Commento al Messaggio di Papa Francesco per la 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: “Dio cammina con il suo popolo” 27 settembre 2024
Proviamo a fare eco, a Bergamo, al messaggio che Papa Francesco scrive per questa celebrazione, in un tempo in cui proponiamo molte occasioni di incontro e di riflessione su queste tematiche. In Abbazia di San Paolo d’Argon a inizio settembre, ora nelle comunità parrocchiali della zona di Dalmine.
Siamo tutti migranti in cammino.
Nel messaggio di Papa Francesco Dio è riconosciuto in cammino accanto ad ogni uomo, presente, nel nostro essere gli uni per gli altri “compagni di viaggio”.
Da 110 anni si celebra questa giornata. Dalle storie degli italiani emigranti è maturata una attenzione alle molteplici vie delle migrazioni che si intrecciano e si rinnovano: persone cariche di speranze, di illusione per una vita migliore, e di tante fatiche.
Le comunità di origine, di transito e di arrivo, sono ogni volta sollecitate a tenere deste le coscienze, nell’impegno pastorale di preparare, accompagnare ed accogliere chi migra.
Un Dio compagno di viaggio
I temi accennati da Papa Francesco anche in questo messaggio sono parecchi e fortemente legati all’attualità. Anzitutto il riferimento al Sinodo dei Vescovi, quel “cammino insieme” che i credenti in tutto il mondo stanno vivendo in questi anni, riscoprendo la natura itinerante della chiesa, dalla schiavitù alla libertà, come fu nell’esodo per il popolo di Israele nel deserto fino alla terra promessa. La Terra Promessa per i cristiani è la fraternità, è la vita degli uomini abitata dalla presenza di Dio. La promessa è già realizzata ogni volta che gli uomini vivono in fraternità, in giustizia e misericordia. Dio si rivela così come colui che “cammina con il suo popolo”.
La metafora del cammino di Dio con il suo popolo prende corpo oggi nel cammino concreto di tanti fratelli e sorelle che nel mondo vivono in situazione di migrazione, con una particolare attenzione a coloro che fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive e di sviluppo. Che come gli ebrei nel deserto, …trovano molti ostacoli nel loro cammino: provati dalla sete e dalla fame; sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; tentati dalla disperazione.
Questo messaggio è un invito a gesti individuali e comunitari di maggiore umanità e fiducia.
Papa Francesco riprende le immagini bibliche della nube e di quella tenda dell’incontro dove è custodita l’Arca dell’Alleanza. Anche oggi chi viaggia lo fa sostenuto dalla propria fede: a Lui si affidano prima di partire e a Lui ricorrono nelle situazioni di bisogno. In Lui cercano consolazione nei momenti di sconforto. Grazie a Lui, ci sono buoni samaritani lungo la via. A Lui, nella preghiera, confidano le loro speranze.
Dio – prosegue Papa Francesco – non solo cammina “con” il suo popolo, ma anche “nel” suo popolo, nel senso che si identifica con gli uomini e le donne in cammino attraverso la storia – in particolare con gli ultimi, i poveri, gli emarginati – come prolungando il mistero dell’Incarnazione.
A noi torna alla mente plasticamente l’immagine della statua che Papa Francesco ha commissionato e fatto collocare in Piazza San Pietro in cui è raffigurata una barca stipata di migranti di differenti epoche e popoli (opera di Timothy Schmalz). Tra loro emergono un paio di ali: un angelo, presenza di Dio. E’ anche lui in viaggio. Dio è su quella barca.
L’immagine offre speranza, ma è al tempo stesso denuncia di tanti abusi e violenze, dirette a Dio stesso, «in verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»
[…] L’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno, «è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito»
Nel Vangelo: dal Suo Popolo a tutti i popoli!
Quella “gelosia” che ha caratterizzato nel racconto biblico la forma di un amore privilegiato per il suo popolo, diviene nel Vangelo la promessa per tutti i popoli.
La prima intuizione è l’esperienza fondativa dell’esodo di questo “popolo” che si scopre scelto e amato, pure essendo il più piccolo tra tutti i popoli, popolo oppresso, degli “ebrei” gli “ultimi, definiti i “diversi”, “quelli che vengono dall’altra sponda del fiume”, gli scartati, e che Dio riscatta come Suo popolo!
La seconda intuizione è che nella visione cristiana, in Gesù, l’azione di Dio in favore degli uomini è per tutti i popoli. In una visione universale che contrasta con la narrazione nazionalistica del popolo di Israele e apre il cammino della comunità credente ad una visione “cattolica”, inclusiva. La pienezza della vita, l’azione del suo Spirito, il compimento della promessa sarà la Pentecoste: uomini che parlano lingue diverse tra loro si capiscono, ciò che annunciano insieme è la Comunione con Dio e tra loro.
Non solo per l’Italia o l’Europa
Papa Francesco scrive questo messaggio dirigendosi alla chiesa sparsa in tutto il mondo, con uno sguardo meno eurocentrico o nazionale di noi che leggiamo questo messaggio in Italia. E’ utile pensare che questo messaggio verrà recepito anche dalle comunità cristiane di diversi posti del mondo: dalle comunità che in Colombia si sono rimboccate le maniche per accogliere i profughi venezuelani; dalle comunità di chi dallo sri Lanka vede emigrare i propri giovani verso altri paesi; da chi in Sud Sudan oggi vive il dramma di 8 milioni di sfollati a causa dell’ennesimo tragico conflitto di cui noi abbiamo poca consapevolezza; da chi da migrante climatico è in viaggio perché l’intera comunità ha dovuto abbandonare coltivazioni ormai sterili, in cerca di una vita sostenibile in terra straniera, e un paese accogliente.
Il dramma delle migrazioni forzate, arrivate oggi in aumento esponenziale a 118 milioni, tocca solo in modo marginale i paesi europei, che invece alimentano una narrazione securitaria ed emergenziale del fenomeno, tradotta poi in politiche restrittive incapaci di governare le migrazioni in una prospettiva di crescita reciproca e di sguardo a lungo termine. Le sofferenze di chi è costretto ad attraversare frontiere in modo illegale, affidandosi a sistemi di sfruttamento, sono amplificate da una strategia di confinamento, isolamento e respingimenti, di cui anche l’Italia è partecipe e protagonista.
Può servire in questo tempo riprendere in mano tanto i numeri reali delle migrazioni nel mondo, quanto le storie di singoli e comunità maggiormente coinvolte. Per avere uno sguardo più consapevole e attento alle persone.
Una maggiore conoscenza e la preghiera, possono incidere positivamente anche sulle nostre scelte. E’ da questo atteggiamento di fede che il Vescovo di Bergamo mons. Francesco ha invitato con coraggio le nostre parrocchie nella lettera in occasione del Natale a restare aperte all’accoglienza e sperimentare forme creative e responsabili per accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti nelle nostre comunità.
A Bergamo come risuona questo invito?
In Italia e a Bergamo a fronte di un numero estremamente esiguo di “nuovi arrivi”, le nostre comunità sono invece nuovamente sollecitate dalla capacità di trasformare la vicinanza in incontro. Dai messaggi di Papa Francesco per queste giornate noi leggiamo ancora una volta un richiamo ad una maggiore umanità nel quotidiano delle nostre vite personali e comunitarie. In una società ormai plurale, siamo capaci – come dice il Papa con questa felice espressione – di vivere “ogni incontro come un’occasione”?
Siamo chiamati anche noi a camminare insieme.
Nello sguardo inclusivo offerto dal Vangelo siamo parte di quel Suo popolo che ci comprende tutti. Tanto più nella misura in cui siamo capaci di fraternità, di dialogo, di reciprocità. La promessa, la meta, è già realizzata nella comunione di cui siamo capaci oggi.
Siamo stati aiutati quest’anno a Bergamo, nella nostra comprensione del fenomeno, da interventi pubblici significativi. Ci hanno visitato tra gli altri: Mons. Giancarlo Perego, presidente della fondazione Migrantes; Simone Varisco curatore del Rapporto Immigrazione per la Conferenza episcopale italiana, Mariacristina Molfetta, per il Rapporto sul Diritto di Asilo; e ancora Gianfranco Schiavone, presidente di ICS a Trieste; Maurizio Ambrosini, noto docente di sociologia delle migrazioni; Duccio Facchini, direttore di Altraeconomia; Alessandro Monsutti antropologo docente universitario a Ginevra.
Non sono mancate le occasioni per raccogliere l’invito del Papa a lavorare su questi temi anche come Chiesa di Bergamo. Il progetto FILEO della chiesa di Bergamo è strumento di questa attenzione e approfondimento su questi temi attuali che interpellano la nostra vita cristiana.
Una diversità che genera
La migrazione è segno dei Tempi, quando la comunione è declinata come capacità di abitare la diversità di lingua, di tradizioni e di culture, e farne occasione di incontro. Per usare le parole del vescovo nella Lettera Pastorale di quest’anno, occasione di speranza e di riconciliazione. In un contesto ormai multilinguistico, multiculturale e multireligioso che vissuto bene la pluralità è una risorsa e non un problema. Proviamo a crescere nell’approccio interculturale in oratori, comunità e istituzioni.
Ogni uomo è in viaggio e porta in sé inquietudini, speranze, fatiche. A volte è necessario esserne maggiormente consapevoli, per rispecchiarsi negli altri, per essere attenti e “gentili”, per cogliere la possibilità di sostenersi nel cammino e di prevenire, con gesti di fraternità e prossimità, i momenti di solitudine e smarrimento che al di là dei documenti o della nascita, possono farci sentire “stranieri”. C’è da superare a volte una distanza linguistica o culturale. Forse semplicemente imparando a riconoscere la parzialità della nostra prospettiva e credendo che l’incontro con quella dell’altro possa infine essere arricchente per entrambi.
E’ una consegna antica, che attraversa ogni diversità, ma contiene in sé la promessa di generare storie nuove.
Comunità ecclesiali e laici.
Stiamo chiedendo ad alcuni tra noi, nella forma delle commissioni per la Terra esistenziale Vita sociale e mondialità, di mantenere sollecitate le nostre comunità su questi temi, promuovere occasioni di approfondimento e partecipare della rete con tante realtà che si occupano di queste tematiche. Lo spirito sinodale, che rilancia la vocazione dei laici e la corresponsabilità, trova in questi spazi di servizio pastorale una dimensione buona e feconda per il cammino di tutti.
Anche quest’anno il fitto programma di incontri e proposti in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato che celebreremo con il vescovo nella comunità di Dalmine sarà occasione per continuare a lavorare su questi temi e di incontro tra differenti comunità. Vorremmo provare a parlare meno di sinodalità e provare, umilmente, a viverla con speranza.
Don Sergio Gamberoni
Direttore ufficio diocesano per i migranti