Non è facile mettersi nei panni di un immigrato che intraprende un viaggio disperato per ottenere una vita migliore, superando stereotipi e pregiudizi: lo fa in modo delicato e profondo il film “Europa” di Haider Rashid, in programma nella Sala della Comunità di Osio Sotto il 27 settembre alle 20,45.
Racconta la storia di un ragazzo iracheno impegnato ad attraversare il confine fra la Turchia e la Bulgaria per raggiungere l’Europa. Il suo tentativo fallisce, perché viene immediatamente fermato dalle forze di polizia di frontiera, fra l’altro spesso alleate con la criminalità organizzata. Per sopravvivere il ragazzo scappa attraverso i boschi.
L’esperienza non è così lontana per Rashid, sceneggiatore e regista, figlio di un immigrato iracheno e di madre italiana. Il suo sguardo sull’immigrazione attinge alla storia della sua famiglia, riuscendo a dare un’idea del viaggio di una persona migrante in modo multisensoriale.
Haider Rashid azzera qualunque distanza fra lo spettatore e il suo protagonista gettandoci dentro un’esperienza immersiva epidermica: sentiamo il caldo, la fame, la stanchezza, e soprattutto il terrore così come li avverte il ragazzo ridotto a nutrirsi di bacche e uova trovate per caso, con la suola delle scarpe tagliata a metà e le ferite inferte dalla natura e dagli uomini. I nemici compaiono all’improvviso davanti ai suoi e ai nostri occhi, e sono nemici senza identità, corpi armati senza nome.
Anche i cadaveri che incontra lungo il suo percorso appaiono a sorpresa, costanti memento mori per un ragazzo che va avanti con la sola forza della disperazione. Forse l’incontro più straniante rimane quello con una donna che carica il ragazzo in macchina parlandogli in una lingua sconosciuta e reagisce a lui con un misto di empatia e di orrore.
Cinematograficamente, l’esperienza di Europa ricorda quella di Garage Olimpoo de Il figlio di Saul: un percorso a ostacoli attraverso un inferno che percepiamo con tutti i cinque sensi.
È quasi un film muto, se si eccettuano i suoni del respiro affannoso del protagonista e degli spari che ogni tanto squarciano il silenzio del bosco. Il protagonista, pur nella sua naiveté, risulta credibile e suscita istantanea empatia, sia per la sua giovane età sia per la condizione di totale straniamento in cui si trova, che Rashid ci spinge a condividere attraverso una regia costantemente aderente al momento e appiccicata al suo personaggio.
Europa è una storia minima di elementare sopravvivenza, ed è la storia di molti: in epoca di sovranismi è necessario riprodurla nella sua essenzialità per ricordare che nessuno si sottoporrebbe a un simile calvario se non fosse costretto a lasciare il proprio Paese, e che non è possibile chiamarsi fuori da questa esperienza umana limitandosi a bloccarle la strada