Dall’oratorio di Chiuduno all’Africa: “Accanto ai più poveri per riscoprire il valore della semplicità”

Desiderio di aiutare, conoscere e scoprire. Questi gli ingredienti che hanno unito i giovani partecipanti all’esperienza di viaggio missionario di questa estate ormai agli sgoccioli. 

Anche per questo anno sono stati attivati dal Centro missionario diocesano e da Young Caritas dei progetti volti alla scoperta di nuove realtà e all’accoglienza di culture diverse dalla nostra.

“Finimondo”, la proposta del Cmd, si è rivolta ai giovani dai 18 ai 35 anni ed è consistita in un percorso di scoperta e conoscenza per avvicinarsi al mondo delle missioni all’estero, nelle quali i missionari svolgono il loro servizio e condividono la loro quotidianità con le comunità locali.

“Sogliaggi” è invece l’iniziativa della Caritas, che si è proposta di creare occasioni di incontro tra i giovani volontari e le persone coinvolte direttamente nei progetti della rete Caritas. In entrambi i casi si è trattato di vere e proprie esperienze di vita, vissute dai partecipanti in modo diretto. 

Questo genere di percorso è stato sperimentato anche dall’oratorio di Chiuduno che, in appoggio al Cmd e all’Istituto delle Suore delle Poverelle, ha organizzato incontri volti alla preparazione del viaggio. 

Sono stati 22 i ragazzi – dai 19 ai 26 anni, tutti provenienti da Chiuduno, ad eccezione di 4 giovani da Villongo – che hanno preso parte al viaggio missionario con destinazione Maféré, Costa d’Avorio, insieme a Don Mattia Ranza. Il gruppo ha vissuto in Africa per 18 giorni accolti dalla comunità delle Poverelle: “siamo partiti il 6 agosto e siamo tornati la mattina del 23 agosto” – riporta a tal proposito Nicola Bettoni, uno dei missionari che ha aderito al progetto. 

Nicola racconta che è stato il desiderio di entrare in contatto con una cultura nuova, diversa, con una serie di tradizioni e stili di vita diametralmente opposti dall’Europa ad aver alimentato il suo desiderio di partecipare al viaggio.

Continua poi osservando come “questa esperienza mi ha permesso di imparare un modo differente di approcciarmi alle cose e di vivere il tempo e le attività che quotidianamente svolgo. Tutti noi abbiamo avuto la possibilità di soffermarci e goderci i vari momenti della giornata, di capire che è importante prendere un momento per sé. È un’esperienza che consiglierei a tutti”. Gli fa eco Stefano Giudici, il quale, pur non essendo abituato ad uscire dalla propria zona di comfort, riassume il viaggio come “una bella scommessa ed esperienza. Ho scoperto un punto di vista inedito e alternativo al nostro”.

Nel corso di questa missione i partecipanti hanno avuto il compito di occuparsi degli alunni, dai 5 agli 11 anni, di una scuola gestita dalle Suore delle Poverelle per un paio di ore al giorno, durante le loro vacanze estive.  La struttura, infatti, in questo tempo di sospensione delle lezioni offre un servizio educativo mattutino, al fine di mantenere un contatto tra gli scolari e l’istituzione scolastica e quindi evitare in prospettiva l’allontanamento irreversibile dalla stessa. Nella fattispecie, i bambini, divisi per classi, hanno ripreso ciò che hanno svolto durante l’anno appena trascorso, hanno giocato e imparato semplici parole d’italiano.

Il pomeriggio è stato invece organizzato come un momento esclusivamente di svago: a turno gli studenti si sono recati nel cortile della scuola, condividendo momenti di compagnia e di divertimento con i missionari.

I giovani hanno avuto anche la possibilità di far visita all’ospedale locale per osservarne il funzionamento e per aiutare, ove possibile.

Tra questi ragazzi c’è anche chi ha avuto da sempre il desiderio di compiere un viaggio missionario, come Clara Finazzi, e per di più in Africa: “già negli anni passati avevo cercato di partire con il Centro missionario, ma mi è sempre mancato il coraggio. Quando mi si è presentata questa possibilità non ho potuto dire di no”.

Clara racconta poi come ognuno di loro al termine delle giornate si sia ritagliato uno spazio di riflessione e di come, attraverso un diario personale, abbiano registrato sensazioni, emozioni e tutto ciò che hanno visto e vissuto.

Nelle sue parole risaltano infine i sintetici paradossi dell’esperienza missionaria e si intuiscono in controluce un rammarico e uno sprone per il futuro: “siamo stati accolti da una comunità veramente sorridente, piena di vita, nonostante la realtà fosse molto distante e povera. Grazie a chi ho incontrato ho imparato a guardare la semplicità delle cose e vivere ogni giorno come una grazia e una cosa preziosa. Ho ricevuto molto, tanto. E forse ho dato troppo poco”.