L’estate vola, è il momento dei compiti delle vacanze

Ogni studente lo sa, prima o poi il momento arriva. È il momento dei compiti, assegnati dai professori per le vacanze estive. Ogni anno tornano le questioni di sempre: sono tanti, sono pochi, servono, non servono, farli subito o aspettare… ecc. Io credo che la questione dei compiti sia interessante e pedagogicamente importante, a condizione che venga affrontata con serietà. Un primo passaggio, che cerco sempre di istruire con i miei ragazzi a scuola e, quando capita di affrontare il discorso, anche con i loro genitori, consiste nella presa di coscienza che i compiti sono per i ragazzi, non per gli insegnanti. Se questo appare scontato a livello teorico, non lo è assolutamente a livello pratico. Accade spesso, infatti, che gli stessi genitori dicano ai figli di fare i compiti “altrimenti il professore…” … e via l’elenco delle possibili torture cui il povero ragazzo sarà sottoposto dal docente qualora si presentasse senza i compiti svolti.

In realtà, è bene ricordarlo, al professore i compiti servono a nulla. Il docente di matematica del liceo scientifico può stare benissimo per tre mesi senza fare un esercizio e a settembre non ha disimparato a risolvere equazioni e problemi; la docente di latino traduce tranquillamente le versioni anche dovesse non veder più la copertina di un testo di latino per tre mesi.. e il professore di filosofia non ha dimenticato l’analisi dei testi che presenta agli studenti nell’arco temporale di una calda estate. I compiti sono per gli studenti, non per i docenti: non è quindi né un favore personale che si fa al docente né una punizione lo svolgimento dei compiti, ma un passaggio formativo essenziale perché l’alunno non perda ciò che ha acquisito e possa riprendere il percorso di apprendimento di quella disciplina da dove questo si era interrotto a fine anno scolastico. Certo, perché il compito svolga la sua funzione, deve essere assegnato con cognizione di causa. È giusto che l’insegnante di lettere assegni qualche testo da leggere, non che sia una quantità di libri tale da risultare ingestibile; è giusto che l’insegnante di matematica assegni esercizi sugli argomenti trattati, ma senza esagerare: lo stesso vale per le lingue straniere, i disegni di arte, le tavole di tecnologia… Insomma, come per gli atleti a fine campionato, occorre dare una quantità di esercizi di diverso livello che permetta il mantenimento delle condizioni necessarie alla nuova stagione sportiva e, nel caso della scuola, didattica. Questo varia certamente a seconda del grado di scuola. In una scuola secondaria di primo grado è buona cosa assegnare a tutti gli studenti lo stesso materiale per i compiti a casa, facendo presente ai genitori di seguire il figlio soprattutto in quelle discipline nelle quali ha mostrato difficoltà o apprendimenti lacunosi, perché si rafforzi
su quegli aspetti. A mio parere, nelle scuole secondarie di secondo grado, specialmente nel triennio, è più utile la responsabilizzazione dello studente che, conoscendo il suo andamento scolastico, può autoregolarsi sull’aspetto dei compiti: a partire da alcuni esercizi suggeriti dall’insegnante e riferendosi agli esercizi già svolti durante l’anno, lo studente saprà scegliere quanti esercizi affrontare per mantenere o rafforzare le sue conoscenze nella disciplina. Se penso al mio percorso scolastico, al liceo scientifico, io sapevo che in estate avevo molto più bisogno di fare tanti esercizi di matematica piuttosto che le versioni di latino, i temi di filosofia e le traduzioni di inglese, mentre alcuni miei compagni (oggi docenti universitari di ingegneria) potevano tranquillamente fare solo gli esercizi più complessi di matematica, che
per loro risultava facile, per dedicarsi maggiormente alla stesura dei temi di italiano e alle riflessioni sui testi di filosofia, che per la loro predisposizione scientifica risultavano più impegnativi. Un piccolo consiglio conclusivo ai ragazzi: non copiate i compiti! A che serve?
Distribuite invece il lavoro nei mesi di luglio e agosto (il primo mese, a scuola appena terminata, secondo me fare esercizi serve a poco…) e cercate di arrivare a settembre con la mente predisposta a lavorare subito con impegno. Ai cari colleghi, mi permetto un consiglio…: perché riprendere l’anno scolastico arrabbiandosi per i compiti non svolti, come fosse stato fatto un torto al docente? Alcuni docenti che avevo al liceo Mascheroni avevano adottato, a mio parere, la scelta migliore. Il primo giorno del nuovo anno scolastico entravano con il sorriso in classe; dopo il saluto tradizionale “Buongiorno ragazzi, state bene?”, giungeva la richiesta che faceva immediatamente reimmergere nel clima scolastico: “Bene, separiamo i banchi: prova di verifica sul programma dello scorso anno! Sarà il primo voto!”.
E lì, per chi non aveva aperto i libri, fu pianto e stridore di denti… Troppa severità? Beh, siamo ancora tutti vivi e studiamo ancora volentieri a quarant’anni, quindi direi di no! Parlerei, piuttosto, di serietà.