Paralimpiadi: Martina Caironi, oggi in gara. “Mai mollare al primo ostacolo e assaporare tutto ciò che lo sport può dare”.

Martina Caironi è senza dubbio una delle atlete bergamasche più vincenti, apprezzabili, conosciute e longeve nel panorama sportivo internazionale. Anche alle Paralimpiadi in corso a Parigi è attesissima in due gare, salto in lungo e 100 metri. L’atleta di Alzano Lombardo ha in bacheca già due medaglie d’oro e tre d’argento ottenute tra Londra 2012 e Tokyo 2020, passando per Rio 2016. Martina sarà in gara proprio oggi, il 5 settembre, alle ore 19 con il salto in lungo (finale diretta) mentre il 7 settembre alle 11.20 correrà le semifinali dei 100 metri e se tutto andrà come si spera alle 21.36 dello stesso giorno è in programma la finale. Sta ripetendo da tempo date e orari di queste due gare, cancellando tutto ciò che non ha a che vedere con la competizione.

«Sto bene – ha detto Martina – sono tornata ad un’ottima forma. Sto vivendo questo avvicinamento cercando di rimanere concentrata sul “qui ed ora” focalizzandomi solo sull’obiettivo, andando avanti giorno per giorno, in un’estate molto lunga, senza vacanze, fatta di solo lavoro e allenamento».

Né il passato, né il futuro: la vita di un’atleta è un esempio per tutti, totalmente incentrata sull’attimo presente. Guardarsi indietro rischia di creare fantasmi, saltare troppo avanti significa pensare di avere in mano la propria vita, invece che affidarla. Ma cosa si aspetta Martina da Parigi 2024?

«Dovrò dare il 110% in entrambe le gare – ha risposto – perché il livello è molto cresciuto negli ultimi anni. Voglio tornare con due medaglie, di qualunque colore esse siano. Prima di guardare agli altri, devo cercare di superare però me stessa. È stato un anno complicato, zeppo di infortuni, per cui conto di entrare in una trance agonistica al momento buono per raccogliere il meglio».

L’attesa di una luce che si accende una volta in pista, piuttosto che in campo o su un parquet; quella chiamata ad assecondare il proprio talento, a scartare e sfruttare il dono atletico. Una caratteristica che accomuna molti campioni i quali non sempre riescono a spiegare la meraviglia delle loro gesta: si preparano per fare il meglio, ma sanno che esiste un qualcosa di soprannaturale che poi interviene in loro aiuto. Soprattutto per gli atleti paralimpici, l’aspetto umano, personale, la propria storia sono preponderanti nel corso della carriera. E allora chiediamo a Martina Caironi cosa sia per lei lo sport.

«È una parte essenziale della mia vita, della mia quotidianità. Per me significa potermi esprimere al 100%, anche grazie alle protesi; è una professione e quindi va presa sul serio, ma non mi dimentico mai che è anche un divertimento che mi spinge a migliorarmi e a spingere sempre un po’ più in là l’asticella del limite».

Una sfida con se stessi quasi evangelica, capace di tenere alla larga quella tentazione di guardare agli altri per confronti che portano spesso a diaboliche conclusioni. In corsa certo il confronto è necessario, ma ogni giorno che porta alla corsa è fatto di confronti solo con se stessi. La sfida più grande gli atleti paralimpici l’hanno già vinta: fare sport nonostante la disabilità.

«Spero che lo sport sia fondamentale in fase riabilitivativa – osserva Martina – e andrebbe inserito subito nelle prime fasi post-traumatiche. Serve ad avere una prospettiva, a gestire il proprio corpo trasformato e poi lo sport mantiene il fisico in forma, allenato e permette di superare la propria disabilità».

Ascoltare queste parole, piene di speranza, coraggio, consapevolezza è un regalo per tutti. Chiediamo allora a Martina quale messaggio si senta di dare ad ogni giovane (e non) che si avvicina allo sport o che sta pensando a cosa fare della propria vita.

«Vorrei dire loro – spiega Martina – di fare ciò che amano finché lo amano. Lo sport deve essere qualcosa che ti arricchisce e se ci sono giorni in cui la passione viene a mancare allora vuol dire che c’è qualcosa da sistemare. In generale voglio dire a tutti di non demordere al primo ostacolo, ma di godere al massimo di ciò che lo sport può dare».

Lo sport come medicina, come mezzo per crescere, migliorare, svilupparsi. Infine proponiamo a Martina Caironi lo spunto iniziale del nostro dossier, ovvero la percezione che c’è della prestazione sportiva anche alla luce delle parole di Benedetta Pilato.

«È stata una bella intervista, genuina – risponde Martina – ed è tutto molto soggettivo. C’è chi arriva ad un’Olimpiade contento per essere lì e quindi vive un quarto posto come un successo e tanto di cappello a chi reagisce così, perché incarna il senso più profondo dello sport che è quello di dare il massimo e godersi il momento, riuscendo a prendere tutto in maniera positiva. Poi però c’è un aspetto: se sei abituato a vincere non ti accontenti di piazzamenti. Bisogna però sempre relativizzare e comprendere il percorso di un’atleta effettuato prima di una gara. Ci sono tante variabili che poi danno un senso alla reazione di un’atleta come è stato poi il caso di Benedetta Pilato».