La redazione di Radio Vaticana-Vatican News e la Pontificia Università della Santa Croce hanno voluto affidare a Giovanni Tridente e a Fabio Colagrande il compito di ideare il podcast “Anime digitali” per raccontare l’impatto che queste tecnologie stanno avendo e avranno presto sulla nostra realtà quotidiana.
Giovanni Tridente docente alla Pontificia Università della Santa Croce, dove dirige i Servizi di Comunicazione e insegna giornalismo d’opinione, e Fabio Colagrande, che lavora alla Radio Vaticana come giornalista vaticanista, speaker e oggi anche Podcaster, scrivono a quattro mani un ebook, che tratta un tema attualissimo: “50 domande & risposte sull’Intelligenza Artificiale” (Edusc 2024, pp. 119, 3,99 euro). Il testo si avvale dei contributi di: Stefano da Empoli, Barbara Carfagna, Eugenio Santoro, Roberto Scano, Paola Severino, Luca Sambucci, Nicola Bruno, Luca Peyron.
Nel volume, che riprende i contenuti del podcast “Anime digitali”, vi è anche l’appello a studiare questi temi e a riflettere sulle loro implicazioni etiche, evitando così un approccio superficiale e puramente polemico.
Ne parliamo nell’intervista a Fabio Colagrande, nato a Roma nel 1965, che scrive per “L’Osservatore Romano” e altre testate cattoliche e ha collaborato come autore a diversi saggi dedicati alla Chiesa e alla comunicazione.
- Che cos’è l’IA e quando è nata?
«L’intelligenza Artificiale è un insieme di tecnologie informatiche, capaci di imitare l’intelligenza umana. Attraverso algoritmi sofisticati e software, queste macchine sono in grado di compiere attività che un tempo appartenevano esclusivamente all’uomo, come la comprensione del linguaggio, il riconoscimento di immagini e suoni, le traduzioni automatiche, la guida autonoma e, in generale, la risoluzione di problemi complessi. L’IA è una disciplina nata negli anni ‘50 del secolo scorso, grazie alle intuizioni del matematico britannico Alan Turing, che si chiese: “Le macchine possono pensare?”. Questa domanda portò al celebre Test di Turing, per determinare le condizioni in cui un calcolatore possa essere considerato pensante, cosa ancora oggi tutta da dimostrare. Perché si parli propriamente di “Intelligenza Artificiale” come disciplina e campo di ricerca bisognerà attendere la Conferenza di Dartmouth del 1956 con John McCarthy, dove si cominciò a discutere di reti neurali, teoria della computabilità ed elaborazione del linguaggio naturale e delle macchine che potessero simularli».
- Quando utilizziamo l’intelligenza artificiale nella vita di tutti i giorni?
«La utilizziamo ormai da qualche decennio, ogni qualvolta effettuiamo una ricerca su Internet, grazie a dei sistemi che personalizzano i risultati e provano a fornire suggerimenti pertinenti. La utilizziamo in casa o sullo smartphone con i famosi assistenti virtuali, spesso dal nome femminile, capaci di comprendere il linguaggio naturale e rispondere alle nostre richieste. Gli stessi social network utilizzano l’IA per riconoscere i volti, suggerire amicizie, personalizzare i feed di notizie. Per non parlare dei siti di e-commerce, che ci raccomandano i prodotti o quelli di streaming, che ci suggeriscono film, serie tv e musica in base ai nostri gusti. Inoltre, l’IA è molto utilizzata nell’ambito sanitario per lo sviluppo di nuovi farmaci, diagnosi e assistenza, in campo finanziario; nell’industria manifatturiera, nell’agricoltura oppure quando ci facciamo assistere durante un lungo viaggio in auto programmando velocità e frenata automatica di emergenza».
- Sono più le opportunità o i rischi collegati allo sviluppo dell’IA?
«Dipende da come decidiamo di approcciare questo fenomeno. Da sempre ogni innovazione tecnologica ha portato con sé nuove opportunità e al tempo stesso creato qualche problema, vuoi per la drasticità del “debutto,” vuoi per l’impreparazione di chi si trovava a viverla, o semplicemente perché uno strumento in sé ha sempre questa doppia inclinazione al bene o al male. Il punto è come noi decidiamo di beneficiare di queste scoperte, quali utilizzi privilegiare e verso dove orientarle. Se puntiamo a migliorare le nostre vite considerando giustamente gli effetti ed equilibrando bene gli impieghi, diremmo che le opportunità potranno avere la meglio sui rischi. È questa la sfida».
- Perché è così urgente riflettere sull’intelligenza artificiale?
«È urgente poiché queste tecnologie stanno evolvendo a un ritmo avanzato ed è difficile tenere il passo se non si comincia da subito a comprenderne il funzionamento, le implicazioni, i vantaggi e le sfide. Si tratta di un compito demandato a ciascun individuo, a partire dal proprio contesto culturale e sociale, che deve prendere a cuore il tipo di presente e futuro che vuole destinare a sé e alle generazioni successive. Una partecipazione informata consente di incidere sugli Stati chiedendo regolamentazioni adatte. Al tempo stesso, il cittadino-utente è in grado di scegliere come e per cosa utilizzare l’IA dando così un chiaro segnale anche alle aziende produttrici, che saranno messe nelle condizioni di privilegiare artefatti orientati esclusivamente al bene comune».
- Stefano da Empoli, ha dissipato un po’ i timori sull’impatto dell’IA sull’occupazione, sottolineando “il potenziale in termini di collaborazione tra persone e macchine”. Ce ne vuole parlare?
«L’economista ha sottolineato che l’uso della robotica nell’industria, in questo momento, sta andando nella direzione di permettere all’IA generativa (i robot funzionano con questo sistema), di interagire con le persone. Ha parlato di una collaborazione tra gli esseri umani e i robot, quindi un’interazione che può essere virtuosa. Da Empoli ha parlato di “robot collaborativi”, che ora sono il 10% dei robot industriali. Sarà però necessario formare i lavoratori. Solo personale formato potrà lavorare con le macchine. In Oriente ci sono alcune industrie che hanno eliminato il personale umano».
- Barbara Carfagna ha descritto l’effetto dirompente di queste tecnologie sul mondo dell’informazione, quando ha ricordato che “nel 2026 il 90% degli articoli online saranno generati da intelligenza artificiale”. Che cosa succederà al giornalista?
«Se l’IA in campo giornalistico viene utilizzata in maniera saggia, potrebbe migliorare la qualità della nostra produzione, perché potrebbe liberarci da compiti ripetitivi e lasciare al giornalista reportage e inchieste che mai potrebbero essere ideati da una macchina. Quindi l’IA generativa può migliorare la qualità del lavoro giornalistico aumentando la produttività e la precisione, permettendo ai giornalisti di concentrarsi su compiti più creativi e analitici. Inoltre, l’IA può aiutare a definire il contesto delle notizie, analizzare grandi quantità di dati e offrire prodotti di qualità e originali, liberando i giornalisti dai compiti ripetitivi. Questo mi sembra un fatto molto interessante».
- Qual è la posizione di Papa Francesco nei confronti dell’IA?
«I contributi di Papa Bergoglio sul tema, lungi dal limitarsi a lanciare allarmi, mirano a elaborare un’etica universale e quindi a una regolamentazione dell’IA capace di mitigare i possibili rischi a favore di un bene maggiore per la società. Papa Francesco negli ultimi mesi è intervenuto in più occasioni sul tema. Ne ha parlato nel Messaggio della Giornata Mondiale della pace del 1° gennaio auspicando che l’IA non promuova fake news o la follia della guerra e nel Messaggio per la 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni ha affermato che l’uso di queste tecnologie non deve annullare il ruolo del giornalismo sul campo, perché “solo toccando con mano la sofferenza si può comprendere l’assurdità delle guerre”. A giugno, intervenendo al G7 in Puglia, Francesco ha sottolineato invece che “nessuna macchina dovrebbe scegliere se togliere la vita a un essere umano”. Sempre a giugno, nel discorso alla Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice, il Papa ha invitato a evitare che il beneficio di queste innovazioni resti nelle mani di “pochi giganti tecnologici nonostante i pericoli per l’umanità”, ma ha poi lanciato alcune proposte concrete per uno sviluppo dell’IA che migliori il benessere e lo sviluppo integrale delle persone. Ha invitato a lavorare su responsabilità condivisa, regolamentazione bilanciata, conoscenza e consapevolezza attraverso il coordinamento tra educazione, formazione e comunicazione; ricollocamento delle professionalità in esubero; tutela della sicurezza e della riservatezza; salvaguardia delle capacità relazionali e cognitive delle persone; attenzione ecologica».