Un viaggio che ha condotto nelle pieghe di un’umanità ferita, dove la fragilità viene abitata però da uno sguardo di cura, fatto di gesti concreti per promuovere progetti di vita in mezzo a tante difficoltà. Da ormai diversi anni l’oratorio di Scanzorosciate propone ai suoi giovani un’esperienza estiva in missione. Quest’anno sette giovani, insieme al direttore dell’oratorio, don Alessandro Previtali, si sono recati in Serbia e hanno conosciuto da vicino una realtà di Caritas che sta muovendo i suoi primi passi: un centro dedicato all’assistenza di persone con malattie e fragilità psichiche.
Da domenica 11 a lunedì 19 agosto, il gruppo dei bergamaschi si è dedicato attivamente al lavoro, dai campi alle pulizie, ma ha anche potuto ascoltare storie e testimonianze di vita che hanno lasciato un segno profondo in ciascuno di loro.
“Ogni anno organizziamo un’esperienza di questo genere in collaborazione con Young Caritas – racconta don Alessandro Previtali, direttore dell’oratorio -. Lo scorso anno, per esempio, eravamo stati in Terra Santa, insieme a Caritas Gerusalemme. L’obiettivo della proposta è sempre conoscere da vicino la situazione vissuta dalle persone sul posto e nello stesso tempo impegnarsi concretamente per un progetto buono”.
A Sarajevo il gruppo di Scanzorosciate è stato ospitato presso Caritas Valjevo. “Abbiamo alloggiato nella loro struttura e siamo stati accompagnati in tutte le attività dal loro direttore – prosegue don Previtali -. Abbiamo avuto la bella opportunità di comprendere le dinamiche del lavoro di Caritas in questa zona, mettendoci in gioco concretamente”.
Tra le attività che più hanno occupato i giovani di Scanzo durante la loro settimana di missione c’è stata la sistemazione di una serra. “Era pressoché distrutta, abbiamo lavorato lì per tre giorni per rimetterla in piedi. Abbiamo anche creato tavoli e panche utilizzando il legno dei bancali”.
Durante la settimana il gruppo ha avuto anche la possibilità di incontrare l’arcivescovo di Belgrado, László Német. “Ci ha presentato la situazione dei cattolici in Serbia, che costituiscono una minoranza, dato che la maggioranza della popolazione è ortodossa”.
I giovani di Scanzo che hanno partecipato all’esperienza hanno un’età compresa tra i 18 e i 24 anni. Il più giovane, Tommaso Longhi, classe 2005, dice di essere rimasto colpito “dal fatto che in Serbia ci sono ancora cinque manicomi aperti, realtà che in Italia non esistono più da anni, e Caritas prova invece ad aiutare in modo diverso le persone con fragilità mentali”.
Due le realtà che operano in questa missione incontrate dai giovani. “Oltre al centro di Caritas Valjevo, in cui siamo stati per la maggior parte del tempo, una mattina ci siamo recati a Caritas Sabac – racconta Tommaso -. Qui gli operatori insegnano agli ospiti cose piccole ma significative, come cucinare, fare la spesa, gestire le urgenze”. A Valjevo sta nascendo, a piccoli passi, una realtà simile. “Il centro in cui siamo stati ospitati anche noi sorge in una grande casa di campagna, che si trova all’interno di un terreno enorme, acquistato da Caritas da un paio d’anni proprio per promuovere la nascita di questo centro. Attualmente gli ospiti, che hanno un’età molto varia (il più piccolo era anche più giovane di me), lo frequentano ogni giorno dalle 9 alle 15 e svolgono attività insieme, dall’arte alla cucina. Noi abbiamo dato una mano nei lavori di sistemazione, sia nel terreno sia nella casa, con la speranza che anche qui sorga un centro ben strutturato, come quello che abbiamo visto a Caritas Sabac”.
L’unione di incontri e testimonianza con il lavoro fisico ha lasciato sulla pelle dei giovani di Scanzo un tesoro di esperienza con cui rientrano ora nel loro oratorio e nella loro comunità. “Ho toccato con mano l’importanza di non lasciare indietro nessuno – conclude Tommaso -. Il gruppo di persone fragili seguite da Caritas era molto eterogeneo, ma la comunità si prende cura di tutte le generazioni, senza dimenticarsi di nessuno”.