà un confronto diretto, tra due generazioni diverse di musicisti con legami familiari molto stretti, quello che si concretizzerà alle orecchie degli ascoltatori nel concerto straordinario di giovedì 28 settembre a Lallio.
All’organo Bossi Urbani 1889 della Chiesa Arcipresbiterale dei SS. Bartolomeo e Stefano, con inizio alle ore 21, si esibiranno infatti Stefano e Bruno Rattini, rispettivamente padre e figlio, accomunati dalla identica professione di organisti e docenti con un ricco curriculum artistico alle spalle. L’iniziativa, inserita nel cartellone della nona edizione di «Box Organi. Suoni e parole d’autore», diretta da Alessandro Bottelli e organizzata in collaborazione con la Parrocchia e l’Associazione Libera Musica, si prefigge di mettere in luce le qualità dei due professionisti, dando loro modo di esprimersi e misurarsi sul triplice terreno dell’interpretazione, dell’improvvisazione e della composizione.
Scrive Stefano Rattini nelle note di presentazione al programma: «Il “contagio” musicale tra genitori e figli – fatto naturale nel passato, quando le conoscenze professionali, in tutti gli ambiti lavorativi, costituivano un patrimonio da conservare gelosamente e il cui trapasso alla nuova generazione garantiva la continuità dell’azienda familiare – ai giorni nostri è frutto di una libera scelta, legato, come è giusto che sia, più alla sfera delle emozioni e degli affetti che non a fattori meramente pratici e di sussistenza.
Il concerto di giovedì mette in luce alcuni aspetti di questa possibile, e al giorno d’oggi per certi versi inusuale, collaborazione artistica. Scorrendo la storia della musica, vediamo che le cosiddette “famiglie di musicisti” sono state moltissime; il caso emblematico è certamente quello dei Bach, talmente numerosi, con ramificazioni parentali così diffuse, nella Germania centrale del periodo barocco e classico, che perfino il loro cognome, per estensione, aveva assunto l’accezione di “musicista”.
Oltre alla proposizione di alcune pagine scritte da compositori che furono padre e figlio, eseguiti in veste originale e di seguito reinterpretati in chiave personale, la serata darà spazio anche al piacere del far musica insieme “a quattro mani e quattro piedi”; punto nevralgico del concerto sarà la presentazione di un progetto comune, ovvero la messa in musica, con due brani originali in prima assoluta, del mito di Dedalo e Icaro, racconto che tanto profondamente ha segnato l’inconscio collettivo nel segno del rapporto, eternamente controverso, tra padre e figlio.
In apertura e in chiusura di serata avremo due composizioni per due organisti scritte dal roveretano Giovanni Maria Zandonati, il quale, per via della collocazione geografica e politica della sua città, risente dell’influenza di un tardo rococò di stampo austriaco.
Le Variazioni sul tema della Follia di Alessandro Scarlatti sono forse le più virtuosistiche del repertorio barocco italiano; a seguire, per contrasto, la Sonata in do minore del figlio Domenico, composizione nella quale è ben evidente l’ossatura del partimento – quella particolare tecnica compositiva che ha fatto della Scuola Napoletana per quasi due secoli il faro, nel campo dell’insegnamento musicale.
La produzione organistica di Giuseppe Perosi, ben piantata nell’Ottocento melodrammatico italiano, pare vedersi negata da quella del figlio Lorenzo, che come è noto abbracciò convintamente la riforma ceciliana, propugnando uno stile di impronta neopalestriniana e una morigeratezza di costumi ignota alla precedente generazione.
Molto meno aspro è il conflitto in casa Morandi: non pare esservi soluzione di continuità infatti tra lo stile di Pietro e quello del figlio Giovanni, se non nel segno di una naturale evoluzione tecnica ed espressiva, che per entrambi si abbevera senza remore alle fonti dell’opera italiana. Gran parte delle composizioni proposte saranno oggetto, seduta stante, di una libera parafrasi, una sorta di pacifica “contestazione” volta a gettare un ponte tra passato e presente, che tragga queste pagine dallo scaffale dell’archivio e le scaraventi “sul tavolo operatorio”, donando loro un istante di viva, pulsante attualità».
Stefano Rattini è organista titolare dell’Abbazia Benedettina Muri-Gries di Bolzano e insegna improvvisazione all’Istituto di Musica Sacra di Trento e presso la Scuola Santa Cecilia di Brescia. Si è diplomato con il massimo dei voti e la lode in Organo e Composizione Organistica con Giancarlo Parodi e si è laureato cum laude in “Organo Antico” sotto la guida di Federico Maria Recchia. Ha ideato e conduce a Trento la “Scuola d’Ascolto della Musica Organistica”, volta a sperimentare nuove modalità nella formazione critica del pubblico. Così descrive la sua ultima fatica compositiva, Il volo di Dedalo e Icaro: «Il materiale musicale su cui il brano si fonda è costituito dal canto della pernice – uccello che è di volta in volta presagio, monito, ossessione. Canta tre volte, la pernice: al principio essa personifica il giovane allievo e nipote Calo, gettato a morte dalla rupe per invidia dallo zio Dedalo e pietosamente trasformato in uccello, per attutirne lo schianto, dalla dea Pallade. Canta durante il volo di Dedalo col figlio Icaro, mentre inseguono l’agognata libertà, ignari del doloroso epilogo che di lì a poco li attende. Canta sul tumulo di Icaro ormai morto, sinistra ossessione e rimprovero per quel lontano, primigenio delitto. La vicenda si dipana sullo scorrere di una passacaglia, il cui tema deriva anch’esso dal canto della pernice: ogni variazione tratteggia gli affetti cangianti dei due protagonisti; nel dipanarsi della forma prende corpo il loro tragico, ineluttabile destino».
Bruno Rattini ha iniziato lo studio della musica sotto la guida del padre Stefano. Ammesso al Conservatorio di Trento all’età di nove anni, si è diplomato in organo nel 2010 con Francesco Rigobello ed Edoardo Bellotti. Si è perfezionato anche nell’arte dell’improvvisazione con un Premier Prix presso il Conservatorio di Saint-Maur, nella prestigiosa classe di Pierre Pincemaille. Dal 2018 è professore ordinario di scrittura musicale (armonia, contrappunto, arrangiamento e orchestrazione) presso il Conservatorio di Bordeaux. Jazzista autodidatta, è autore di un Metodo pratico per l’armonizzazione del corale, pubblicato dalla casa editrice Delatour France. Del suo nuovo lavoro organistico, IKAROS, ispirato allo stesso mito classico a cui si è rifatto anche il padre Stefano, precisa: «I miti sono sogni dell’umanità. Per Freud, che così li aveva qualificati, furono fari nella notte della psiche umana. Chi fu Icaro? Un giovane curioso, troppo curioso, come l’Ulisse di Dante, che il mare inghiottì ai piedi del monte che a nessuno era concesso di vedere. Non so se Icaro fu distratto. Non so se disubbidì, se peccò di hybris sfidando i dettami del padre e del dio. Mi piace pensare che, libratosi in aria, maestoso e leggero al tempo stesso con le sue ali prodigiose, volle sapere, capire, sospinto verso quel Sole, motore immobile da cui tutto proviene, Alto fulgente dove volano le aquile. Del mito tragico, Ikaros è un’eco lontana, dopo il naufragio. Quasi, appunto, un sogno organico, in divenire. Dall’organo, figlio dell’aulos dionisiaco, proviene un canto che è al tempo stesso respiro di un’epoca ancestrale, lamento di nereidi e grido pressante del nostro tempo. La lingua di Apollodoro, che trascrisse il mito di Dedalo e Icaro, bagna anch’essa in questo fragile sogno. E la voce dell’esecutore, sospesa tra suono e silenzio, riveste l’eterna gravità dell’oracolo. Sulla spiaggia giace il corpo senza vita di Icaro il migrante, che volò più in alto di tutti, fino alle porte del cielo».
La rassegna Box Organi. Suoni e parole d’autore è resa possibile anche quest’anno grazie al contributo di Camera di Commercio, Fondazione Credito Bergamasco, delle ditte Montello, Zanetti, Ambrosini, Gama, Co.Me.C., si avvale del patrocinio e del sostegno della Provincia di Bergamo e del Comune di Lallio, del supporto di Eliorobica come sponsor tecnico e della media partner del quotidiano Avvenire, del settimanale Famiglia Cristiana, di BergamoNews e di santalessandro.org, settimanale online della Diocesi di Bergamo.
Ingresso libero. Per info: 388 58 63 106