La visita di Papa Francesco in Lussemburgo e Belgio ha toccato temi di estrema attualità: pace, denatalità, giustizia sociale, donne nella Chiesa, migrazioni, cambiamento climatico… Nei suoi discorsi sono tornati inviti, sollecitazioni, garbati richiami. Che non possono sfuggire alle istituzioni nazionali, all’Unione Europea e al dibattito pubblico europeo
Il 46° viaggio di Papa Francesco in Lussemburgo e in Belgio si è rivelato un felice e partecipato momento di incontro tra il successore di Pietro e le comunità cattoliche dei due Paesi.
Oltre ai consueti appuntamenti con le autorità politiche nazionali – Granduca del Lussemburgo, reali del Belgio e rispettivi primi ministri – Papa Bergoglio ha colto l’occasione per accostare e conoscere più da vicino le Chiese locali, incontrando vescovi, operatori pastorali, religiosi e laici impegnati, senza rinunciare al desiderio e all’opportunità di confrontarsi e dialogare con il mondo della cultura e dei giovani.
La sua visita, infatti, è stata caratterizzata anche da un aspetto particolare: far tappa alle due sedi, fiamminga e francofona, dell’Università Cattolica di Lovanio che compie 600 anni.
Non c’è dubbio che i discorsi che il Papa ha pronunciato nel cuore dell’Europa hanno avuto e avranno forti riflessi sulla vita culturale, sociale e politica dell’Europa stessa.
Non hanno tardato ad accorgersene anche diversi esponenti della politica nazionale e comunitaria. Nei corridoi delle sedi Ue, nel quartiere europeo della capitale belga, e sui media locali – mai teneri col cattolicesimo – se ne è discusso e se ne sta discutendo.
Il Papa infatti ha introdotto argomenti che chiamano direttamente in causa la politica, a cominciare dal suo insistere sull’urgenza della pace in un’Europa, e in un mondo, in cui imperversano tragici conflitti.
E poi il tema, più volte ribadito, della natalità e del calo demografico sottolineato nel forte invito a “fare più figli”; senza dimenticare l’esplicita sottolineatura sul fronte dell’accoglienza dei migranti, argomento che continua a dividere i Paesi europei e che, malgrado i continui e ripetuti naufragi, non trova ancora una soluzione “solidale” tra i Ventisette, come sarebbe auspicabile e necessario.
Come dimenticare poi quella frase: “La ricchezza è una responsabilità”, pronunciata – con garbo e altrettanta fermezza – davanti alle autorità lussemburghesi? Nelle sue parole anche una forte esortazione a non dimenticare la “casa comune”, a non trascurare l’emergenza ambientale e climatica.
Tema questo, sul quale il Pontefice ha invitato istituzioni e politici a confrontarsi in particolare con gli studenti e i professori universitari. E proprio parlando a questi ultimi, Francesco ha sollecitato tutti a lasciarsi guidare dallo stupore, ad allargare i confini della conoscenza e a non trascurare, anzi a coltivare sempre più e meglio, il rapporto tra scienza, cultura e fede.
Il filo rosso degli interventi del Papa è stata certamente la dignità umana. Anche se non sempre è stato colto. La polemica innescata immediatamente dopo la sua visita all’Università francofona di Lovanio ne è una dimostrazione.
Del resto la differenza tra società aperte, giuste, democratiche e rivolte al futuro sta lì, nella dignità umana, e Papa Francesco è venuto a ribadirlo nelle sedi dei due Paesi fondatori dell’Unione europea e “crocevia” della storia e del presente dell’Europa stessa.
Ripartendo domenica da Bruxelles, Francesco sembra abbia voluto lasciare all’Europa della politica – e anche a quella della cultura – l’impegno di esercitarsi nei “compiti a casa” .